DESTRA E SINISTRA

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DI TRUMAN BURBANK
Comedonchisciotte.org

Destra e sinistra non sono simmetriche, né sono l’una lo specchio dell’altra.

Molti dicono oggi che non ha più senso fare distinzione tra destra e sinistra, che esse sono due
categorie ormai logore[1].
Eppure i due termini sono ancora usati abbondantemente nel linguaggio comune.
Evidentemente molte persone li trovano utili.

Sicuramente la distinzione è utile a sostenere il teatrino della politica italiana. Ma ci sono anche
elementi concettuali, che qui vorrei individuare.

In troppe analisi che ho
visto si tende a prendere inizialmente una posizione e ad omologare tutti gli aspetti negativi della controparte, senza analizzare i dettagli. Altro errore (o bias) che mi sembra di vedere frequentemente è quello di considerare ineliminabili i difetti della controparte e marginali i propri. Per quanto la mia formazione sia di sinistra, qui vorrei tentare di analizzare le due parti con la stessa attenzione al dettaglio.

La prospettiva è prevalentemente italiana, ma i concetti sono abbastanza generali.

Quando si parla di destra e sinistra conviene almeno distinguere: le masse popolari, le élite, le
tradizioni storiche, le pratiche attuali. (Cioè distinguere le tradizioni
storiche dalle pratiche attuali, a loro volta differenziate tra masse ed élites).

Destra e sinistra come categorie storiche

La contrapposizione
destra- sinistra ha sicuramente senso per individuare le radici di fenomeni
storici, politici e sociali.

All’origine della
differenziazione c’è la distinzione tra conservatori e progressisti, la quale
oggi è uno degli aspetti meno importanti. Inizialmente la sinistra si
identificava con gli innovatori, i progressisti, e la destra con i
conservatori.

Ciò ha delle comunanze con
la concezione di Bobbio, per il quale la distinzione principale tra destra e
sinistra è in base alla visione delle differenze sociali: per la destra le
differenze sociali sono ineliminabili.

La sinistra può essere
vista come la parte attiva delle due, quella che cerca di ridistribuire il
potere, mentre la destra tende a mantenere gli assetti esistenti, eventualmente
in modo gattopardesco e trotzkista se necessario. Tramite apparenti
sconvolgimenti si fa in modo che il potere resti sempre nelle stesse mani.
Possono essere necessarie delle continue rivoluzioni virtuali per mantenere il
potere sempre nelle stesse mani.

Insomma la destra non è necessariamente
conservatrice, ma vuole conservare il proprio potere, e la distinzione tra
conservatori e progressisti si può anche capovolgere. Caratteristico in questo
senso Berlusconi il quale citava “il nuovo che avanza”.

In questa visione la
destra ha qualche analogia con ciò che diceva Negri riguardo all’impero, che è
definito dalle moltitudini che si oppongono (Negri individua l’asimmetria tra
destra e sinistra, ma tende a giustificare l’Impero).

Io aggiungerei almeno che
la sinistra privilegia lo studio delle idee, l’ideologia, mentre la destra di
solito preferisce un approccio basato su gruppi d’interesse, potere e persone
che li rappresentano (in altre parole forze in campo, alleanze, schieramenti). A
ciò corrisponde di solito l’individualismo della destra e il classismo della
sinistra.

L’approccio della sinistra
mi sembra più potente, più capace di produrre cambiamenti sociali.

Nel patrimonio storico
della sinistra si ritrova l’internazionalismo della sinistra di origine
socialista, l’attenzione all’ambiente dei verdi, la visione libertaria degli
anarchici.

Ma la sinistra è anche
ricchezza collettiva che nasce dalla collaborazione, dal migliore sfruttamento delle risorse umane, dallo giocare in modo più vicino all’ottimale quell’eterno gioco a somma non zero che è la politica. La sinistra per me è ricchezza
derivante dalla ricerca di interessi comuni invece che particolari,
l’abbondanza che nasce dal migliore sfruttamento possibile delle risorse umane e materiali.

Chiaramente nel patrimonio
culturale della destra c’è “legge ed ordine”[2], il
nazionalismo, (o semplicemente il localismo), una tendenza al razzismo.
(Qualcuno qui aggiunge Dio, patria, famiglia, il che equivale sostanzialmente a
vedere la destra come conservazione, perdendo gli aspetti innovatori della
destra).

