DI ALESSIO MANNINO
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«Io a tempo perso faccio il primo ministro». Sarà una battuta finchè si vuole, come ne diciamo tutti lasciandoci andare nel privato, ma il Berlusconi che esce dall’ultima sfornata di intercettazioni è di un tale ridicolo da non far neppure ridere. Il fatto è che lui non è “tutti”: fatto salvo che nella sua camera da letto può fare quel vuole, la sua condotta di vita non è equiparabile a quella mia o di un qualsiasi cittadino. Se un assembramento di faccendieri, lenoni e troie possono tenere letteralmente per le palle il capo del governo, il mio giudizio non può non tenerne conto. Anche perché, come diceva Gaber, il vero male è il Berlusconi che è in noi.
Io sono antiberlusconiano prima di tutto antropologicamente, eticamente, culturalmente.
La sua concezione della vita è esattamente la visione dello schiavo moderno: l’adorazione del dio profitto, del “benessere”, non importa se conquistato più o meno illegalmente, del risultato, del kitsch, del successo, della ricchezza per la ricchezza. Una vita senza onore, senza dignità, senza umanità. L’era di Berlusconi è stata lo specchio fedele dell’Italia più volgare, puerile, maramalda e becera, educata a pane e televisione, affascinata dall’America di Dallas, ipnotizzata dall’uomo ricco e piacione, col sorriso a 24 denti come nelle pubblicità dei dentifrici. Rappresenta, il Berlusca, l’arcitaliano ultima versione, che dell’antica destra non ha nulla avendo svenduto ogni valore ideale per il miraggio di meno tasse per tutti, un milione di posti di lavoro, grandi opere faraoniche e il restante armamentario di balle firmate chez Vespa. Berlusconi, questo eterno adolescente che fugge da Crono scopandosi le ragazzine, oggi è un vecchio malvissuto, imbolsito, appesantito, invelenito. Avendo impostato tutta la sua vita sullo slancio verso traguardi futuri, adesso che il futuro, inesorabilmente, gli si restringe davanti, pare aver perso ogni grinta e fiducia. Quella fiducia, quell’indistruttibile fede nel successo che è stata la unica formula, vincente finchè il tempo glielo ha consentito. Ma ora il tempo sta per scadere. Anche lui, come tutti, è un comune mortale.
E’ la tragedia di un uomo, in fondo, ridicolo nella sua infantile smania di accentrare su di sé attenzione, meraviglia, idolatria (lui la chiama “amore”, come un bambino vorrebbe essere da tutti amato e ammirato). Naturalmente, per monetizzarle e convertirle in potere. L’alibi perfetto, con quella sua montagna di difetti che l’hanno reso attraente agli occhi di una certa Italia che vi si identificava, per l’altra Italia: seriosa, sussiegosa, moraleggiante, perennemente indignata, sommamente ipocrita: la sinistra italiana. Il cui popolo è colpevolmente complice visto che rimuove la complicità dei D’Alema, dei Veltroni, dei Bersani, dei Violante, dei Bertinotti che non hanno mai mosso un dito contro il conflitto d’interesse, radice di tutte le porcate berlusconiane. Con un nemico così, infatti, loro hanno campato alla grande, giocando sui frizzi e i lazzi del folclore arcoriano evitando accuratamente di dare battaglia sulle questioni vere: monopolio televisivo, leggi ad personam, leccaculismo filo-americano ai tempi di Bush. Il miglior alleato del berlusconismo è stata questa sinistra imbelle e amica del giaguaro.
L’aspetto tragico per noi, che ce lo sorbiamo da vent’anni, è che dopo di lui sarà il diluvio: ma di sordide mezze tacche, fighetti dell’establishment più vieto e baciapile con business annessi. Finito il berlusconismo, avanzerà una torma di piccoli uomini, gli Alfano, gli Alemanno, i Formigoni, i Montezemolo, i Profumo, i Renzi, i Vendola, che più del Berlusca, impegnato a farsi soprattutto i suoi, faranno a gara a soddisfare i grandi interessi industriali e finanziari sovranazionali.
Alessio Mannino
Fonte: http://alessiomannino.blogspot.com
Link: http://alessiomannino.blogspot.com/2011/09/contro-il-berlusconi-che-e-in-noi.html
17.09.2011