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La Redazione

 

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Covid-19: Moderna ottiene il suo miracolo

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A cura di Markus
Il 4 Novembre 2021
14553 Views

Whitney Webb
unlimitedhangout.com

Alla fine del 2019, l’azienda biofarmaceutica Moderna stava affrontando una serie di sfide che non solo minacciavano la sua capacità di portare un prodotto sul mercato, e quindi di realizzare un profitto, ma la sua stessa esistenza come azienda. C’erano molteplici segnali che indicavano come Moderna fosse essenzialmente un’altra frode in stile Theranos e molti di quei segnali crescevano in frequenza e gravità man mano che il decennio volgeva al termine. La prima delle tre parti di questa serie ha esplorato le disastrose circostanze in cui Moderna si trovava all’epoca, con la salvezza dell’azienda imperniata sulla speranza di un intervento divino, una sorta di salvataggio “miracoloso,” come aveva dichiarato un ex dipendente dell’azienda.

Mentre la crisi COVID-19, emersa nella prima parte del 2020, difficilmente può essere descritta come un atto di benevolo intervento divino per molti, secondo la prospetiva di Moderna può certamente essere vista in questa luce. I problemi chiave per l’azienda, compresi ostacoli normativi apparentemente insormontabili e la sua incapacità di andare oltre la sperimentazione animale con i suoi prodotti più promettenti e redditizi, erano stati convenientemente e tempestivamente rimossi [dalla Covid-19]. Da gennaio 2020, il valore delle azioni di Moderna – che, dal momento della sua IPO, non aveva fatto altro che scendere – è cresciuto da 18,89 dollari per azione al suo valore attuale di 339,57 dollari, grazie al successo del suo vaccino COVID-19.

Tuttavia,  quand’è che Moderna aveva effettivamente avuto il suo momento “del miracolo” e quali erano state le forze e gli eventi che le avevano fatto superare l’iter per l’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA) della FDA? Cercando di rispondere a queste domande, diventa evidente che il cammino di Moderna per arrivare alla grazia era stato molto di più di qualche scorciatoia nelle prove cliniche sugli animali e sull’uomo e nell’interpretazione dei regolamenti federali. Infatti, se dobbiamo credere ai dirigenti di Moderna, [il miracolo] avrebbe riguardato l’elenco dei componenti dei vaccini utilizzati in alcuni studi di prova, che non sarebbero stati gli stessi del loro candidato vaccino COVID-19 commerciale. Quei dati erano stati anche divulgati in modo selettivo, per sincronizzarli con scambi azionari prepianificati  da parte dei dirigenti di Moderna. Questo [insider trading] aveva trasformato molti dipendenti di alto livello di Moderna in milionari, e persino miliardari, mentre la crisi COVID-19 si rivelava una calamità economica per la maggior parte degli Americani.

Non solo, ma – come mostrerà la seconda di questa serie in tre parti – Moderna e un piccolo gruppo di suoi collaboratori al National Institutes of Health (NIH) sembravano essere al corrente dell’arrivo di questo miracolo, molto prima che chiunque altro lo sapesse o fosse in grado di prevederlo. Era stato davvero un mix casuale di “preveggenza” e “serendipità” che aveva portato Moderna e il NIH a pianificare lo sviluppo di un vaccino COVID-19 alcuni giorni prima che la sequenza virale fosse pubblicata e mesi prima che per una malattia ancora sconosciuta fosse considerato necessario un vaccino? Se è così, perché Moderna – un’azienda chiaramente sull’orlo della bancarotta – avrebbe scommesso tutto su un progetto di vaccino di cui, in quel momento, non c’era alcuna necessità dimostrata?

Le fortuite origini del vaccino COVID-19 di Moderna

Quando, all’inizio di gennaio 2020, era arrivata la notizia di un nuovo focolaio di coronavirus a Wuhan, in Cina, il CEO di Moderna, Stéphane Bancel, aveva immediatamente inviato una e-mail a Barney Graham, vice direttore del Vaccine Research Center presso i National Institutes of Health, chiedendo di poter avere la sequenza genica di quello che sarebbe stato conosciuto come SAR-CoV-2, presumibilmente perché i rapporti dei media sul focolaio lo avevano “turbato.” La data di quella e-mail varia a seconda dei rapporti, anche se la maggior parte di essi ritiene che sia stata inviata il 6 o il 7 gennaio.

Poche settimane prima dell’e-mail di Bancel a Graham, Moderna si stava rapidamente avvicinando al capolinea, il tanto necessario “miracolo” non si era ancora materializzato. “Eravamo estremamente preoccupati per i soldi,” aveva detto Stephen Hoge, ripensando alla condizione di Moderna nel tardo 2019. Non solo i dirigenti stavano “tagliando la ricerca e le altre spese” come mai era successo prima, ma – come avrebbe poi riferito STAT News – “il denaro degli investitori non arrivava più e le partnership con alcuni produttori di farmaci erano state interrotte.” Nelle riunioni di Moderna, Bancel aveva sottolineato la necessità di sfruttare al massimo ogni dollaro e ai dipendenti era stato detto di ridurre i viaggi e le altre spese, una frugalità che, secondo l’azienda, avrebbe potuto durare diversi anni.

Alla fine del 2019, l’umore di Graham era molto diverso da quello di Bancel, infatti aveva appena inviato una e-mail al leader del team sui coronavirus del suo laboratorio al NIH avvertendolo: “Preparati per il 2020,” avendo considerato le notizie che provenivano da Wuhan alla fine del 2019 il presagio di qualcosa di significativo. Alcuni giorni prima di essere contattato da Bancel, [Graham] aveva iniziato a “mettere in pratica un progetto che gli girava nella testa da anni” e aveva chiamato un suo collega di lunga data, Jason McLellan, “per mettere a punto un piano operativo” [che avrebbe consentito al NIH ] di prendere la testa in una gara sulla produzione di un vaccino di cui il mondo non sapeva ancora di aver bisogno. Quando, poco dopo, Bancel aveva interpellato Graham e gli aveva chiesto di questo nuovo virus, Graham aveva risposto di non sapere ancora nulla ma che, “se si fosse trattato di un coronavirus, loro erano pronti.” Il Washington Post aveva sostenuto che l’apparente preveggenza di Graham sul fatto che sarebbe stato necessario un vaccino contro un coronavirus, ancora prima che qualcuno sapesse ufficialmente che tipo di malattia era quella che stava circolando a Wuhan, era stato un fortunato mix di “serendipità e lungimiranza.”

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Il Dr. Barney Graham e la Dr.ssa. Kizzmekia Corbett, capo della ricerca sui coronavirus al Vaccine Research Center, illustrano la ricerca sulla COVID-19 ai legislatori statunitensi Sen. Chris Van Hollen, Sen. Benjamin Cardin e Rep. Jamie Raskin, 6 marzo 2020; Fonte: NIH

Un articolo sul Boston Magazine offre un resoconto leggermente diverso da quello riportato dal Washington Post. Secondo l’articolo, Graham avrebbe detto a Bancel: “Se è un coronavirus, sappiamo cosa fare e abbiamo dimostrato che l’mRNA è efficace.” Sempre secondo l’articolo, questa affermazione di efficacia da parte di Graham si riferiva ai dati di Moderna, pubblicati nel settembre 2019, sulla fase iniziale della sperimentazione umana del suo candidato vaccino contro il chikungunya, ricerca finanziata dalla Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), e a quella del suo candidato vaccino contro il citomegalovirus (CMV).

