DI WILLIAM BLUM
Killing hope
Hillary Clinton e molti altri membri del Congresso affermano che il loro appoggio all’invasione dell’Iraq era basato su rapporti erronei dell’intelligence. Come potevano contestare la ricerca e l’analisi di tutti quegli esperti, così ben preparati ed esperti nei loro campi?
Beh, a parte il fatto che le agenzie di intelligence americane e i loro rapporti non erano affatto di un’unica opinione (un ben pubblicizzato documento della CIA, ad esempio, prevedeva ogni sorta di conseguenze devastanti che potevano risultare da un’invasione e occupazione)… [1]
A parte il fatto che c’erano diverse dichiarazioni pubbliche, comprese alcune sulla TV americana, del vice primo ministro di Saddam Hussein, e altre dichiarazioni fatte da scienziati iracheni ai media americani e all’intelligence americana che l’Iraq non aveva più alcuna arma di distruzione di massa… [2]
A parte il fatto che gli ispettori nucleari dell’ONU avevano determinato prima della guerra che l’Iraq non aveva un programma per la realizzazione di armi nucleari… [3]
A parte il fatto che Colin Powell, parlando nel febbraio 2001 di sanzioni USA contro l’Iraq, disse: “E francamente hanno funzionato. [Saddam Hussein] Non ha sviluppato alcuna capacità significativa relativa ad armi di distruzione di massa. È incapace di proiettare potenza convenzionale contro i suoi vicini.” [4]
A parte tutto questo, bisogna porre questa domanda: cosa sapevano i milioni di americani che marciarono contro la guerra prima che cominciasse che tutti quei membri del Congresso non sapevano? Per lo meno sapevano che nulla che l’amministrazione Bush avesse detto loro si avvicinava a giustificare il lancio di bombe sull’innocente popolo iracheno. Inoltre sapevano che non ci si poteva fidare di nulla che l’amministrazione Bush avesse detto loro. Tutto quello che ci voleva per raggiungere questo avanzato grado di consapevolezza era non essere nati ieri.
Come ho scritto in precedenza, lo stesso fenomeno accompagnò la guerra del Vietnam. Il movimento contro la guerra del Vietnam partì nell’agosto del 1964, con centinaia di persone che manifestarono a New York. Molti di questi primi dissidenti smontarono ed esaminarono criticamente le dichiarazioni dell’amministrazione sull’origine della guerra, la sua situazione corrente, e il roseo quadro del futuro che veniva dipinto. Scoprirono doppiezza, omissioni e contraddizioni continue, divennero rapidamente e totalmente cinici, e chiesero il ritiro immediato e incondizionato. Questo fu uno stato mentale e di principio per raggiungere il quale ai membri del Congresso e ai media – e anche allora solo a una piccola minoranza – ci vollero gli anni ’70. E perfino allora – perfino oggi – la nostra élite politica e mediatica vedeva il Vietnam solo come un “errore”; era cioè “il modo sbagliato” di combattere il comunismo, non che tanto per cominciare gli Stati Uniti non sarebbero dovuti andare per tutto il globo a vomitare violenza contro qualsiasi cosa venisse etichettata “comunismo”. Essenzialmente l’unica cosa che questi “migliori e più brillanti” hanno imparato dal Vietnam è che non avremmo dovuto combattere in Vietnam. E ho paura che l’attuale generazione di “leader” imparerà pochissimo di più, a parte che non avremmo dovuto invadere l’Iraq.
