Kit Knightly
off-guardian.org
La guerra non è fatta per essere vinta – è fatta per non finire mai
George Orwell, 1984
Quest’anno, nel suo 20° anniversario, la nostra copertura dell’11 settembre si è concentrata sull’analisi degli attacchi del 2001 attraverso la lente della “pandemia” Covid.
Questo non significa che la Covid-19 e l’11 settembre facciano necessariamente parte dello stesso grande piano, che siano stati eseguiti dalle stesse persone o che siano in qualche modo direttamente connessi. Sono collegati tematicamente, a livello di meta-livello.
Nascono dallo stesso desiderio collettivo da sempre nutrito da tutti i governanti e da tutti i governi e sono impiegati allo stesso fine.
Sono strumenti diversi progettati per raggiungere un medesimo obiettivo. Approcci diversi allo stesso problema. Stadi evolutivi differenti dello stesso animale. Un cambiamento pluridecennale degli scopi fondamentali della guerra e persino del significato stesso del termine “guerra”.
La guerra è sempre stata vitale per la conservazione degli apparati di governo. Le guerre rendono ricchi i governanti e spaventano il popolo. Uniscono le nazioni dietro i leader e distraggono dalle questioni politiche interne.
Però, man mano che le nazioni diventano più potenti, la tecnologia bellica più avanzata e il potere globale si concentra in gigantesche multinazionali piuttosto che in nazioni, la guerra – nel senso tradizionale – diventa più costosa, più pericolosa e, in gran parte, priva di significato.
Essenzialmente, le vecchie motivazioni per la guerra non si applicano più, ma i benefici interni accessori di una politica bellica rimangono.
Anche se lo stato e le multinazionali che lo sostengono non devono più combattere battaglie campali per conquistare i territori migliori, hanno ancora bisogno che i loro sudditi credano di essere sotto attacco.
In breve, per necessità, la “guerra,” dal classico conflitto interstatale per il controllo delle risorse è diventata uno strumento di manipolazione psicologica dall’elite nei confronti della popolazione.
E la prima tappa di questa evoluzione era stata l’11 settembre.
L’11 settembre e la guerra al terrorismo
L’11 settembre è stato un lavoro dall’interno. Qualsiasi esame obiettivo delle prove può solo portare a questa conclusione. (Non ho intenzione di discuterne qui, abbiamo decine di articoli che lo spiegano in dettaglio. Non è di questo che voglio parlare oggi).
Il governo degli Stati Uniti ha fatto saltare in aria i propri edifici, ha ucciso la propria popolazione civile, ha terrorizzato i suoi cittadini. La classe dirigente si è impegnata in quella che Orwell chiamava “la guerra contro i propri sudditi,” in senso assolutamente letterale.
Proprio come l’incendio del Reichstag nella Germania nazista, questo finto “attacco” è stato attuato per creare una mentalità di guerra. Per far credere alla gente di essere minacciata e servire come pretesto al governo per imporre per nuovi “poteri temporanei di emergenza.”
Ma l’11 settembre è andato oltre, perchè è servito come casus belli per una guerra: “la guerra al terrorismo.”
La guerra al terrorismo è stata un nuovo tipo di guerra, certo, è stata usata come punto di partenza per conflitti più tradizionali in Afghanistan e in Iraq e poi per guerre per procura in Siria, Libia e Yemen, ma il suo obiettivo principale era, in realtà, interno. Una psy-op bellica nazionale progettata per mantenere 350 milioni di persone in un semipermanente stato di paura.
Era il naturale passo successivo della ridefinizione orwelliana del concetto di “guerra.”
Se gli scopi principali della vostra guerra sono a) mantenere il controllo interno della vostra popolazione e b) incanalare il denaro dei contribuenti in contratti gonfiati per l’industria privata, avete davvero bisogno di dichiarare guerra ad un Paese straniero?
In altre parole, c’è proprio bisogno di una vera e propria “guerra” fisica? L’idea di una guerra non è altrettanto buona?
E, se tutto ciò di cui avete bisogno è l’idea di una guerra, quale modo migliore che dichiarare guerra ad un’idea? Perché non trasformare il vostro nemico in un concetto astratto?