Come menzionato nella prima parte di questa serie, i dati dello studio sul vaccino contro il chikungunya rilasciati all’epoca riguardavano solo quattro soggetti, tre dei quali avevano sviluppato effetti collaterali importanti, effetti che avevano indotto Moderna a dichiarare che avrebbero riformulato il vaccino in questione e sospeso gli studi su di esso. Nel caso del candidato vaccino contro il CMV, i dati erano ampiamente positivi, ma si sapeva che il vaccino doveva ancora essere sottoposto a studi clinici più ampi e approfonditi, prima che la sua efficacia fosse effettivamente “provata,” come aveva affermato lo stesso Graham. Graham aveva lasciato intendere che questo test iniziale del candidato vaccino di Moderna contro il CMV era, in qualche modo, la prova che un vaccino mRNA sarebbe stato efficace anche contro un coronavirus, il che ha poco senso, dato che il CMV non è un coronavirus, ma proviene dalla famiglia dei virus che causano la varicella, l’herpes e l’herpes zoster.

Bancel si sarebbe rivolto a Graham perché Graham e il suo team al NIH avevano lavorato in partnership diretta con Moderna sui vaccini fin dal 2017, dopo la rinuncia di Moderna alla terapia per la Crigler-Najjar a favore dei vaccini. Secondo il Boston Magazine, Moderna aveva lavorato a stretto contatto con Graham specificamente “nella ricerca e nella commercializzazione di un’intera classe di nuovi vaccini” e, nel novembre 2019, Graham aveva visitato personalmente le strutture di Moderna. Il dottor Anthony Fauci, il direttore del NIAID, la divisione del NIH per la cura delle malattie infettive, aveva definito la collaborazione della sua unità con Moderna, negli anni precedenti e durante la crisi COVID-19, come “assolutamente straordinaria.”

Il 2017, oltre ad essere l’anno in cui Moderna aveva fatto la scelta di passare allo sviluppo dei vaccini (a causa della sua incapacità di produrre terapie multidose sicure), era anche stato un grande anno per Graham. Infatti, lui e il suo laboratorio avevano depositato un brevetto su una tecnica denominata “mutazione 2P,” con la quale le proteine spike ricombinanti del coronavirus potevano essere stabilizzate in uno stato di prefusione e utilizzate come immunogeni più efficaci. Se fosse stato prodotto un vaccino contro il coronavirus utilizzando questo brevetto, il team di Graham ne avrebbe beneficiato finanziariamente. Sebbene la legge federale limitasse le royalties annuali, si sarebbe comunque trattato di una somma considerevole per i ricercatori citati, compreso Graham.

Tuttavia, a causa delle ben note difficoltà dello sviluppo di un vaccino contro i coronavirus, compreso il rischio del potenziamento anticorpo dipendente, sembrava che l’uso commerciale del brevetto di Graham fosse una chimera. Eppure, oggi, il brevetto sulla mutazione 2P, noto anche come brevetto ‘070, non è solo in uso nel vaccino COVID-19 di Moderna, ma anche nei vaccini COVID-19 prodotti da Johnson & Johnson, Novavax, Pfizer/BioNTech e CureVac. Gli esperti della New York University School of Law hanno notato che il brevetto sulla mutazione 2P, depositato per la prima volta nel 2016, “appare incredibilmente preveggente” alla luce della crisi COVID-19 emersa pochi anni dopo, mentre le pubblicazioni successive del NIH (quelle ancora pre-COVID) avevano rivelato che il punto di vista del NIH “sull’ampiezza e l’importanza del brevetto ‘070,” così come sulle sue potenziali applicazioni commerciali era stato anch’esso abbastanza preveggente, dato che, all’epoca, di motivi per avere una visione del genere ce n’erano veramente pochi

Il 10 gennaio, tre giorni dopo la mail tra Bancel e Graham sull’epidemia del nuovo coronavirus a Wuhan, in Cina, Graham aveva incontrato Hamilton Bennett, il leader del programma per lo sviluppo dei vaccini di Moderna. Graham aveva chiesto a Bennett “se Moderna fosse stata interessata ad utilizzare il nuovo coronavirus per testare le tempestive modalità di produzione dei vaccini dell’azienda.” Sempre secondo il Boston Magazine, Graham avrebbe fatto sapere a Bennett che: “in questo modo… se mai arrivasse un giorno in cui dovesse apparire un nuovo virus che minacciasse la salute pubblica mondiale, Moderna e il NIH saprebbero quanto tempo ci vorrebbe per rispondere.”

Le “riflessioni” di Graham a Bennett sono interessanti, considerando le sue precedenti dichiarazioni, come quelle fatte all’evento “Get ready for 2020” [tenutosi nel 2016], secondo cui il suo team, in collaborazione con Moderna, sarebbe stato “pronto se [il virus che allora circolava a Wuhan, Cina] si fosse rivelato un coronavirus.” Si trattava semplicemente di “serendipità” e “lungimiranza,” come aveva suggerito il Washington Post, o era stato qualcos’altro? Vale la pena notare che le testimonianze di cui sopra sono quelle fornite dagli stessi Bancel e Graham, in quanto il contenuto effettivo di quelle importanti e-mail del gennaio 2020 non è mai stato diffuso al pubblico.

Quando, l’11 gennaio 2020, era stata pubblicata la sequenza genetica del SARS-CoV-2, gli scienziati del NIH e i ricercatori di Moderna si erano messi al lavoro per determinare quale sequenza genetica mirata avrebbero dovuto usare nel loro candidato vaccino. I rapporti successivi, tuttavia, avevano affermato che questo lavoro iniziale verso un vaccino per la COVID-19 avrebbe semplicemente dovuto essere un “progetto dimostrativo.”

Altre strane caratteristiche della storia dello sviluppo del vaccino COVID-19 di Moderna-NIH erano emerse con il resoconto di Bancel sul ruolo che il World Economic Forum avrebbe avuto nel plasmare la sua “lungimiranza” quando, nel gennaio 2020, si era trattato di sviluppare un vaccino per la COVID-19. Il 21 gennaio 2020, Bancel avrebbe sentito parlare di “una prospettiva molto più oscura del futuro” alla riunione annuale del World Economic Forum (WEF) a Davos, in Svizzera, dove aveva incontrato “due [anonimi] eminenti infettivologi europei,” che avevano condiviso con lui dati provenienti dai “loro contatti sul campo in Cina, compresa Wuhan.” Quei dati, secondo Bancel, mostravano una situazione terribile che gli aveva lasciato la mente “sconvolta” e lo aveva portato a concludere, quello stesso giorno, che “questa non sarà la SARS. Sarà la pandemia influenzale del 1918.”

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Stéphane Bancel parla alla sessione Breakthroughs in Cancer Care alla riunione annuale del WEF, 24 gennaio 2020; Fonte: WEF

Questa realizzazione è presumibilmente ciò che aveva indotto Bancel a contattare il cofondatore e presidente di Moderna, nonché pioniere della tecnologia WEF, Noubar Afeyan. Bancel avrebbe interrotto la festa di compleanno della figlia di Afeyan per comunicargli “quello che aveva saputo sul virus” e per suggerirgli che “Moderna avrebbe dovuto iniziare sul serio a realizzare un vaccino.” Il giorno dopo, in Moderna si era tenuta una riunione esecutiva, a cui Bancel aveva partecipato a distanza, e c’era stato un acceso dibattito interno sulla necessità di un vaccino per il nuovo coronavirus. Per Bancel, il “puro atto di discutere” se realizzare o meno un vaccino per il virus era “assurdo,” dato che si era convinto, dopo un solo giorno a Davos, che “una pandemia globale stava per arrivare come una piaga biblica e che qualsiasi distrazione causata dal vaccino all’interno di Moderna era irrilevante.”

Bancel aveva utilizzato il tempo trascorso a Davos per “costruire partnership, genere entusiasmi e assicurasi finanziamenti,” arrivando ad un accordo di collaborazione fra Moderna e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, un progetto finanziato da Bill Gates. (Gli stretti rapporti di Bancel e Moderna con il WEF, risalenti al 2013, sono stati discussi nella prima parte, così come gli sforzi del Forum, iniziati ben prima della COVID-19, per promuovere terapie basate sull’mRNA, che sarebbero state essenziali nella ristrutturazione del settore sanitario nell’era della cosiddetta Quarta Rivoluzione Industriale). All’incontro annuale del 2020 [del WEF a Davos], a cui aveva partecipato anche Bancel, era stato notato che una delle principali barriere all’adozione diffusa di queste ed altre tecnologie “sanitarie” correlate era la “sfiducia del pubblico.” Il gruppo di studio in cui era stato specificamente discusso questo problema era intitolato “Quando l’umanità supera l’evoluzione.”