Di solito nella destra c’è
maggior attenzione alla coerenza, al rispetto della bandiera. In mancanza di ideali e carenza di ideologie, appare corretto colui che mantiene gli impegni presi, chi fa ciò che gli altri si aspettano da lui. La destra presta più attenzione al valore dell’individuo, mentre la sinistra guarda più all’armonia dell’organizzazione collettiva.

La cultura

In molti casi pratici
l’elaborazione culturale della destra italiana resta ad un livello molto basso,
anche quando le idee sono giuste. Forse perché le teorie di destra vengono
elaborate in una cerchia ristretta, o forse perché l’elaborazione di destra è
proprio poco interessante.

Ekkehart Krippendorf dice
che l’arte del dominio è facile. Secondo lui, L’arte di non essere governati
ha invece bisogno di infinita fantasia per una continua reinvenzione.

Fuori dall’Italia
l’elaborazione ideologica di destra certamente esiste (ad esempio Spengler e
Schmitt in Germania), mentre la destra italiana mi appare un po’ stracciona, lumpen.

Va però ricordato che ci
sono cicli storici che favoriscono l’una o l’altra parte.

Dopo decenni di egemonia
culturale della sinistra il timone sta oggi tornando a destra. La disgregazione
del tessuto sociale favorisce la destra ed inoltre la sinistra sembra aver
perso la capacità di interpretare la realtà e fornire una sua visione ed una
sua strategia.

La legge

Il mondo in realtà non è
giusto ed i comportamenti basati sulla giustizia solitamente non funzionano. Da
questa ingiustizia percepita nasce l’aspirazione ad un mondo migliore, più
sensato.

Alla base delle scelte di
molte persone di sinistra c’è una sete di giustizia, una voglia di un possibile
mondo migliore. Non è solo una scelta irrazionale, ma un bisogno a volte vitale,
la ricerca di un senso alla propria vita.

Che poi la ricerca di un
senso è ancora una volta la voglia di fare economia mentale, la voglia di avere
regole semplici.

Come già notato, la legge
di destra appare più legata alla polizia che alla magistratura, essa cioè cerca
l’ordine più che la legge. E anche qui c’è una voglia di organizzare in modo
semplice la propria visione del mondo.

Le differenze tra destra e
sinistra spesso hanno a che vedere con la dicotomia legittimità / legalità.

“Il potere legittimo è un potere il cui titolo è giusto, un
potere legale è un potere di cui è giusto l’esercizio.”

“La legittimità [è] la prospettiva da cui si pone di solito
il titolare del potere; la legalità […] la prospettiva da cui si pone di
solito il suddito.” (Bobbio)

Appare netta, almeno in questo periodo, una preferenza della destra per la legittimità (che spesso
viene fatta coincidere con i risultati elettorali) ed una preferenza della
sinistra per la legalità. In una fase di ideologie decotte il nuovo corso della
sinistra potrebbe risiedere nella legalità.

I media

La destra ha sempre avuto
un buon rapporto con i mass-media. Il fascismo fece scuola con le sue tecniche
di propaganda, che poi erano un uso dei media finalizzato a consolidare e
potenziare l’ideologia fascista.

Anche il nazismo aveva tecniche analoghe.

In tempi recenti, Berlusconi è diventato potente anche grazie all’uso delle TV e dei giornali, spesso in
modo sinergico. Oltre a questo, Alemanno sembra aver usato i social network
(con successo) per sostenere la sua candidatura a sindaco di Roma.

In confronto, la sinistra appare molto più impacciata. Forse perché la sinistra è più legata a media
diversi, principalmente i libri e la musica (ricordare i cantautori) ed inoltre
telefono, SMS ed internet tra i nuovi media.

Destra e sinistra oggi

Tentiamo ora di vedere
come in pratica si esplicano oggi destra e sinistra nei gruppi sociali, il che
può essere ben diverso dalle origini dei concetti di destra e sinistra. Oggi
c’è più rappresentazione che ideologia. Lo scontro avviene nel grande circo
mediatico più che nei luoghi di produzione materiale.

La sinistra deve lavorare,
o almeno far finta di lavorare, per i perdenti: i poveri, gli anziani, gli sfruttati, gli handicappati …

I politici di sinistra
parlano di temi come stato sociale, classe operaia, diversità (sessuale,
razziale, di età, …). Spesso difendono lo statalismo rispetto alla libera
iniziativa privata, anche se il centro-sinistra italiano da una ventina di anni è passato al liberismo economico.

