Di Ibrahim Dawi, thecradle.co
La portata dell’aggressione israeliana non conosce limiti, non risparmia né persone né pietre. La furia dello Stato di occupazione si estende in tutto il Libano storico, da Baalbek, a est, a Tiro (Sour) sud, sradicando intenzionalmente innumerevoli tesori archeologici e culturali.
Il patrimonio culturale del Libano è antico e profondamente radicato nella ricca storia del Levante, che il nemico cerca di rimuovere – di cancellare i ricordi, la storia e l’identità nazionale. Cosi’ come la guerra culturale dell’ISIS in Iraq e Siria, questo assalto alle antichità non è certo una novità; durante l’invasione del 1982, le forze israeliane saccheggiarono numerosi manufatti dalla Bekaa occidentale e dal sud, molti dei quali finirono a Tel Aviv.
Cancellazione dei siti del patrimonio di Nabatieh
A Nabatieh, il patrimonio edilizio e le case hanno subito bombardamenti incessanti a partire dagli anni ’70, attraverso l’aggressione del 1978 e poi durante l’invasione israeliana del 1982 ed i 18 anni di occupazione del Libano.
La Casa Shaheen, costruita nel 1928, dove sono cresciuti i due parlamentari libanesi Ghaleb e Fahmi Shaheen, ormai defunti, è stata distrutta poco prima dei suoi cento anni. La casa è stata restaurata nel 2013, solo per vedere oggi i suoi bellissimi archi e le sue piastrelle rosse rasi al suolo sotto le bombe.
I predoni israeliani hanno poi distrutto un’altra casa Shaheen, quella dell’ex ministro Dr Rafik Shaheen, costruita da suo padre nel 1920.
Questi pilastri centenari che un tempo ospitavano gli abitanti ed i ricordi delle comunità sociali e politiche di Nabatieh negli anni ’60 e ’70, giacciono ora in rovina – cancellati insieme alle tante storie che avevano custodito.
Gli israeliani hanno recentemente preso di mira e danneggiato la casa tradizionale di Qasim Zaher – un tempo sede del Consiglio Culturale del Libano del Sud e faro per le figure intellettuali, culturali e politiche che si sono riunite lì per innumerevoli eventi e salotti durante un quarto di secolo. La residenza era in fase di restauro da parte di suo nipote Kamel Zaher, quando il nemico ha colpito.
Anche la casa natale del parlamentare ed ex ministro Muhammad Bey al-Fadl, un raro gioiello architettonico libanese degli anni ’30, fu devastata.
Un fulcro della vita culturale di Nabatieh negli anni ’30, l’edificio Al-Sabah nel centro della città è stato anch’esso inserito nella lista del patrimonio distrutto. Esso ospitava la Biblioteca del Sacerdote, lo Studio Fotografico Ayoub ed i registri dei movimenti politici e delle proteste contro il mandato francese nel 1943: tutto ridotto in polvere. L’attacco ha colpito anche la vicina tomba di Hassan Kamel Al-Sabah, un ingegnere elettronico e inventore libanese di fama mondiale, originario di Nabatieh.
L’esercito di occupazione ha ridotto in cenere molte altre costruzioni: la casa di Habib Musa al-Radi, risalente agli anni ’40; nelle vie principali, la casa della famiglia Khreizat e le case dello Sceicco Abdul Rasul Assi e dello scrittore Sceicco Hassan Sadiq, dove si svolgevano le commemorazioni dell’Ashoura, rendendoli luoghi sociali fondamentali per la comunità sciita.
Niente è sacro
Come a Gaza, i luoghi di culto non sono stati risparmiati. Sono state distrutte moschee risalenti a secoli fa, tra cui la storica moschea Al-Bayad, la moschea Nabatieh al-Fawqa e la moschea del XIX secolo nel quartiere di Saraya.
Per quanto riguarda l’importanza della distruzione scatenata a Nabatieh, il ricercatore Ali Mazraani dice a The Cradle:
“Il centro commerciale di Nabatieh non è un blocco di cemento o di pietre che possiamo ricostruire da capo. È l’ancora di salvezza di Nabatieh ed il suo cuore pulsante. È qui che iniziano le giornate della gente comune: braccianti, fruttivendoli, tassisti, macellai, commercianti e tutto ciò che accade lì.”
.
Il primo e più grande attacco israeliano ha riguardato il centro commerciale di Nabatieh, che unisce le econonie sociali e residenziali della città, come l’edificio della fine del XIX secolo che un tempo era un piccolo hotel chiamato ‘Lokanda, Fiore del Sud’, caratterizzato da archi in pietra a forma di croce.
Il direttore dell’ufficio del Ministero del Turismo di Nabatieh, Zaher Shaitani, afferma:
“Il turismo è scomparso e non sarà facile ricostruire le infrastrutture che sono state distrutte nella regione, il che influenzerà sicuramente il dopoguerra”.
Secondo la Convenzione dell’Aja del 1954, “qualsiasi danno ai beni culturali, indipendentemente dal popolo a cui appartengono, è un danno al patrimonio culturale di tutta l’umanità, perché ogni popolo contribuisce alla cultura del mondo”.
Questo principio è nato dalla devastazione perpetrata durante la Seconda Guerra Mondiale, ma oggi la guerra di Israele contro Gaza e Libano – a parte la furia dell’ISIS dello scorso decennio – rappresenta forse, da quel tempo, la più vasta violazione del patrimonio culturale che prende di mira terre che sono state a lungo la culla di antiche civiltà.