Come si è visto nella prima parte di questa serie, pochi mesi prima, nell’ottobre 2019, i principali artefici di quello che sarebbe diventato il vaccino di Moderna per la COVID-19, in particolare Rick Bright e Anthony Fauci, in una riunione sui vaccini al Milken Institute avevano discusso della necessità di un evento “dirompente” per spingere il pubblico ad accettare vaccini “non tradizionali,” come quelli mRNA, questo per convincere la popolazione che le malattie simil-influenzali erano più pericolose di quanto tradizionalmente creduto e per rimuovere le salvaguardie burocratiche esistenti nei processi di sviluppo e approvazione dei vaccini.

Quella riunione aveva avuto luogo meno di due settimane dopo la simulazione di Event 201, sponsorizzata dal World Economic Forum, la Bill & Melinda Gates Foundation e dal Johns Hopkins Center for Health Security. Event 201 aveva simulato “un’epidemia di un nuovo coronavirus zoonotico, modellato in gran parte sulla SARS, ma . . . più trasmissibile a livello di comunità da persone con sintomi lievi.” Le raccomandazioni del gruppo di simulazione erano di aumentare considerevolmente gli investimenti nelle nuove tecnologie vaccinali e nelle tecniche industriali, favorendo il rapido sviluppo e la produzione di un vaccino. Come menzionato nella prima parte, il Johns Hopkins Center for Health Security, nel giugno 2001, aveva anche condotto la simulazione Dark Winter, che aveva preceduto e previsto i principali aspetti degli attacchi all’antrace del 2001, con alcuni dei suoi partecipanti che sembravano addirittura avere una prescenza di quei futuri attacchi. Altri partecipanti di Dark Winter, dopo la scoperta che l’antrace proveniva da una struttura militare statunitense, avevano poi fatto di tutto per sabotare le indagini dell’FBI su quegli attacchi.

È difficile immaginare che Bancel, la cui azienda aveva collaborato a lungo con il World Economic Forum e la Fondazione Gates, fosse all’oscuro dell’esercizio e sorpreso dall’evento, strettamente analogo, verificatosi tre mesi dopo. Dai resoconti forniti da Bancel, Graham e altri, sembra assai probabile che ci sia molto di più dietro la storia sulle origini del precoce e “serendipitoso” interessamento di Moderna allo sviluppo di un vaccino COVID-19. Inoltre, dato che Moderna, all’epoca, si trovava in gravi difficoltà finanziarie, sembra strano che, nel gennaio/febbraio 2020, l’azienda avesse scommesso tutto su un progetto di vaccino osteggiato dai pochi investitori ancora disposti a finanziare l’azienda. Perché avrebbero dovuto dirottare le loro scarse risorse verso un progetto nato solo dalle “riflessioni” di Barney Graham, secondo cui Moderna avrebbe potuto testare la velocità delle sue capacità di sviluppare un vaccino, e dalla visione apocalittica di Bancel sull’imminenza di una “peste biblica,” specialmente con gli investitori contrari all’idea?

Moderna riesce a superare i suoi vecchi problemi di R&S

Moderna aveva prodotto il primo lotto del suo candidato vaccino COVID-19 il 7 febbraio, un mese dopo la conversazione iniziale tra Bancel e Graham. Dopo una prova di sterilità ed altri test obbligatori, il primo lotto del suo candidato vaccino, denominato mRNA-1273, era stato spedito al NIH il 24 febbraio. Per la prima volta dopo molto tempo, il valore delle azioni di Moderna era aumentato. Meno di un mese dopo, il 16 marzo, i ricercatori del NIH avevano somministrato in un volontario umano la prima dose del vaccino.

In modo controverso, al fine di iniziare la sperimentazione umana il 16 marzo, le agenzie di regolamentazione avevano dovuto consentire a Moderna di bypassare i principali aspetti della tradizionale sperimentazione animale, cosa che, secondo molti esperti e commentatori, era assai insolita ma ritenuta necessaria a causa dell’urgenza della crisi.

Invece di sviluppare il vaccino in fasi sequenziali e distinte, com’è consuetudine, Moderna “aveva deciso di portare avanti contemporaneamente tutte le fasi [relative alla sperimentazione].” In altre parole, le fasi riguardanti la conferma che, ancor prima di essere testato sugli animali, il candidato vaccino era in grado di funzionare, la conduzione di esperimenti sugli animali, l’analisi dei dati degli esperimenti sugli animali, la produzione di un vaccino da utilizzare negli esperimenti sull’uomo e l’inizio degli esperimenti sull’uomo erano state tutte condotte simultaneamente da Moderna. Pertanto, la progettazione degli studi sull’uomo per il candidato vaccino di Moderna non aveva potuto avvalersi dei dati degli studi sugli animali.

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Il tenente Javier Lopez Coronado e l’aiutante di sanità Francisco Velasco ispezionano una scatola di fiale di vaccino COVID-19 alla Naval Health Clinic di Corpus Christi, TX, dicembre 2020; Fonte: Wikimedia

Questo avrebbe dovuto essere un grosso campanello d’allarme, viste le persistenti difficoltà di Moderna nel far superare ai suoi prodotti i test sugli animali. Come notato nella prima parte, fino alla crisi COVID-19, la maggior parte dei prodotti di Moderna erano stati testati solo sugli animali e solo pochissimi di essi erano riusciti a passare alla sperimentazione umana. Nel caso della terapia per la Crigler-Najjar, ritardata a tempo indefinito, i problemi di tossicità relativi al sistema di consegna dell’mRNA erano emersi proprio negli esperimenti sugli animali, esperimenti che, in questo caso, Moderna era stata in grado di saltare in gran parte.

Dato che Moderna era stata costretta ad abbandonare i prodotti multidose a causa degli scarsi risultati negli studi sugli animali, l’autorizzazione a saltare questo ostacolo, un tempo insormontabile, era stata probabilmente considerata dalla dirigenza aziendale una vera e propria manna dal cielo. È anche sorprendente che, visti i problemi di Moderna con i test sugli animali, non sia stato dedicato un esame più approfondito alla decisione normativa di permettere a Moderna di saltare proprio quelle prove. I primi test del suo vaccino COVID-19 condotti sugli animali avevano portato alla luce problemi di cui si sarebbe dovuto tenere conto negli studi sull’uomo, ma questo non era avvenuto a causa di quella decisione normativa. Per esempio, gli studi di tossicità riproduttiva sugli animali del vaccino COVID-19 di Moderna, citati dall’Agenzia Europea del Farmaco, avevano evidenziato una ridotta fertilità nei ratti (con un indice di gravidanza complessivo dell’84,1% nei ratti vaccinati contro un 93,2% in quelli non vaccinati), nonché un’aumentata percentuale di sviluppo osseo aberrante nei feti. Questo studio era stato criticato perchè non riportaval’accumulo di vaccino nella placenta e non indagava l’effetto delle dosi di vaccino somministrate durante le tappe fondamentali della gravidanza, per esempio sull’organogenesi embrionale. Inoltre, non era stato rivelato il numero degli animali testati, rendendo impossibile una valutazione dell’attendibilità statistica dello studio. Come minimo, un calo del 9% dell’indice di fertilità nei ratti vaccinati avrebbe dovuto far prolungare gli studi sugli animali per valutare la possibilità di una tossicità riproduttiva, prima dei test sugli esseri umani.