Una Mecca di ipocrisia, un Vaticano di due pesi e due misure
Il 21 febbraio, in seguito a una dimostrazione contro il ruolo degli Stati Uniti nella dichiarazione di indipendenza del Kosovo, dei dimostranti nella capitale serba Belgrado hanno fatto irruzione nell’ambasciata USA e hanno dato fuoco a un ufficio. L’attacco è stato definito “intollerabile” dal Segretario di stato Condoleezza Rice, [5] e l’ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Zalmay Khalilzad, ha detto che avrebbe chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di pubblicare una dichiarazione unanime “che esprima l’indignazione del consiglio, condanni l’attacco, e ricordi inoltre al governo serbo la sua responsabilità di proteggere le strutture diplomatiche.” [6]
Naturalmente questo è linguaggio standard per situazioni del genere. Ma quello che i media e i funzionari americani non ci ricordano è che nel maggio 1999, durante il bombardamento USA/NATO della Serbia, allora parte della Jugoslavia, l’ambasciata cinese a Belgrado fu colpita da un missile americano, che causò notevoli danni e uccise tre dipendenti dell’ambasciata. La versione ufficiale di Washington – allora, e ancora oggi – è che sia stato un errore. Ma quasi certamente è una bugia. Secondo un’indagine congiunta dell’Observer di Londra e del quotidiano danese Politiken l’ambasciata fu bombardata perché veniva usata per trasmettere comunicazioni elettroniche per l’esercito jugoslavo dopo che il normale sistema militare era stato messo fuori uso dai bombardamenti. Che il bombardamento dell’ambasciata fu deliberato è stato detto all’Observer da “fonti militari e di intelligence di alto grado in Europa e negli USA”, oltre a essere stato “confermato nei dettagli da altri tre ufficiali della NATO – un controllore di volo che operava a Napoli, un ufficiale dell’intelligence che monitorava il traffico radio jugoslavo dalla Macedonia e un alto ufficiale del quartier generale [NATO] a Bruxelles.” [7]
Inoltre all’epoca il New York Times riferì che il bombardamento aveva distrutto il centro nevralgico di raccolta delle informazioni dell’ambasciata, e che due dei tre cinesi uccisi erano ufficiali dei servizi segreti. “La natura altamente sensibile delle parti dell’ambasciata bombardate suggerisce il perché i cinesi […] insistono che il bombardamento non è un incidente. […] ‘È esattamente per questo che non si bevono la nostra spiegazione’,” disse un funzionario del Pentagono.[8] C’erano anche diverse altre buone ragioni per non bersi la storia. [9]
Nell’aprile del 1986, dopo che il governo francese aveva rifiutato l’uso del suo spazio aereo agli aerei militari USA in missione di bombardamento sulla Libia, gli aerei furono costretti a prendere un’altra strada, più lunga. Quando raggiunsero la Libia bombardarono così vicino all’ambasciata francese che l’edificio venne danneggiato e tutti i sistemi di comunicazione messi fuori uso. [10]
E nell’aprile 2003 l’ambasciatore americano a Mosca venne convocato al ministero degli esteri russo a causa del fatto che il quartiere residenziale di Baghdad dove l’ambasciata russa era localizzata era stato bombardato diverse volte dagli Stati Uniti durante la loro invasione dell’Iraq. [11] Giravano voci che Saddam Hussein si stesse nascondendo nell’ambasciata. [12]
Così forse possiamo mettere in conto le affermazioni del Dipartimento di stato sull’inviolabilità delle ambasciate come ancora un altro esempio dell’ipocrisia della politica estera USA. Ma penso che ci sia qualche soddisfazione nel fatto che i funzionari degli esteri americani, per quanto debbano essere moralmente bacati, non siano tutti tanto stupidi da non sapere di nuotare in un mare di ipocrisia. Il Los Angeles Times ha riferito nel 2004 che “funzionari USA hanno detto che il Dipartimento di stato progetta di ritardare la pubblicazione di un rapporto sui diritti umani che doveva uscire oggi, in parte per via delle sensibilità sullo scandalo degli abusi carcerari in Iraq. Un funzionario […] ha detto che la pubblicazione del rapporto, che descrive azioni adottate dal governo USA per incoraggiare il rispetto dei diritti umani da parte di altre nazioni, potrebbe ‘farci apparire ipocriti’.” [13]
E l’anno scorso il Washington Post ci ha informato che Chester Crocker, ex Assistente del Segretario di stato e attuale membro del Comitato consultivo sulla promozione della democrazia del Dipartimento di stato, ha osservato che “dobbiamo essere in grado di fare i conti con l’argomento che gli USA sono incoerenti e ipocriti nella loro promozione della democrazia nel mondo. Questo potrebbe essere vero.” [14]
Come la pornografia, la tortura non richiede una definizione. La riconosci quando la vedi. O la senti.
Con tutta la copertura che i media danno al “waterboarding” e tutte le domande fatte nel Congresso a funzionari del governo sulle loro opinioni al riguardo, immagino che ormai molti pensino che il waterboarding debba essere il peggior tipo di tortura che gli Stati Uniti abbiano praticato e che se il waterboarding in realtà non è tortura, allora il re idiota ha ragione quando dice: “Noi non torturiamo.” È così che nascono i miti, quindi cerchiamo di schiacciare questo qui finché è ancora piccolo.
Ecco in pillole un saggio di alcune delle azioni compiute negli ultimi anni dalle forze militari americane, dai loro dipendenti a contratto e dalla CIA contro detenuti in uno o nell’altro degli edifici del vasto complesso carcerario globale mantenuto dagli Stati Uniti nell’Iraq occupato, nell’Afghanistan occupato, a Cuba occupata, e in varie altre prigioni segrete occupate dalla CIA per il mondo. Potrebbe essere una tortura leggerlo ma questa cosa va detta. Per non dimenticare.