Sull’altro versante la
destra è convinta che la regola principale sia il “do ut des” e quindi tende ad addossare ai perdenti la colpa della loro miseria, allo stesso tempo
considerando “anime belle” quelli della sinistra: delle persone fuori dal
mondo, che si rosolano in ideali vacui, un po’ commedianti, che vorrebbero
apparire diversi dalla destra (vorrebbero essere moralmente superiori) ma alla
fine, negli aspetti sostanziali si comportano come la destra. In questo senso le persone di destra si sentono (e probabilmente sono realmente) più genuine: fanno ciò che fanno per interesse personale, non si aspettano che i loro rappresentanti agiscano per ideali, ma che almeno rappresentino correttamente dei gruppi di interesse.

Le élite e le masse (la commedia dell’arte)

Vale la pena di distinguere destra e sinistra dal punto di vista delle élite e da quello delle
masse. Mentre dal punto di vista delle élite del potere le differenze sono
minime, esse però recitano per pubblici (target) diversi.

Un punto di vista analogo
è quello dei consulenti politico-elettorali. Per gli spin doctors
destra e sinistra sono semplicemente due compagnie teatrali (o meglio un
singola compagnia con due facce) che recitano la loro parte, rivolte ad un
pubblico in cui hanno individuato il proprio target, allo scopo di
vendere la propria merce: programmi elettorali, facce di candidati, illusioni
varie.

Per valutare l’efficacia
della recita ci sono alcuni indicatori di performance, tra i quali il
principale è l’affluenza degli elettori alle urne. In subordine contano i
risultati del partito.

Del resto, quando si
valuta uno spettacolo si guarda prima il complesso, poi i singoli attori o
gruppi di attori.

Nella pratica la classe
politica di sinistra non è molto diversa da quella di destra.

In occasione di uno
scandalo riguardante il centro sinistra, la destra si affannava a dichiarare:
“Vedete che siete uguali a noi!”, non rendendosi conto che proprio questa scusa
non richiesta, evidenziava la differenza, insieme alla vergogna di chi era
preso in castagna.

Ma la classe politica di
sinistra non reagiva, convinta che la destra dicesse la verità.

Invece la recita è sempre
un po’ realizzativa[3] e la
differenza c’è, per quanto poggi più sulla base elettorale che non sulla élite.
Forse, più correttamente, la differenza sta sostanzialmente nella
rappresentazione. (Che rispecchia però una reale socialità dell’umanità).

Gli aspetti comuni

Tra destra e sinistra ci
sono più aspetti comuni di quanto si potrebbe pensare a prima vista.

“Ogni chiesa ripete se stessa, stabilendo che i valori
dell’ortodossia, che poi non sono altro che i valori della ripetizione,
valgano più di quei motivi creativi di cui la storia non ha mai cessato di
alimentarsi. Meglio i chierici dei pensatori, meglio i peccatori degli eretici:
i chierici sono devoti, i peccatori si possono perdonare, e poi il carattere
gregario dei primi e il senso di colpa dei secondi lavora senza bisogno di
coercizione esterna.” (Umberto Galimberti, Controtranfert, in Idee: il catalogo è questo).

“Se sei fedele alla linea, pronto ad ingoiare ogni
correzione di rotta senza fare una piega, se sei stato attento a curare i
rapporti con chi sta sopra, con chi sta sotto e con chi sta di lato, ignorando
accuratamente chi sta fuori, allora ti sistemeranno in una posizione sicura.”
(Lidia Ravera, Primavera di Micromega 4/2006)

Va evidenziato anche ciò
che destra e sinistra hanno in comune: il privilegiare lo schieramento di
appartenenza rispetto alla verità, il conformismo che prevale sulla ricerca
della conoscenza. Prima si è presa posizione, poi si studiano i fatti.

Ambedue gli schieramenti
soddisfano esigenze identitarie della popolazione trascurando lo studio e
l’approfondimento, meno utili ad ottenere consenso.

Mai dimenticare che anche
la destra ha una base di massa, anche legata a fasce povere, come era il MSI.

Destra o sinistra: l’importante è schierarsi.

Giustamente le persone
preferiscono adeguarsi al gruppo, condividere gioie e dolori, più che ragionare
con freddezza e con lucidità.