Eppure, Moderna si era rifiutata di indagare ulteriormente la tossicità riproduttiva evidenziata negli studi sugli animali e aveva completamente escluso i test di tossicità riproduttiva dai suoi studi in umano, che si svolgevano in parallelo, escludendo le donne incinte dalla partecipazione agli studi clinici del suo vaccino. Nonostante questo, dopo la concessione dell’autorizzazione all’uso d’emergenza (EUA) ai vaccini di Moderna e di Pfizer/BioNTech, le donne incinte erano state considerate un gruppo prioritario per la somministrazione del vaccino. Secondo il New England Journal of Medicine, questo significava che, “nel momento di valutare la decisione se farsi inoculare o meno il vaccino, sarebbero state le donne incinte e i loro medici a dover scegliere tra i rischi documentati di infezione da Covid-19 e i rischi sconosciuti legati alla sicurezza del vaccino.”

Moderna aveva iniziato il reclutamento per uno “studio osservazionale sull’esito della gravidanza” del suo vaccino COVID-19 negli esseri umani solo a metà luglio 2021, studio che dovrebbe concludersi all’inizio del 2024. Tuttavia, i Centers for Disease Control raccomandano l’uso del vaccino COVID-19 di Moderna nelle “donne incinte, che allattano, che cercano di rimanere incinte ora o che potrebbero rimanere incinte in futuro.” Questa raccomandazione è in gran parte basata su una pubblicazione del CDC del giugno 2021, sui dati preliminari di sicurezza del vaccino mRNA COVID-19 nelle donne incinte, estrapolati dal sistema di segnalazione passiva [degli effetti avversi] in uso negli Stati Uniti (cioè, VAERS e v-safe).

Anche tenendo conto della portata limitata di questo studio, 115 delle 827 donne che avevano completato la gravidanza durante lo studio avevano perso il bambino, con 104 aborti spontanei nelle prime 20 settimane di gestazione. Di queste 827 donne incinte, solo 127 avevano ricevuto un vaccino mRNA prima del 3° trimestre. Questo sembrerebbe suggerire un aumento del rischio nelle donne vaccinate prima del 3° trimestre, ma la scarsità dei dati rende difficile trarre conclusioni definitive. Nonostante le affermazioni del New England Journal of Medicine secondo cui i dati sarebbero stati “rassicuranti,” gli autori avevano dichiarato che il loro studio, che aveva preso in esame soprattutto donne vaccinate nel terzo trimestre [di gravidanza], “non era in grado di trarre conclusioni su aborti spontanei, anomalie congenite e altri potenziali e rari esiti neonatali.” Questo è solo un esempio dei problemi causati dalle “scorciatoie” prese negli studi sul vaccino COVID-19 di Moderna negli esseri umani e negli animali, compresi quelli condotti dal NIH.

Nel frattempo, nei mesi di febbraio, marzo e aprile, Bancel aveva continuato a “chiedere soldi” perchè Moderna non avrebbe avuto “abbastanza fondi per acquistare le materie prime necessarie a realizzare il vaccino” e “aveva bisogno di centinaia di milioni di dollari, forse anche più di un miliardo” per la produzione industriale del farmaco, che aveva appena iniziato i test clinici. Bancel, il cui mandato in Moderna era stato a lungo caratterizzato dalla sua capacità di affascinare gli investitori, stava iniziando a perdere colpi.

Poi, a metà aprile 2020, la lunga collaborazione di Moderna con il governo degli Stati Uniti aveva finalmente dato i suoi frutti.  La Health and Human Services Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA) aveva erogato all’azienda 483 milioni di dollari per “accelerare lo sviluppo del suo candidato vaccino per il nuovo coronavirus.” Un anno dopo, l’importo investito dal governo degli Stati Uniti nel vaccino COVID-19 di Moderna era cresciuto fino ad arrivare a circa 6 miliardi di dollari, solo 1,5 miliardi di dollari in meno dell’intero valore dell’azienda al momento della sua IPO pre-COVID.

La BARDA, per tutto il 2020, era stata direttamente supervisionata dall’Ufficio dell’Assistente Segretario per la Preparazione e la Risposta (ASPR) dell’HHS (Health and Human Services), guidato dal corrotto Robert Kadlec, che aveva passato gli ultimi vent’anni a mettere a punto la BARDA, contribuendo all’approvazione di leggi che trasferivano molti dei poteri di emergenza dell’HHS direttamente all’Ufficio dell’ASPR, diretto, guarda caso, proprio dallo stesso Kadlec, un ruolo che si era ritagliato nel corso degli anni e che ricopriva proprio nel momento esatto in cui era scoppiata la pandemia che era stata simulata l’anno precedente nell’esercizio Crimson Contagion. Come menzionato nella prima parte, [Kadlec] era anche stato un protagonista chiave della simulazione Dark Winter del giugno 2001. In qualità di capo dell’ASPR, nel 2020 Kadlec aveva supervisionato quasi tutti i principali aspetti della risposta dell’HHS alla COVID-19 e aveva avuto un ruolo importante nelle politiche di finanziamento della BARDA durante quel periodo, così come negli affari del NIH e della Food and Drug Administration in relazione alle contromisure mediche per la COVID-19, compresi i vaccini.

Il 1° maggio 2020, Moderna aveva annunciato un accordo decennale di produzione con il Gruppo Lonza, una multinazionale della chimica e delle biotecnologie con sede in Svizzera. In base all’accordo, Lonza avrebbe costruito siti di produzione per il vaccino COVID-19 di Moderna, dapprima negli Stati Uniti e in Svizzera, e poi negli stabilimenti di Lonza in altri Paesi. La scala di produzione discussa nell’accordo era di 1 miliardo di dosi di vaccino COVID-19 di Moderna all’anno. Era stato convenuto che l’accordo decennale si sarebbe concentrato su altri prodotti, anche se all’epoca era ben noto che Moderna non aveva “nel modo più assoluto altri prodotti pronti per il mercato.” I dirigenti di Moderna avrebbero dichiarato in seguito che, al momento dell’accordo con Lonza, si stavano ancora arrabattando per trovare i fondi necessari a produrre i vaccini richiesti.

La decisione di creare una partnership per produrre un quantitativo di quel genere di dosi annuali implica una incredibile preveggenza da parte di Moderna e di Lonza, che avrebbero in qualche modo previsto che il vaccino COVID-19 sarebbe diventato un affare annuale o semestrale, dato che le attuali informazioni sulla scarsa durata temporale dell’immunità [indotta dal vaccino] all’epoca non potevano essere conosciute perché i test del vaccino Moderna erano iniziati meno di due mesi prima e non erano ancora stati pubblicati dati sulla sua efficacia o sulla sua sicurezza. Tuttavia, come sarà discusso nella terza parte di questa serie, Moderna aveva bisogno di vendere, ogni anno, quantità “a livello pandemico” del suo vaccino COVID-19 per evitare il ritorno di quelle crisi esistenziali che aveva dovuto affrontare prima della COVID-19 (per maggiori informazioni su quelle crisi, vedere la prima parte). Le implicazioni di quelle crisi, compresa l’incapacità di Moderna di mettere a punto un prodotto sicuro per una somministrazione multidose e la mancanza di prove che i vecchi problemi nello sviluppo del vaccino COVID-19 erano stati risolti, saranno discusse nella terza parte di questa serie.

È anche degno di nota che, proprio come Moderna, Lonza e i suoi dirigenti fossero strettamente legati al World Economic Forum. Inoltre, nel maggio 2020, quando era stato raggiunto l’accordo, faceva parte dei consigli di amministrazione sia di Moderna che di Lonza Moncef Slaoui, un ex dirigente di GlaxoSmithKline. Slaoui si era ritirato dai consigli di entrambe le società due settimane dopo il raggiungimento dell’accordo ed era diventato il capo dell’operazione per lo sviluppo dei vaccini nell’ambito del programma statunitense Warp Speed. Moderna aveva plaudito alla nomina di Slaoui a direttore del progetto di vaccinazione.