Il dottor Hussein Fayyad, professore di geografia urbana, offre un po’ di conforto in mezzo a tanta disperazione:
“Il processo di ricostruzione di queste case, così come dei mercati e degli antichi luoghi religiosi, è fattibile, ma a condizione che vengano ricostruiti nello stesso stile architettonico antico e utilizzando gli stessi materiali o usando dei materiali simili a quelli con cui sono stati costruiti. In questo modo, una parte dell’antico patrimonio della città di Nabatieh può essere salvata e preservata”.
Tiro: Un sito del Patrimonio Mondiale in pericolo
La città meridionale di Tiro è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità nel 1984, il che implica che la sua salvaguardia dagli attacchi è obbligatoria, in quanto questi siti sono delimitati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) come territorio protetto. Tuttavia, le incursioni israeliane hanno cancellato intere porzioni del passato decadente di Tiro, in particolare nella Città Vecchia, che risale al XVIII secolo.
Le antichità fenicie, tra le reliquie più significative della storia umana, corrono rischi e pericoli continui a causa dei ripetuti bombardamenti dei jet da combattimento nemici.
L’addetto ai media dell’Unità di Gestione dei Disastri dell’Unione dei Comuni di Tiro, Bilal Kashmir, racconta a The Cradle:
“Attraverso questi raid, l’occupazione ha voluto eliminare la cultura, il patrimonio e il turismo, bombardando il più grande edificio di Tiro, la Torre Awda, e distruggendo negozi, appartamenti residenziali, hotel e ristoranti sul lungomare, che prima della guerra era ricco di eventi, celebrazioni culturali e artistiche”.
Nel frattempo, nel villaggio libanese meridionale di Muhaibib, situato a est di Marjayoun, l’esercito israeliano ha piazzato degli esplosivi nei quartieri residenziali, annientando la loro intera storia.
Il villaggio ospitava l’antico santuario del Profeta Beniamino (figlio del Profeta Giacobbe e fratello del Profeta Giuseppe), risalente a 2.000 anni fa. Nel 1948, gli israeliani non solo ridussero in cenere questo luogo, che un tempo era venerato al di là dei confini, ma rubarono anche molti dei suoi manufatti.
A Mais al-Jabal, la situazione non è molto diversa, come ha confermato il sindaco Abdel Moneim Choucair, osservando che le forze di occupazione hanno fatto saltare in aria le moschee più antiche, oltre ai quartieri storici.
Un dovere di protezione e conservazione
Inoltre, sono state colpite anche la Moschea di Tirdaba, la Moschea di Kafr Tibnit, la Chiesa di Dardaghia, la Chiesa di Yaron, il Monastero di Mimas e la Moschea di Blida (una moschea la cui costruzione risale a più di 1.000 anni fa) – tutti monumenti religiosi antichissimi riconosciuti ufficialmente come patrimonio nazionale . Il castello crociato di Tebnine, situato nella parte orientale di Tiro, è stato bombardato direttamente dall’esercito israeliano.
Più recentemente, il 15 novembre, dopo aver invaso il villaggio meridionale di Shamaa, le forze di occupazione hanno preso di mira direttamente il Santuario di Shimon (il profeta Shamoun al-Safa) – noto anche come Santuario di San Pietro – con degli esplosivi. Si tratta di un sito caro sia agli sciiti che ai cristiani: questi ultimi credono che il Santo sia sepolto lì, mentre i primi hanno costruito vari siti per onorare l’Imam Mahdi.
Il santuario in questione era una tappa fondamentale per il turismo religioso: il lignaggio del Profeta Shamoun al-Safa risale al Profeta Suleiman bin David; era un discepolo, figlio di Hammun, e sua madre era sorella del Profeta Imran, il padre della Vergine Maria.
Un documento inciso su una delle pietre del minareto in stile ottomano del santuario, indica che fu costruito nel 490 AH, cioè prima dell’arrivo dei Franchi, che costruirono il castello con vista sul Mare di Tiro e sulla Palestina settentrionale.
Questo spettacolo si trova all’interno delle mura del centro storico, che era stato, per circa 22 anni, trasformato in un quartier generale militare dell’esercito israeliano, prima della liberazione del Paese da parte di Hezbollah nel 2000. Prima che gli israeliani ed i loro collaborazionisti locali fuggissero, tuttavia, si assicurarono di distruggere il santuario e la cittadella storica. Nella guerra israeliana del luglio 2006 contro il Libano, ampie sezioni del castello furono nuovamente distrutte dagli aggressori.
Oltre 100 rappresentanti libanesi hanno inviato appelli urgenti all’UNESCO, chiedendo di preservare questi siti storici da ulteriori vandalismi, assalti e bombardamenti israeliani.
In un barlume di speranza, il Ministro della Cultura libanese, Wissam al-Murtada, ha annunciato che l’UNESCO ha deciso di garantire una maggiore protezione a 34 siti archeologici libanesi.
Sebbene questo passo segni un piccolo cambiamento, non può certo invertire il disastro già provocato alla ricca storia e al patrimonio antico del Libano.
Se la devastazione dei tesori culturali del Libano è davvero un attacco all’eredità condivisa dell’umanità, diventa nostro dovere collettivo combattere e resistere a questa distruzione e lavorare per salvare ciò che ne rimane.
Di Ibrahim Dawi, thecradle.co
21.11.2024
Ibrahim Dawi è un giornalista libanese che ha lavorato come conduttore di notiziari e reporter sul campo.
Fonte: https://thecradle.co/authors/ibrahim-dawi