In piedi o in ginocchio o costretti in posizioni contorte e dolorose per molte ore […] ammanettati e con ceppi alle gambe con occhi, orecchie e bocca coperti, esposti a estremi di caldo e freddo […] denudati, portati a spasso con un guinzaglio da cani […] privati del sonno, presi a calci per tenerli svegli per giorni di fila, assoggettati a un bombardamento 24 ore su 24 di luci intense o rumore a tutto volume […] guardie che organizzano gare di detenuti con le gambe incatenate, punendoli violentemente se cadono […] negare antidolorifici e altre medicazioni ai feriti […] deprivazione sensoriale, con esclusione di ogni contatto umano […] stesi nudi su una lastra di ghiaccio […] sangue finto spalmato su maschi musulmani quando stanno per pregare, dicendo loro che è sangue mestruale.
Il generale iracheno “è stato messo a testa avanti in un sacco a pelo, avvolto con cavo elettrico e gettato al suolo prima che i soldati si sedessero e si mettessero in piedi su di lui. È stato determinato che la causa della morte è stata soffocamento.”
Incatenati al soffitto, ammanettati tanto stretti da arrestare il flusso sanguigno […] ammanettati al suolo in posizione fetale per più di 24 ore di seguito, lasciati senza cibo né acqua, e lasciati a defecarsi addosso; un detenuto trovato con un mucchio di capelli accanto; apparentemente se li era letteralmente strappati durante la notte […] avvolgere un prigioniero in una bandiera israeliana […] uso di cani senza museruola che ringhiano per spaventare, e che almeno in un caso hanno morso davvero e ferito gravemente un detenuto […] segni di bruciature sulla loro schiena […] detenuto lasciato in un ospedale iracheno, comatoso, con trauma cranico massiccio, bruciature sulle piante dei piedi causate da elettricità, lividi sulle braccia […] oltre cento detenuti sono morti durante interrogatori…
La morte di due prigionieri in Afghanistan: uno da “traumi da corpo contundente alle estremità inferiori che hanno complicato una malattia coronarica”; un’autopsia ha mostrato che le gambe erano tanto danneggiate che sarebbe stata necessaria l’amputazione; l’altro prigioniero soffriva di un trombo polmonare inasprito da un “trauma da corpo contundente”…
Calci all’inguine e alle gambe, detenuti spinti o sbattuti contro muri e tavoli, introduzione di acqua nella loro bocca finché non riuscivano più a respirare… […] Le sue mani erano state ammanettate dietro la schiena ed era sospeso per i polsi – “Le sue braccia erano estese così malamente che ero sorpreso non saltassero fuori dalle articolazioni.” […] costretti a masturbarsi mentre venivano fotografati e videoregistrati […] sette iracheni nudi ammucchiati uno sull’altro in una piramide […] detenuto picchiato sul petto con tanta violenza da andare quasi in arresto cardiaco […] detenuti maschi costretti ad indossare biancheria intima femminile.
Il rapporto del generale Taguba ha scoperto che fra ottobre e dicembre 2003 ci sono stati numerosi casi di “abusi criminali sadici, palesi e ingiustificati” nel carcere di Abu Ghraib in Iraq, compreso rompere una lightstick per versarne il liquido fosforico sui detenuti, minacce di stupro a detenuti maschi, sodomia di un detenuto con una lightstick e forse con un manico di scopa, stupro di prigionieri di sesso femminile…
Diciotto giorni nudo e solo in una cella, spesso con le mani e i piedi legati, spesso picchiato […] “Mi ha agganciato il braccio con il suo e tenendomi per la nuca mi ha sbattuto la testa contro le porte delle celle” […] Le sue mani e i suoi piedi venivano infilati fra le sbarre di metallo della porta della cella e poi legati insiemi.
Sei settimane dopo la sua liberazione dice di aver perso la voglia di vivere. Si vergogna anche di farsi vedere dai suoi amici e dalla famiglia e non ha visto la sua fidanzata né le ha parlato. Il matrimonio è sospeso. “Prima ero un uomo, ma ora mi hanno tolto la virilità. Da quando mi è successo questo mi considero morto. Sento che la mia vita è finita.”