A metà maggio, il prezzo delle azioni di Moderna (il cui costante declino prima della COVID-19 è stato descritto in dettagli nella prima parte) dalla fine di febbraio 2020 era triplicato a causa delle grandi speranze suscitate dal vaccino COVID-19. Da quando, a febbraio, le azioni di Moderna avevano iniziato a salire, i media avevano notato che “quasi tutti gli aggiornamenti sui progressi [del vaccino] o le apparizioni sui media del CEO di Moderna, Stephane Bancel, vengono divorati dagli investitori, che sembrano avere un appetito insaziabile per quelle azioni.” Il collaudato metodo di Bancel di tenere Moderna a galla con la sola pubblicità, anche se prima della COVID-19 stava perdendo colpi, era ritornato redditizio per l’azienda grazie alla crisi globale e al relativo panico.

C’era stato comunque chi aveva criticato, definendo “folle” la valutazione di Moderna, ora a 23 miliardi di dollari, soprattutto considerando che, l’anno prima, la società aveva registrato una perdita netta di 514 milioni di dollari e che, dall’epoca della sua fondazione, avvenuta dieci anni prima, doveva ancora produrre un farmaco sicuro o efficace. Nel gennaio 2020, Moderna aveva un valore di soli 5 miliardi di dollari, 2 miliardi in meno rispetto alla valutazione pre-IPO del dicembre 2018. Se non fosse stato per l’inizio della crisi COVID, e per una nuova campagna pubblicitaria,  la valutazione di Moderna avrebbe probabilmente continuato a scendere.

Eppure, e fortunatamente per Moderna, gli investitori stavano supervalutando il suo vaccino COVID-19 anche prima del rilascio di qualsiasi dato clinico. All’epoca, gli analisti di mercato avevano previsto che le entrate di Moderna nel 2022 sarebbero state di circa 1 miliardo di dollari, una cifra basata quasi interamente sulle vendite del vaccino contro il coronavirus, poiché tutti gli altri prodotti di Moderna erano lontani anni dal debutto sul mercato. Eppure, anche con queste previsioni, il valore delle azioni di Moderna a metà maggio 2020 era  ventitré volte quello delle vendite previste, facendo di Moderna un fenomeno unico tra i titoli biotech del momento. Per confronto, all’epoca, i multipli più alti nel biotech riguardavano le azioni di Vertex Pharmaceutical e di Seattle Genetics, che venivano scambiate rispettivamente a nove e dodici volte le entrate previste. Ora, con l’attuazione in tutto il mondo delle politiche di richiamo, Moderna prevede di fatturare, fino al prossimo anno, l’incredibile cifra di 35 miliardi di dollari solo con le vendite del suo vaccino COVID-19.

Il valore delle azioni di Moderna era schizzato alle stelle quando, il 18 maggio 2020, l’azienda aveva pubblicato dati provvisori “positivi” su uno studio di fase 1 del suo vaccino COVID-19. I risultati avevano galvanizzato i media, acceso l’entusiasmo del pubblico e portato ad un aumento del 20% del prezzo delle azioni. Poche ore dopo il comunicato stampa, Moderna aveva annunciato una nuova iniziativa per raccogliere 1,3 miliardi di dollari con una vendita supplementare di azioni. In seguito si era saputo che, il 15 maggio, Moderna aveva assunto Morgan Stanley per gestire la vendita delle azioni.

Tuttavia, la stampa e la stessa Moderna non avevano menzionato il fatto che lo studio, apparentemente “scientifico,” aveva fornito i dati sullo sviluppo degli anticorpi neutralizzanti in solo 8 dei 45 volontari che avevano partecipato al test (4 volontari a gruppo per le coorti di 15 e 100 microgrammi). L’età di questi 8 volontari, misteriosamente selezionati, non era stata resa nota e mancavano altri dati chiave, “rendendo così impossibile capire se l’mRNA-1273 [il vaccino COVID-19 di Moderna] si fosse rivelato inefficace [nei restanti 37 volontari i cui dati sugli anticorpi non erano stati divulgati] o se, a questo punto, i risultati non fossero semplicemente disponibili.” Nel frattempo, nella coorte con la dose più alta, quella in cui erano stati somministrati 250 microgrammi, il 21% dei volontari aveva sperimentato un evento avverso di grado 3, che secondo la definizione dell’FDA “impedisce l’attività quotidiana e necessita di un intervento medico.”

Il giorno successivo, STAT aveva pubblicato un articolo che esprimeva scetticismo sul comunicato stampa di Moderna e sembrava implicare che il rilascio dei dati avesse unicamente lo scopo di aumentare la valutazione azionaria della società, che aveva raggiunto i 29 miliardi di dollari dopo la notizia. Una giornalista di STAT,  Helen Branswell, aveva definito questa impennata della valutazione “un’impresa sorprendente per una società che, attualmente, vende zero prodotti.” L’articolo della Branswell puntualizzava diverse aspetti, tra cui il fatto che diversi esperti di vaccini avevano notato che “sulla base delle informazioni rese disponibili [da Moderna], non c’è realmente modo di sapere quanto straordinario – o meno – possa essere il vaccino.” Moderna aveva poi difeso la sua decisione, sostenendo di aver trattenuto alcuni dati chiave per rispettare  “le normative federali tributarie e i regolamenti delle riviste scientifiche” e per prevenire una potenziale fuga di notizie da parte di “gole profonde” al NIH. I dirigenti di Moderna avevano poi ammesso che il rilascio “tempestivo” di questi dati selezionati era legato ai loro “disperati” sforzi di raccogliere fondi e non “perdere” la corsa al vaccino COVID-19.

L’articolo di STAT faceva anche notare che il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), che stava eseguendo la sperimentazione a cui Moderna aveva fatto riferimento nel comunicato stampa, era rimasto completamente silenzioso sulla questione, evitando di rilasciare un comunicato stampa giorno stesso e rifiutandosi di commentare l’annuncio di Moderna. Questo era stato considerato un comportamento anomalo da parte del NIAID, soprattutto considerando che si trattava della divisione del NIH che stava sviluppando il vaccino in partnership con Moderna e che era responsabile della sperimentazione. STAT aveva fatto notare che, normalmente, “Il NIAID non nasconde i suoi talenti. L’istituto, generalmente, le sue scoperte le annuncia con squilli di tromba.” In questo caso, tuttavia, [i dirigenti del NIAID] si erano rifiutati di farlo. All’inizio di giugno 2020 si era saputo che il dottor Anthony Fauci, il direttore del NIAID, era rimasto contrariato della decisione di Moderna di pubblicare dati incompleti sulla sperimentazione, dicendo a STAT che avrebbe preferito “aspettare fino a quando non avessimo avuto i dati dell’intera fase 1. . . e pubblicarli su una rivista rispettabile, mostrando tutti i dati.”

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Tal Zaks, direttore scientifico di Moderna; Fonte: The Forward

In seguito era emerso che i massimi dirigenti di Moderna, tra cui il direttore finanziario Lorence Kim e il direttore scientifico Tal Zaks, avevano usato l’informazione riservata dell’imminente comunicato per acquistare azioni dell’azienda, che avevano poi fruttato loro diversi milioni a seguito dell’impennata delle quotazioni scatenata dalle notizie positive contenute nello stesso comunicato stampa. Poco più di una settimana dopo la pubblicazione del comunicato, STAT aveva riferito che il pacchetto azionario detenuto dai primi cinque dirigenti di Moderna aveva guadagnato 89 milioni di dollari da quando, all’inizio dell’anno, la quotazione della società aveva iniziato a salire. Secondo l’articolo, la quantità degli scambi effettuati da questi cinque dirigenti, tra gennaio e maggio 2020, ammontava a “quasi tre volte il numero di transazioni azionarie di tutto il 2019.” A settembre 2020, l’ammontare delle azioni trattate dai dirigenti di Moderna era arrivato a 236 milioni di dollari. Meno criticata o persino non menzionata dalla stampa era stata la mossa di Moderna, meno di un mese dopo, di creare un paradiso fiscale in Europa per le sue vendite del vaccino COVID-19.