Il freddo ragionamento di
solito è individuale, perché va appreso, assimilato, interiorizzato. Un esempio è la difficoltà di apprendere la matematica. Il ragionamento freddo richiede calma e concentrazione.

Il ragionamento costa
fatica e dà poca soddisfazione (almeno a breve-medio temine), mentre
l’immedesimazione con il gruppo (l’adesione alle sue regole) dà vantaggi subito senza troppa fatica. Nel gruppo si gode e si esprime la propria socialità. Ma ci sono anche altri motivi.

Horror vacui

La paura gioca diversi
ruoli nell’appartenenza politica:

  1. nella fase di adesione
    allo schieramento ha come controparte la paura di affrontare il mondo da
    soli;
  2. una volta entrati la
    paura agisce da collante per accettare i rituali e le scelte di gruppo,
    per evitare il vuoto di una vita privata dalle cerimonie del gruppo;
  3. A volte il vuoto riesce
    comunque a penetrare lo schermo dei rituali ed emerge prepotente. Allora
    l’individuo si ritrova ancora una volta solo con se stesso e dubita delle
    scelte fatte.
  4. c’è chi a volte
    abbandona il partito, ma continua a farne un perno, dando ad esso la colpa
    di tutte le sconfitte personali, così come prima ad esso dedicava la
    propria vita.[4]

I partiti politici
riempivano i vuoti della vita con attività sociali. Oggi i mass-media non
lasciano più vuoti, o meglio la società dei consumi non lascia più vuoti. Così
si è chiuso lo spazio per i partiti politici, almeno quelli tradizionali. Ma
Beppe Grillo riemerge tramite internet.

Riti e feticci

Ambedue le parti tendono a
celebrare rituali che diano identificazione alle masse dei proseliti.

Un feticcio che la
cosiddetta “sinistra” agita da quando è passata al liberismo (all’inizio degli
anni ’90) è la “concorrenza”. Si fa finta che esista un mercato regolato dalla
concorrenza, la quale tendenzialmente favorisca sempre l’utente finale, il
consumatore.

Altro feticcio solitamente
agitato dalla sinistra è il debito pubblico.

La sinistra inoltre ha
introdotto in Italia il rituale delle elezioni primarie. In questo è più
americanista della destra.

La destra tende ad agitare
il “pericolo comunista” come feticcio ma non ha più molto effetto. Oggi si
spinge di più la paura dello straniero, che sembra funzionare meglio.

A parte questo, la destra
a volte tende a spezzare i rituali “politicamente corretti” della sinistra. Qui
ancora una volta il realismo della destra mi appare superiore.

Miti propulsori

Molte ideologie sono
basate su miti. I miti trasportano contenuti più profondi di quanto si potrebbe
pensare. Alla base di molte scelte dell’individuo c’è un mito propulsivo, ma il
mito non è esclusivo rispetto alla ragione. E’ un’altra strada, forse
sintetica, olistica, ma non necessariamente errata. E il mito mi sembra più
vicino al modo di lavorare della mente, ai suoi archetipi. Proprio per questo
aspetto primordiale esso è capace di fondare ideologie e spingere gli adepti di
tali ideologie.

I miti della sinistra erano
il proletariato, la lotta di classe, il comunismo. Ma oggi questi miti sono
quasi evaporati. Probabilmente qui risiede buona parte della debolezza della
sinistra.

A destra c’è il superuomo,
la guerra, la patria (la terra e il sangue). Tra i miti della destra c’è anche
l’uomo forte, l’uomo della provvidenza.[5]

Il legame della destra con
il mito dell’uomo della provvidenza spiega la sua difficoltà a sostituire i
leader. Mentre la sinistra, che è più ideologica, cambia solitamente i leader
senza troppe difficoltà, la destra tende  a vedere come epocale il cambio di
leader e come catastrofe la sua caduta. Con frequenza si cerca il
riconoscimento della Chiesa per l’investitura, come avveniva per l’imperatore
al tempo del Sacro Romano Impero.

Le due destre

“Né destra né sinistra” è una
delle forme della destra, perché non è ideologia, è tattica del contingente.

Il realismo politico privo
di una spinta ideale (sia essa il comunismo, l’anarchia, il cristianesimo) mi
appare in sostanza pensiero di destra, orientato al contingente. Esso si muove
nell’orbita del nichilismo.[6]

Dal reale all’irreale: un viaggio di sola andata?