I prigionieri iracheni sono stati costretti a strisciare attraverso vetri rotti e a indossare assorbenti igienici […] due addetti all’interrogatorio ubriachi hanno tirato fuori dalla sua cella una prigioniera irachena e l’hanno denudata fino alla cintola […] una donna irachena di oltre 70 anni è stata bardata e cavalcata come un asino […] i detenuti venivano spinti a denunciare l’islam, o alimentati forzatamente con maiale o liquori…
Jamadi è morto un’ora dopo il suo arrivo ad Abu Ghraib ai primi di novembre del 2003; era stato picchiato mentre era sotto la custodia della CIA e poi appeso per i polsi, con le braccia incrociate dietro la schiena. Le guardie dell’esercito americano nella prigione poi hanno impacchettato il cadavere nel ghiaccio e hanno posato con il cadavere in fotografie beffarde.
“Ci hanno costretto a camminare come cani sulle mani e sulle ginocchia […] e dovevamo abbaiare come cani, e se non lo facevamo cominciavano a picchiarci forte sul volto e sul petto senza pietà.” […] “Non credi in niente?” chiedeva il soldato. “Gli ho detto, ‘Io credo in Allah.’ Allora ha detto, ‘Ma io credo nella tortura e ti torturerò’.”
Portati fuori e legati a un palo, gli sono state sparate contro pallottole di gomma; li hanno fatti inginocchiare nel sole finché non sono crollati […] “Mi hanno legato le mani con i piedi dietro la schiena. La mano sinistra con il piede destro e la mano destra con il piede sinistro. Ero steso faccia in giù e mi picchiavano così” […] carcerati tenuti in gabbie di filo di ferro con il pavimento di cemento e nessuna protezione dagli elementi.
“In effetti ci hanno detto: ‘Qui non avete diritti’. Dopo un po’ abbiamo smesso di chiedere i diritti umani – volevamo i diritti degli animali” […] croci rasate sul cranio o sui peli corporei […] gli hanno slogato le braccia, lo hanno picchiato sulla gamba con una mazza da baseball, gli hanno schiacciato il naso, e gli hanno messo in bocca una pistola scarica e hanno premuto il grilletto […] Sei prigionieri kuwaitiani hanno detto di essere stati gravemente picchiati, torturati con scosse elettriche e sodomizzati dalle forze USA in Afghanistan…
Il detenuto afgano è stato catturato in Pakistan insieme a un gruppo di altri afgani. La sua connessione con al Qaeda o il valore delle informazioni che possedeva non è mai stato accertato prima della sua morte. “Probabilmente era collegato con persone che erano collegate con al Qaeda,” ha detto un funzionario del governo americano. […] numerosi tentativi di suicidio…
Ed ecco George W. nel 2004: “Il mondo sta meglio senza Saddam Hussein al potere. Il mondo sta meglio perché lui è in una cella carceraria. Perché abbiamo agito, le sale di tortura sono chiuse, le sale per gli stupri non esistono più.” [15]
Brian Whitman, portavoce del Dipartimento della difesa USA, 2005: “Gli Stati Uniti trattano tutti i detenuti in loro custodia con dignità e rispetto.” [16]
Andrebbe notato che la CIA fin dalla sua fondazione ha trattato gli oppositori (reali e presunti) dell’imperialismo americano con rispetto e dignità analoghi. [17] Polizia e carcere all’interno degli Stati Uniti torturano da ancora più tempo. [18]
E ora, per le buone notizie: l’amministrazione Bush, cercando di rafforzare l’appoggio per le sue procedure da corte marziale, ha telegrafato alle ambasciate USA istruzioni secondo le quali non saranno ammesse prove ottenute mediante la tortura. Ma prove ottenute mediante un trattamento considerato “crudele, inumano e degradante” devono essere accettate.[19]
George Bernard Shaw usava tre concetti per descrivere le posizioni degli individui nella Germania nazista: intelligenza, decenza, e nazismo. Sosteneva che se una persona era intelligente, e nazista, non era decente. E se era decente e nazista, non era intelligente. E se era decente e intelligente, non era nazista.
Suggerisco al lettore di fare l’ovvia sostituzione: “sostenitore di Bush” al posto di “nazista”.