Anche se le operazioni erano state ritenute scorrette ma legali, gli articoli dei media mainstream erano stati concordi nell’affermare che il rilascio anticipato di quei dati provvisori era stato pianificato per “aumentare il prezzo delle azioni di Moderna, in modo che i dirigenti potessero averne un ritorno economico durante il periodo di euforia” che ne era seguito. Alcuni gruppi di sorveglianza avevano chiesto alla SEC (US Securities and Exchange Commission) di accertare se i dirigenti di Moderna avessero manipolato il mercato azionario. L’articolo critico sulla compravendita di azioni da parte dei dirigenti e la divulgazione di dati incompleti avevano causato una temporanea tendenza al ribasso delle azioni dell’azienda per tutto il mese di maggio. Come accennato in precedenza, Moderna aveva ripetutamente tentato di spiegare la tempistica di quel particolare comunicato stampa, offrendo continuamente nuove spiegazioni, una anche questa settimana.

La scioccante affermazione di Moderna sul suo candidato vaccino

A metà giugno 2020, i ricercatori del NIH e di Moderna avevano pubblicato un preprint dei dati preclinici del loro vaccino COVID-19. Quel preprint chiariva che il vaccino impiegava un sistema di consegna coperto da un brevetto di proprietà della società Arbutus Biopharma e descriveva i risultati di quel vaccino nei test sui topi. Come discusso nella prima parte, Moderna era stata a lungo bloccata in un’aspra disputa legale con Arbutus, disputa che aveva messo in serio pericolo la capacità di Moderna di trarre profitto da qualsiasi prodotto basato sulla tecnologia brevettata da Arbutus riguardante i sistemi di rilascio di nanoparticelle lipidiche (LNP) dei suoi prodotti mRNA.

Moderna, per anni, aveva negato di utilizzare il sistema derivato da Arbutus, su cui una volta faceva interamente affidamento, e Bancel era persino arrivato a definirlo pubblicamente “non molto buono.” Tuttavia, Moderna non aveva mai dimostrato in modo definitivo di non utilizzare più la tecnologia coperta dai brevetti Arbutus. Il preprint del manoscritto del giugno 2020 del NIH e di Moderna aveva fornito la prova che era proprio la tecnologia derivata da Arbutus,  che aveva causato gravi problemi di tossicità nei prodotti multidose che Moderna aveva precedentemente tentato di sviluppare, quella utilizzata anche nel candidato vaccino COVID-19 di Moderna.

Tuttavia, quando il responsabile degli affari aziendali di Moderna, Ray Jordan, era stato interogato da Forbes sull’argomento, aveva risposto che i dati del preprint erano stati generati utilizzando la formulazione di un vaccino COVID-19 che non era quella del vaccino commerciale, affermando: “Mentre gli autori del preprint hanno usato il termine ‘mRNA-1273’ per comodità del lettore, il preprint non descrive il processo cGMP con cui produciamo il nostro RNA messaggero, le LNP o la composizione finale farmaceutica del nostro candidato commerciale (mRNA-1273).” Quando Forbes aveva chiesto a Jordan di fornire dati più specifici, compreso il rapporto molare LNP della nuova tecnologia LNP, per dimostrare che le LNP utilizzate nel vaccino COVID-19 erano, in realtà, diverse da quelle coperte dal brevetto Arbutus, Jordan si era rifiutato di rispondere.

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La sede di Arbutus Biopharma a Warminster, Pennsylvania; Fonte: Philadelphia Business Journal

Nonostante le affermazioni di Jordan, un mese dopo era stato pubblicato uno studio preclinico di Moderna riguardante il suo vaccino COVID-19. In quello studio si affermava che il vaccino di Moderna usava le LNP come descritto in un documento del 2019, che, a sua volta, rivelava che le LNP in questione erano le stesse usate nello studio di giugno. Questo documento includeva i risultati dello studio originariamente promosso da Moderna nel mese di maggio, quello che aveva provocato il rialzo del prezzo delle azioni di Moderna. Pubblicato ora per intero, lo studio aveva generato un sacco di stampa positiva, tra cui una dichiarazione di Fauci del NIAID, secondo cui “non importa da che parte la si guardi, questa è una buona notizia.” La pubblicazione dello studio era stata subito seguita da un’impennata nei finanziamenti del governo degli Stati Uniti per il vaccino COVID-19 di Moderna. All’epoca, CBS News aveva osservato che il valore delle azioni di Moderna, che aveva continuato a scendere fin dall’IPO alla fine del 2018, era stato essenzialmente salvato dalla crisi COVID-19, poiché “le azioni di Moderna – che non ha mai portato un prodotto sul mercato nei suoi dieci anni di esistenza – sono salite fino al 380% dall’inizio dell’anno, quando, [a gennaio], era emersa la notizia delle sue promettenti possibilità di produrre un vaccino. Il prezzo delle azioni [di Moderna] era meno di 20 dollari all’inizio di gennaio e circa 95 dollari venerdì [17 luglio 2020].” Oggi, in confronto, Moderna è costantemente scambiata sopra i 300 dollari per azione.

Eppure, se prendiamo in parola Ray Jordan sul preprint pubblicato a giugno, Moderna sembrerebbe impegnata in un comportamento abbastanza dubbioso. Se Jordan aveva detto la verità, allora anche lo studio di luglio (che aveva utilizzato il candidato vaccino contenente le stesse LNP descritte nel preprint di giugno 2020) aveva utilizzato una formulazione non coerente con il candidato vaccino commerciale della società. Se è così, dato che lo studio di luglio era lo stesso a cui aveva fatto riferimento il controverso comunicato stampa di Moderna legato a scambi di azioni privilegiate, significherebbe che Moderna aveva usato dati “positivi” generati da un candidato vaccino diverso dal suo candidato vaccino commerciale per aumentare i prezzi delle proprie azioni e migliorare la situazione finanziaria della società, facendo guadagnare milioni ai dirigenti. Questo, naturalmente, non dice nulla su una questione separata ma criticamente importante: se il candidato vaccino utilizzato in quegli studi, compreso quello del NIH, sia o no lo stesso utilizzato negli studi clinici del vaccino commerciale.

L’unica ragione per cui Moderna avrebbe fatto a Forbes un’affermazione del genere sarebbe per distanziare il suo vaccino COVID-19 dai problemi del passato, quelli riguardanti soprattutto le sue LNP, problemi che, secondo l’azienda, erano già stati superati. Non è chiaro se il motivo dietro un tale azzardo fosse principalmente legato alla disputa legale con Arbutus o alle criticità sulla sicurezza che Moderna aveva incontrato con le terapie multidose.

Ad aumentare la confusione sulle LNP in uso nei prodotti di Moderna c’era il fatto che, pochi giorni prima, a luglio, l’azienda aveva pubblicato i risultati su un candidato vaccino per l’HIV che sembrava utilizzare la stessa tecnologia LNP coperta dal brevetto Arbutus. Le LNP descritte in quello studio includevano gli stessi componenti descritti nel brevetto Arbutus e lo stesso rapporto molare. Moderna sembrava aver fatto riferimento a questo problema nel suo rapporto al SEC del 6 agosto 2020, che affermava: “Ci sono molti brevetti di terze parti, emessi e in sospeso, che rivendicano aspetti delle tecnologie di consegna degli oligonucleotidi di cui potremmo aver bisogno per i nostri candidati vaccini mRNA o per i nostri prodotti commercializzati, tra cui mRNA-1273, se approvato.”

In una relazione alla SEC del dicembre 2020, Moderna aveva sostenuto che, anche se aveva “inizialmente utilizzato formulazioni LNP basate su sistemi lipidici noti,” cioè le LNP di Arbutus, aveva “investito molto nella scienza della consegna e aveva sviluppato [proprie] tecnologie LNP, così come approcci alternativi alle nanoparticelle.” Tuttavia, nonostante queste affermazioni, è ancora da chiarire se il vaccino COVID-19 della società stia usando la tecnologia Arbutus o la quella che pretende di aver sviluppato per conto proprio, senza violare la proprietà intellettuale di Arbutus.