Il realismo politico dei
partiti ha portato alla lunga ad un teatrino dove tutti recitano e nessuno
crede più agli altri, ma soprattutto (e questo è l’aspetto più grave) non crede
nemmeno a ciò che dice egli stesso.

Quasi

Quasi niente di quello che
ci raccontano del mondo è vero, ma quel “quasi” è a volte estremamente
significativo. Qui si vede come anche la recita abbia contenuti di realtà.

Per capire l’Italia di
oggi bisognerebbe rivisitare, studiare e analizzare l’implosione dell’URSS.
Tutti sapevano di recitare e ad un certo punto smisero, quando la paura non
riusciva più a trattenere l’irrompere della realtà. E fu una catastrofe.

E così non c’è quasi differenza tra destra e sinistra, ma una piccola differenza potrebbe essere
importante. (Qualcosa del genere diceva Roger Zelazny in Una rosa per
l’ecclesiaste
)[7].

Destra, sinistra e potere

C’è un legame forte fra i
tre concetti. La sinistra prospera all’opposizione, mentre la destra tende a
sgretolarsi in assenza di potere (come avvenne alla caduta del Fascismo).

D’altro canto, quando la
sinistra resta a lungo al potere essa tende a somigliare un po’ troppo alla
destra. E ciò riporta alle prime definizioni di destra e sinistra.

Ciò che è oggi importante
è che, più che mai è necessaria una forza di sinistra. Una forza che non sia
statica, ma sia in perenne innovazione. Per troppo tempo abbiamo lasciato
Trotskij alla destra. Sarebbe ora di riprenderselo. (La rivoluzione permanente
finora l’ha fatta il capitalismo).

Truman Burbank
Fonte: www.comedonchisciotte.org
26.03.2010

Note

[1]
Probabilmente il maggior esponente di questo punto di vista è Costanzo Preve, ad esempio nel saggio “Sinistra e Destra”.

[2]
Qui il blogger Uriel fa notare: “Abbiamo sempre saputo che la destra crede che
la giustizia stia nella polizia e non nei tribunali, e abbiamo sempre saputo
che per la destra l’ordine sia principalmente una questione di decoro.”

[3]
Come hanno dimostrato ampiamente Claude Lefort ed
altri la democrazia non è mai semplicemente rappresentativa, nel senso di
rappresentare adeguatamente (esprimere) un preesistente insieme di interessi, opinioni, ecc., perché questi interessi ed opinioni si costituiscono solo attraverso tale rappresentazione. In altre parole l’articolazione democratica di un interesse è sempre un po’ realizzativa: attraverso i suoi rappresentanti democratici il popolo stabilisce quali sono i suoi interessi e le sue opinioni.”
Slavoj
Zizek, L’Oggetto a come limite intrinseco del Capitalismo.

[4] L’apostata. Chi usciva dal PCI
diventava un apostata, uno che aveva abiurato una religione e manteneva a vita
il marchio dell’appartenenza seguita dall’abbandono. Per la destra un problema
analogo non c’è. Qui si rivela l’asimmetria tra destra e sinistra.

[5] In
medicina mi ricorda la passione italica per il chirurgo di fama, una passione che sottovaluta l’organizzazione che sta dietro al gran nome.

[6]
La politica della contingenza. Quando un
partito non ha ideali, ma naviga a vista e si preoccupa solo del contingente,
quando parla dei particolari ma non del globale, quando punta sui nomi perchè
non ha più bandiere, allora si muove dell’ambito del nichilismo.

Chiaramente il Partito
Democratico è un partito di destra.

McSilvan riporta una
valutazione analoga su Rekombinant:

“Veltroni è così
emozionalmente di destra che mi sono quasi commosso. Quando uno dice che
qualcosa non è né di destra né di sinistra significa che sta dicendo qualcosa
di destra. E Veltroni insiste nel dire che ciò che dice non è né di destra né
di sinistra. Ben venga dunque nell’Italia di centrodestra”.

Giancarlo Galan (Casa
delle libertà), governatore del Veneto, dopo il lancio al Lingotto di Torino
della candidatura di Walter Veltroni come segretario del PD. Da “Il
Manifesto” 28-6-2007

[7]
Qui (http://www.dooyoo.it/romanzi/zelazny-roger-una-rosa-per-lecclesiaste/502585/)
c’è una mia mini-recensione di questo magnifico racconto di Zelazny.

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