Perché il bello di andare in guerra contro un concetto astratto è che non si può mai perdere e non si deve mai vincere. La guerra può continuare per sempre.
Questa idea era stata sperimentata per la prima volta con la “guerra alla droga.” Ma non aveva funzionato perché a) alla gente piace la droga e b) la droga è un flusso di reddito vitale per lo stato profondo. Quindi era fallita.
La guerra al terrore si è rivelata migliore. Dato che “terrore” è un sostantivo astratto, senza una solida realtà e può significare qualsiasi cosa si desideri. “La guerra al terrore” può essere interna o estera, politica o militare, palese o nascosta o entrambe le cose. Non può essere vinta, non può essere persa e finisce solo quando lo decidete voi
È perfetta.
Beh, quasi perfetta.
Ci sono ancora alcuni problemi.
Per esempio, è abbastanza difficile mantenere le persone spaventate da un concetto astratto. C’è bisogno di un contatto con il mondo reale. In pratica, perchè la guerra al terrorismo possa andare avanti, bisogna continuare a ricordare alla gente che il terrore esiste. E questo vuol dire che devono verificarsi atti di terrorismo. Il che significa o lasciarli accadere o farli accadere (nella stragrande maggioranza delle volte è la seconda delle due).
Se si vogliono inscenare degli attacchi terroristici, devono essere reali, con vittime vere e famiglie in lutto che fanno domande reali… o possono essere finti, recitati da attori professionisti. In entrambi i casi il tutto è logisticamente complicato, difficile da controllare e potenzialmente imbarazzante.
Poi c’è anche il problema dei terroristi stessi. Avete pubblicamente dichiarato guerra contro di loro… ma sono anche molto utili. C’è un motivo per cui li avete finanziati per decenni. Il risultato inevitabile è che ci si ritrova con “terroristi buoni” nel paese A e “terroristi cattivi” nel paese B. E, quando si scopre che sono essenzialmente gli stessi, beh, le cose si complicano.
Ma il problema più grande, in realtà, è che [la guerra al terrore] limita la vostra ambizione.
Potete aver scelto un concetto astratto come obiettivo della vostra guerra, ma quel concetto deve comunque assumere una forma umana. E qualsiasi nemico umano può essere spaventoso solo fino a un certo punto, e può fare solo una certa quantità di danni. In questo modo non è possibile spaventare tutti contemporaneamente.
Inoltre, scegliere un nemico umano – lungo linee razziali, nazionali, etniche o ideologiche – è inevitabilmente divisivo. Non potrete mai unire tutti dietro quella bandiera.
In breve, una guerra al terrorismo e ai terroristi va bene se si vuole governare un Paese, ma se si vuole governare un pianeta?
Beh, quello che vi serve allora è un nuovo nemico. Un nemico che possa essere dappertutto e in nessun posto e che non sia assolutamente umano.
La guerra alla Covid
La “pandemia” di Covid-19 era stata presentata al pubblico come una guerra, fin dall’inizio.
Già nel marzo 2020, il segretario generale dell’ONU aveva esortato le nazioni a “dichiarare guerra al virus” e aveva definito la Covid “la più grande minaccia dalla Seconda Guerra Mondiale.” Un concetto che i portavoce dell’Onu avevano ripetuto. In continuazione.
I leader nazionali erano stati altrettanto ansiosi di equiparare la Covid ad una nuova, grande causa, in linea con la lotta al fascismo.
Il primo ministro italiano aveva fatto riferimento all’“ora più buia” della nazione. Il premier del Nuovo Galles del Sud, Gladys Berejiklian, ha dichiarato alla stampa, proprio il mese scorso, che “questa è letteralmente una guerra.”
Nel Regno Unito, il governo ha fatto numerosi e trasparenti tentativi per instillare un’atmosfera churchilliana da “spirito del Blitz.” Continuando con gli spudorati paralleli con la Seconda Guerra Mondiale nella messaggistica Covid, la stessa Regina, nel suo stucchevole discorso pubblico, non si è vergognata di ripetere la frase “We’ll meet again.” [*]
In America, da sempre il centro delle metafore militari, Trump si era autodefinito un “presidente di guerra che combatte contro un nemico invisibile.” L’ex governatore di New York, Andrew Cuomo, aveva parlato degli operatori sanitari come di “soldati” nella battaglia contro la Covid.