Le affermazioni di Moderna sull’uso di un sistema LNP diverso da quello che aveva causato problemi così importanti facevano riferimento allo sviluppo da parte della società di una struttura lipidica nota come SM-102. Questa struttura lipidica era stata rivelata per la prima volta da Moderna in una pubblicazione del 2019 con il nome di Lipid H e, da allora in poi, Moderna ha continuato ad affermare che il suo sistema LNP è superiore a quello che utilizzava in precedenza, e questo perché usa la SM-102 invece dei lipidi originali di Arbutus. Tuttavia, è importante notare che l’uso della SM-102 da parte di Moderna non significa necessariamente che l’azienda non stia violando i brevetti Arbutus, che coprono l’uso di LNP che combinano lipidi cationici e PEGilati in proporzioni specifiche.

Nonostante Moderna affermi che la SM-102 ha risolto sia i problemi di tossicità che di brevetto riguardanti il suo sistema LNP (come discusso nella prima parte), l’azienda si è rifiutata di rivelare l’esatta struttura della SM-102 o se porti una carica positiva netta a pH fisiologico, il che sarebbe una prova della continua violazione del brevetto Arbutus. Inoltre, non ci sono studi sulla biodistribuzione, degradazione e/o eliminazione della SM-102, il che significa che l’accumulo di questi lipidi o la loro capacità di danneggiare gli organi non è documentata. L’ovvia mancanza di studi sulle proprietà e gli effetti della SM-102 sull’organismo è stata completamente aggirata dalle autorità sanitarie pubbliche durante il processo di approvazione di emergenza, applicando al candidato vaccino di Moderna gli stessi criteri utilizzati per i vaccini tradizionali che non utilizzano il nuovo approccio mRNA. Questi criteri “tradizionali” ovviamente non includono alcun requisito per i dati sulla sicurezza delle LNP.

Nel complesso, le prove sembrano indicare che le affermazioni di Moderna, secondo cui il suo vaccino COVID-19 non userebbe le LNP brevettate da Arbutus, sono false. L’altra possibilità è che Moderna abbia tentato di modificare il sistema LNP, ma solo leggermente, senza alterare i potenziali identificatori, come il rapporto molare. In questo caso, Arbutus potrebbe ancora sostenere che le LNP attualmente utilizzate da Moderna nel vaccino COVID-19 violano il suo brevetto. È anche probabile che i problemi di sicurezza che Moderna aveva riscontrato con questo sistema LNP siano rimasti in gran parte inalterati, se le modifiche apportate fossero davvero di scarsa importanza. Tuttavia, se uno di questi scenari è corretto, la domanda diventa: perché Arbutus non denuncia Moderna per ottenere il pagamento delle royalty derivanti dal suo vaccino COVID-19?

La risposta sembra essere una questione di apparenza e di pubbliche relazioni. Come riportato da STAT  lo scorso luglio, se Arbutus facesse causa a Moderna per violazione brevettuale nel bel mezzo della crisi COVID-19, “Arbutus correrebbe il grosso rischio di essere percepita come un’azienda che, unicamente preoccupata per i suoi profitti, blocca un farmaco assolutamente indispensabile.” Questo sembra anche essere una parte delle motivazioni dietro la promessa di Moderna, venduta in modo altruistico, di non far valere i propri brevetti relativi alla COVID-19 finché la pandemia non sarà ufficialmente terminata. Gli osservatori hanno notato che questa mossa di Moderna non solo è un colpo da maestro per le pubbliche relazioni dell’azienda, ma ha anche “stabilito un precedente disarmante che può servire a dissuadere altri [per esempio, Arbutus] dall’agire troppo sulla difensiva o in modo eccessivamente aggressivo,” in gran parte a causa dei “timori di un potenziale contraccolpo nelle pubbliche relazioni.”

Anche se il luglio 2020 era stato caratterizzato da un’impennata delle valutazioni positive della stampa riguardanti Moderna e il suo candidato vaccino COVID-19, aveva anche portato una sentenza sfavorevole a Moderna nella sua lunga disputa con Arbutus, sentenza che consentiva ad Arbutus, se avesse voluto, di presentare un’ingiunzione contro il vaccino COVID-19 di Moderna per costringere la società a negoziare una licenza. La notizia aveva fatto scendere del 10% il prezzo delle azioni di Moderna, abbassando di 3 miliardi di dollari dalla quotazione dell’azienda. Tuttavia, molto probabilmente per le ragioni descritte sopra, Arbutus, alla fine, aveva rinunciato ad avvalersi della possibilità di bloccare lo sviluppo del vaccino COVID-19 di Moderna (e alla speranza di assicurarsene le royalties). Tuttavia, si era riservata la possibilità di farlo, se e quando sarebbe svanita l’urgenza percepita della crisi COVID-19.

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Ray Jordan, responsabile degli affari aziendali di Moderna; Fonte: PRSA

Moderna aveva affermato che la decisione non avrebbe influenzato il suo vaccino COVID-19, in quanto la società “non era a conoscenza di alcun impedimento significativo riguardante la proprietà intellettuale dei prodotti che era sua intenzione commercializzare.” Quindi, Moderna aveva ritenuto che le affermazioni di Ray Jordan e la mancanza di prove “chiare e convincenti” che il vaccino COVID-19 di Moderna si basava sulla tecnologia brevettata da Arbutus fossero più che sufficienti per rilasciare quella dichiarazione. Questo anche per la mancanza di interesse da parte dei media tradizionali o delle agenzie federali/regolamentatrici nel richiedere prove concrete che il sistema LNP di Moderna utilizzato nel suo vaccino COVID-19 non fosse quello brevettato da Arbutus.

Nonostante i problemi relativi ai dati dello studio sul vaccino pubblicati a giugno e luglio, l’attenzione positiva della stampa, in particolare quella dopo la pubblicazione di luglio, si era concretizzata, appena un mese dopo, l’11 agosto 2020, nella stipula da parte del governo degli Stati Uniti di un importante accordo di collaborazione con Moderna. Secondo tale accordo, il governo avrebbe pagato 1,525 miliardi di dollari per 100 milioni di dosi, con l’opzione di acquistare in futuro altri 400 milioni di dosi, attualmente già tutte acquistate. Secondo il comunicato stampa di Moderna, l’accordo significava che il governo americano aveva, a quel punto, pagato 2,48 miliardi di dollari per un “accesso anticipato” al vaccino COVID-19 di Moderna.

Circa un mese dopo, si era saputo che il governo degli Stati Uniti aveva sborsato una cifra molto più elevata. Il 10 settembre 2020, BARDA si era affiancata alla DARPA, finanziatore e “alleato strategico” di lunga data di Moderna, per il controllo dei contratti che erano stati assegnati alla società, questo a causa della mancata divulgazione da parte di Moderna del ruolo sostenuto dal governo a sostegno delle sue numerose richieste di brevetto. L’annuncio era arrivato dopo che Knowledge Ecology International (KEI), un ente il cui scopo è la protezione degli investimenti brevettuali pagati dai contribuenti, aveva scoperto che Moderna, in tutta la sua storia, non aveva mai reso pubblici i considerevoli finanziamenti ricevuti dal governo degli Stati Uniti per le applicazioni e i brevetti utilizzati dalla società, in aperta violazione del Bayh-Doyle Act del 1980 e dei regolamenti dell’Ufficio brevetti e marchi. Per il KEI, questo significava che era il governo degli Stati Uniti a possedere alcuni diritti sui quei brevetti e che perciò anche i contribuenti americani avrebbero potuto avere una quota proprietaria nei vaccini prodotti e venduti da Moderna.