Quel mondo oh-tanto-prezioso in cui le parole non hanno significato
Nel dicembre del 1989, due giorni dopo aver bombardato e invaso il popolo indifeso di Panama, uccidendo tot migliaia di persone, il presidente George H.W. Bush dichiarò che il suo cuore “va alle famiglie di coloro che sono morti a Panama”. [20] Quando un giornalista gli chiese: “Valeva veramente la pena di mandare alla morte della gente per questo? Per avere [il leader panamense Manuel] Noriega?”, Bush rispose: “Ogni vita umana è preziosa, eppure devo rispondere: sì, ne è valsa la pena.” [21]
Un anno dopo, preparandosi per il suo successivo crimine contro l’umanità, l’invasione dell’Iraq, Bush Sr. disse: “La gente mi dice: ‘Quante vite? Quante vite puoi sacrificare?’ Ognuna è preziosa.” [22]
Alla fine del 2006, con il figlio di Bush ora presidente, il portavoce della Casa Bianca Scott Stanzel, commentando le morti americane in Iraq che hanno raggiunto quota 3.000, ha detto che Bush “crede che ogni vita è preziosa e si addolora per ciascuna di quelle che va perduta.” [23]
Nel febbraio 2008, con i morti americani che stanno per raggiungere i 4.000, e le morti irachene a un milione o più, George W. Bush ha affermato: “Quando eleviamo i nostri cuori a Dio, siamo tutti uguali ai suoi occhi. Siamo tutti ugualmente preziosi. […] Nella preghiera cresciamo in pietà e compassione. […] Quando rispondiamo alla chiamata di Dio di amare un prossimo come noi stessi, entriamo in un’amicizia più profonda con il nostro simile.” [24]
Ispirati da così nobili – oserei dire preziosi – discorsi dei nostri leader, alla macchina militare americana piace assumere guerrieri di idee simili. Ecco Erik Prince, fondatore del contractor militare Blackwater, i cui dipendenti in Iraq uccidono la gente come altri schiacciano una zanzara, in una testimonianza di fronte al Congresso: “Ogni vita, americana o irachena, è preziosa.” [25]
William Blum (The Anti-Empire Report n°55)
Fonte: http://www.killinghope.org
Link: http://members.aol.com/bblum6/aer55.htm
3.03.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUCA TOMBOLESI
NOTE
[1] Central Intelligence Agency, “The Perfect Storm: Planning for Negative Consequences of Invading Iraq”, 13 agosto 2002.
[2] Nell’agosto del 2002 il vice primo ministro iracheno Tariq Aziz disse a Dan Rather: “Non possediamo alcuna arma nucleare o biologica o chimica.”(CBS Evening News, 20 agosto 2002) In dicembre affermò a Ted Koppel: “Il fatto è che non abbiamo armi di distruzione di massa. Non abbiamo armamenti chimici, biologici o nucleari.” (ABC Nightline, 4 dicembre 2002).
Il generale Hussein Kamel, ex capo del programma armi segrete iracheno, e genero di Saddam Hussein, disse all’ONU nel 1995 che l’Iraq aveva distrutto le armi chimiche e biologiche e i missili proibiti subito dopo la guerra del Golfo. (Washington Post, 1 marzo 2003, pagina 15).
[3] Washington Post, 11 luglio 2004.
[4] Comunicato stampa del Dipartimento di stato, 24 febbraio 2001.
[5] Washington Post, 22 febbraio 2008.
[6] Associated Press, 21 febbraio 2008.
[7] The Observer, 17 ottobre e 28 novembre 199.
[8] New York Times, 25 giugno 1999.
[9] vedi nota 7.
[10] Associated Press, 15 aprile 1986, “France Confirms It Denied U.S. Jets Air Space, Says Embassy Damaged”.
[11] Agenzia stampa Interfax (Mosca), 2 aprile 2003.
[12] CBS News, 9 aprile 2003.
[13] Los Angeles Times, 5 maggio 2004.
[14] Washington Post, 17 aprile 2007, p. 2.
[15] Comunicato stampa della Casa Bianca, 3 maggio 2004.
[16] Associated Press, 10 febbraio 2005.
[17] Vedi i manuali pubblicati dalla CIA dagli anni ’50 agli anni ’80 su quello che chiamavano “interrogatorio”.
[18] Vedi William Blum, Rogue State [ed. italiana Con la scusa della libertà, marco Tropea editore], capitoli 4, 5 e 27 per esempi e fonti su quanto sopra.
[19] Washington Post, 13 febbraio 2008, p. 3.
[20] New York Times, 22 dicembre 1989, p. 17.
[21] Ibid., p. 16.
[22] Los Angeles Times, 1 dicembre 1990, p. 1.
[23] Washington Post, 1 gennaio 2007, p. 1.
[24] National Prayer Breakfast, Washington, DC, 7 febbraio 2008.
[25] Testimonianza di fronte alla House Committee on Oversight and Government Reform, 2 ottobre 2007.