In tutto il mondo, gli esperti paragonano spesso la Covid alla guerra al terrorismo e la Covid ai terroristi. La metafora bellica è onnipresente in discorsi, titoli e spot televisivi.
Il messaggio è chiaro e semplice: il virus è il nostro nemico. Siamo in guerra.
E questa guerra è davvero perfetta.
Ha tutti i vantaggi di una vera guerra e nessuno degli svantaggi. Tutta l’effimera malleabilità della “guerra al terrorismo” e nessuna delle sue possibili complicazioni.
Pensateci…
In nome della Covid abbiamo visto aumentare le tasse, la censura, la sorveglianza, il trasferimento di fondi statali al settore privato e gli stessi poteri dello stato. Questi sono tutti i cliché dei “poteri di emergenza” che lo stato cerca di attuare in tempo di guerra.
E ci sono riusciti con un semplice trucco in tre tempi.
Primo, prendete un virus, dategli un nome e attribuitegli gli stessi identici sintomi di tutti gli altri virus del raffreddore e dell’influenza. Avete appena creato una nuova malattia.
Secondo, prendete un test che possa “trovare qualsiasi cosa in chiunque,” eseguilo su tutti quelli che vengono ricoverati in ospedale (specialmente sui malati terminali) e cambiate la definizione legale di “causa di morte.” Avete appena creato i “decessi” per la vostra nuova malattia.
Terzo, iniziate a fare lo stesso test a tutti, più volte alla settimana. Avete appena creato milioni e milioni di “casi asintomatici.”
Combinateli tutti e tre e avrete creato una “pandemia.”
Hanno creato un nemico dal nulla, attraverso un’ondata di propaganda e di manipolazione statistica. La “Covid” non è altro che un filtro, una lente posta davanti all’occhio pubblico che distorce la realtà senza cambiare realmente nulla.
Proprio come nella “guerra al terrorismo,” la minaccia reale è quasi interamente immaginaria, ma, questa volta l’ottica, è decisamente migliore.
Invece di osannare le truppe, ora rendiamo omaggio agli “eroi della sanità,” ai “soldati in prima linea contro il virus.” Niente bombe, niente violenza, solo infermiere che ballano.
E cosa non può succedere con la Covid? Semplice, tutto ciò che non vogliono che accada. A causa della natura stessa di questa finta pandemia, hanno il controllo totale della narrativa.
Possono controllare i “casi” attraverso i test. Possono controllare i “decessi” attraverso la definizione di “causa di morte.” Possono modificare il significato di una parola qua e là, far impennare o bloccare la “pandemia” a piacimento. Possono rallentarne la “diffusione” o accelerarla. Introdurre un nuovo test o una nuova terapia o “curarla,” poi possono creare una nuova variante e farla ritornare.
Questa guerra, in realtà, non esiste, quindi non c’è la necessità di farla finire e, sicuramente, non è possibile perderla.
Nel frattempo, ogni nuova legge che passa espande il potere dello stato sui cittadini e, man mano che si va avanti, ci sono in palio sempre nuovi, pingui contratti per il settore privato. Test, app. per il tracciamento dei contatti e DPI. Vaccini, ventilatori polmonari e hotel di quarantena. Il denaro pubblico si sta riversando in mani private.
E la parte migliore? Viene fatto tutto per “aiutare la gente.”
Dopo l’11 settembre, il Patriot Act aveva autorizzato la sorveglianza di massa, la detenzione senza processo e flagranti violazioni dei diritti civili, perché chiunque avrebbe potuto essere un terrorista.
Ora, le presunte “misure di salute pubblica” anti-Covid permettono le stesse identiche cose… perché la gente potrebbe essere malata.
Lo stato si è trasformato. Quello che una volta era considerato paranoico e aggressivo, ora è semplicemente benefico e paternalistico.
Questa è la genialità della Guerra alla Covid.
La vera guerra eterna
Quindi… come sono collegati Covid e l’11 settembre?