Nonostante la prova evidente che l’azienda non aveva rivelato l’ammontare dei finanziamenti ricevuti dal governo degli Stati Uniti per le sue domande di brevetto prima e durante la crisi COVID, Moderna aveva risposto al KEI e all'”indagine” BARDA/DARPA che era “consapevole e che si stava consultando con i collaboratori dell’agenzia riguardo agli obblighi contrattuali nell’ambito di ciascuno di quegli accordi, compresi quelli relativi alla IP [proprietà intellettuale], e che credeva di aver rispettato tali obblighi.” Al momento della stesura di questo articolo, BARDA e DARPA non avevano ancora intrapreso alcuna azione contro Moderna per la sua illegale reticenza sui cospicui finanziamenti governativi ricevuti per le richieste e i depositi dei suoi brevetti. Al contrario, DARPA, un mese dopo aver affermato che stava “esaminando” le domande di brevetto di Moderna, aveva assegnato all’azienda 56 milioni di dollari per sviluppare sistemi mobili su piccola scala per la produzione dei suoi prodotti, vale a dire il vaccino COVID-19 e il vaccino personalizzato contro il cancro.

Moderna: “Fidatevi di noi e basta”

Quello che salta agli occhi del candidato vaccino COVID-19 di Moderna nel corso del suo rapido sviluppo nel 2020 è la volontà delle agenzie federali, NIH, BARDA e altre, così come quella della stampa mainstream, di prendere Moderna in parola sugli aspetti critici del vaccino e del suo sviluppo, anche quando l’evidenza sembra contraddire le affermazioni. Questo è particolarmente evidente nelle dichiarazioni di Moderna sul presunto superamento dei problemi con il suo sistema di consegna delle LNP, sia in termini di tossicità che di violazione brevettuale, e nel fatto che queste affermazioni, nonostante il rifiuto dell’azienda di rilasciare chiare prove a sostegno, siano state prese per buone. Questo è ancora più sorprendente se si considerano le molteplici problematiche che Moderna aveva dovuto affrontare prima della crisi COVID-19 e il fatto che l’azienda sarebbe fallita se il suo vaccino COVID-19 non avesse avuto successo.

Anche se la controversa conduzione simultanea di test sugli animali e sull’uomo era stata giustificata al pubblico con l’urgenza della crisi COVID-19, possono gli altri esempi negativi descritti in questo articolo essere allo stesso modo giustificati dall’urgenza? Diversi di questi aspetti sembrano aver avuto originei da conflitti di interesse e da corruzione.

Ancora più ridicolo è il fatto che Moderna, quando aveva ammesso che il NIH stava conducendo i test di sicurezza su un vaccino COVID-19 diverso dal suo candidato commerciale, se la fosse cavata senza suscitare commenti negativi da parte dei media tradizionali o dal NIH stesso. Questo è particolarmente significativo, perché il comunicato stampa del maggio 2020 e la compravendita di azioni da parte di dirigenti e di persone informate all’interno di Moderna in un momento sospetto avevano attirato l’attenzione negativa della stampa. Tuttavia, la successiva rivelazione, da parte della stessa Moderna, che il suo comunicato stampa era basato sullo studio di un candidato vaccino che non era “necessariamente lo stesso” del suo candidato vaccino commerciale, non aveva praticamente ricevuto alcuna copertura mediatica, pur sollevando l’inquietante possibilità che Moderna aveva utilizzato un altro prodotto per positivizzare artificialmente dati preliminari che le avrebbero consentito di ottenere l’autorizzazione ad immettere il suo prodotto sul mercato e guagnare milioni attraverso una vendita di azioni pilotata. Come ci si può fidare delle affermazioni fatte da una tale azienda senza una verifica indipendente? Inoltre, come ci si può fidare degli studi del NIH sul prodotto di Moderna, quando la stessa Moderna aveva affermato che alcuni degli studi chiave per l’approvazione all’uso di emergenza del vaccino da parte della FDA avevano utilizzato un prodotto diverso da quello che Moderna aveva poi commercializzato con successo?

Tuttavia, nel novembre 2020, Moderna e il NIH erano stati presi in parola quando avevano affermato che il loro candidato vaccino COVID-19 era efficace al 94,5%. All’epoca, i principali promotori di quella affermazione erano stati Bancel di Moderna e Fauci del NIAID. L’affermazione era arrivata poco dopo il comunicato stampa di Pfizer, secondo cui il suo candidato vaccino COVID-19 era efficace al 90%. Per non essere superata da Moderna, Pfizer, due giorni dopo il comunicato stampa di Moderna, aveva rivisto l’efficacia del suo vaccino, portandola al 95% contro il 94,5% di Moderna. Queste affermazioni sono un esempio della consolidata ma preoccupante pratica della “scienza fatta tramite comunicati stampa,” utilizzata per propagandare i vantaggi di questi vaccini COVID-19 attualmente sul mercato. Da allora, i dati del mondo reale hanno fatto a pezzi le dichiarazioni di efficacia che erano state utilizzate per garantire l’autorizzazione all’uso di emergenza, per la quale Moderna aveva fatto domanda alla fine di novembre 2020 e che aveva ricevuto solo poche settimane dopo, a metà dicembre dello stesso anno.

Come si vedrà nella terza parte di questa serie, l’EUA per il vaccino di Moderna ha eluso le questioni sollevate in questo articolo, trattando la formulazione di Moderna alla stregua di un vaccino tradizionale, il che non è, perché i vaccini tradizionali non utilizzano mRNA per indurre l’immunità e la loro sicurezza ed efficacia dipendono da diversi criteri, completamente diversi da quelli del nuovo sistema ad mRNA. Anche la questione delle LNP, l’eterna spina nel fianco che Moderna aveva cercato di risolvere anche prima dell’inizio della crisi COVID-19, era stata spinta sotto il tappeto, non solo nell’ambito della ricerca e dello sviluppo, ma anche nella richiesta dell’EUA. Sembra che, dopo dieci anni, Moderna abbia avuto bisogno di questo gioco di prestigio dei regolatori federali per riuscire finalmente a portare sul mercato il suo primo prodotto. Come evidenziato nella prima parte, se non fosse stato per la crisi del COVID-19 e il suo fortuito tempismo, Moderna non sarebbe sopravvissuta alle gravi difficoltà che minacciavano la sua stessa esistenza come azienda.

Nella terza parte si vedrà che il momento “del miracolo” di Moderna nel corso della crisi COVID-19 era stato solo l’inizio del suo incredibile salvataggio da un destino simile a quello di Theranos, e questo perchè l’azienda non solo aveva ampliato la sua partnership con il governo, ma, attualmente, anche con una società collegata alla CIA. Questo dimostra che Moderna e gli attori chiave di Big Pharma e dellai sicurezza nazionale degli Stati Uniti prevedono che il vaccino COVID-19 di Moderna verrà venduto in quantità massicce per gli anni a venire.

Come già sottolineato, senza vendite annuali o semestrali di dosi di richiamo, la crisi pre-COVID di Moderna sarebbe destinata a ripresentarsi. La richiesta di Moderna per l’approvazione delle dosi di richiamo è già stata coronata da successo, nonostante i dati del mondo reale non supportino le passate affermazioni di Moderna sulla sicurezza e l’efficacia del suo vaccino COVID-19, nonostante la recente decisione di diversi governi europei di bloccare l’uso del vaccino e nonostante le lotte intestine della FDA e le recenti ammissioni che il vaccino COVID-19 di Moderna è uno dei più pericolosi attualmente in uso, soprattutto in termini di effetti avversi sul sistema cardiovascolare. La domanda ovvia quindi diventa: “Quanto verrà a costare, alla fine, il salvataggio “miracoloso” di Moderna, non solo per i 6 miliardi di dollari dei contribuenti americani già spesi, ma soprattutto in termini di vite umane?

Whitney Webb

La prima parte dell’inchiesta su Moderna è qui.

Fonte: unlimitedhangout.com
Link: https://unlimitedhangout.com/2021/10/investigative-reports/covid-19-moderna-gets-its-miracle/
28.10.2021
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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