L’una sfocia direttamente nell’altra. Formano un continuum di narrative di controllo progettate per spaventare la gente e far accettare limitazioni draconiane della loro libertà, giustificando al contempo una mentalità bellica permanente in tutta la società.
La “guerra al terrore” e la “guerra alla Covid” sono due operazioni psicologiche gemelle che documentano la trasformazione della politica “bellica” da estera ad esclusivamente interna.
Orwell l’aveva descritto perfettamente in 1984:
La guerra, come si vedrà, è ora un affare puramente interno. In passato, i gruppi dirigenti di tutti i Paesi, sebbene potessero riconoscere il loro interesse comune e quindi limitare la distruttività della guerra, combattevano l’uno contro l’altro e il vincitore saccheggiava sempre il vinto. Ai nostri giorni non si combattono più a vicenda. La guerra è condotta dai gruppi dirigenti contro i propri sudditi e l’obiettivo della guerra non è quello di fare o impedire conquiste territoriali, ma di mantenere intatta la struttura della società.
Negli ultimi due anni abbiamo potuto constatare la verità di tutto ciò. La Covid ci ha mostrato nazioni apparentemente nemiche che, improvvisamente, si sono messe d’accordo e hanno dimostrato un’unità di intenti quasi totale per diffondere una grande bugia.
I capitalisti egemonici globali non hanno più bisogno di conquistare territori o rubare risorse. Possiedono già tutto ciò che vale la pena possedere, tutto ciò di cui hanno bisogno ora è controllare quelli che lavorano per loro e preservare l’ineguaglianza che hanno creato.
Questa è la vera guerra che si combatte adesso. Non la ridicola guerra al terrorismo. E non la ridicola guerra alla Covid. No, la vera “guerra eterna” è quella che Niels Harrit chiama la guerra verticale, condotta dai vertici contro tutti quelli sotto di loro.
La Covid ne è l’espressione più recente e più evidente, ma, da anni ormai, i media corporativi sono il portavoce del cuore autoritario dello stato.
Ho scritto prima che stiamo entrando nell’era dello “statalismo progressivo.” Dove la tirannia è venduta come una spiacevole inevitabilità e i nostri leader sono ritratti come una nuova razza di riluttanti dittatori, costretti a perseguire politiche distopiche unicamente per necessità e solo con le più pure intenzioni.
Ci viene detto che i nostri premurosi padroni non sono tirannici o dittatoriali perché vogliono esserlo, ma perché devono esserlo, per il nostro bene.
Il “grande reset” non è una maligna “teoria della cospirazione,” sono solo i nostri gentili governanti che devono costruire un mondo a prova di bambino per proteggerci da noi stessi. Distruggendo la nostra società per poterla ricostruire meglio in un’utopia neo-feudale, dove nessuno possiederà nulla, dove tutti saranno felici e dove tutti faranno quello che verrà detto loro di fare… o sarà peggio per loro.
Questa “pandemia” è l’estremità affilata di un cuneo che si allarga rapidamente. I prossimi passi saranno l’influenza, l’obesità e il riscaldamento globale. Niente più carne. Niente più zucchero. Niente più vacanze. Fanno male a voi, al pianeta e agli orsi polari.
Vietata l’istruzione domestica, le proteste e la disinformazione. Bandito il genere sbagliato di libri, il modello sbagliato di discorso e il tipo sbagliato di pensiero.
Indossare la mascherina, farsi il vaccino, vivere in una capsula e mangiare insetti.
L’egemonia globale non si instaurerà con una guerra tradizionale o con una conquista imperiale, verrà creata da un conglomerato di restrizioni alla libertà individuale.
Questa è la guerra che collega l’11 settembre alla Covid. La vera guerra, e non è contro la droga o il terrorismo o anche la Covid… è contro di noi.
Kit Knightly
[*] “We’ll meet again” è una canzone scritta da Ross Parker e Hughie Charles nel 1939 e interpretata da Vera Lynn. Era diventata popolare durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale, un vero e proprio simbolo di speranza per i soldati che speravano di riabbracciare presto le loro famiglie. N.D.T.
Fonte: off-guardian.org
Link: https://off-guardian.org/2021/09/13/covid-9-11-forever-war/
13.09.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org