DI MEDO
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Per l’Artico, che si tratti dei ghiacci marini o di quelli che giacciono su Groenlandia o altre terre artiche, la situazione pare ormai compromessa, o almeno pare sarà totale lo scioglimento nel ciclo negativo iniziato circa 70 anni fa : niente più ghiacci marini d’estate già entro il decennio, poi forse più niente tutto l’anno ed entro fine-secolo e solo qualche sparuto ghiacciaio rimanente tra un secolo in Groenlandia.
E’ del 13 settembre il minimo del 2017 per l’estensione del ghiaccio marino artico, al valore di 4,64 mln km², il dato è l’ottavo peggiore degli ultimi 38 anni (da quando esiste il sistema integrato di rilevazioni satellitari). Siamo a poco meno di 2 milioni di km² sotto la media totale, “meglio” rispetto al 2012 e 2016, due anni orribili per l’Artico, quando addirittura vi furono alcune tempeste di tipo tropicale a poche centinaia di kilometri dal Polo Nord. Ma vedremo nei paragrafi seguenti che c’è poco da rallegrarsi di questa apparente pausa fresca.
Pare che l’estensione a livelli pre-2016 sia notizia lievemente positiva, proprio perchè il 2017 era iniziato piuttosto male, segnando il record negativo dell’estensione massima, il 7 marzo 2017, a “soli” 14,42 milioni di km²; gli ultimi rilievi, e tutti i precedenti, sono a questa pagina del NSDIC.
L’inverno 2016/2017 è stato infatti catastrofico e soprattutto dal punto di vista della media delle temperature artiche, con valore medio invernale di 3°C superiore alla media degli ultimi 40 anni; va aggiunto che in alcune aeree a Nord-Est delle Isole Svalbard e fino all’arcipelago russo della Severnaja Zemlja, per un’area di mare di oltre 600mila km², la media invernale delle temperature (misurate sulla superficie marina) era stata perfino di 8°C più elevata, con addirittura assenza quasi totale della banchisa attorno alle coste meridionali dell’Isola della Rivoluzione d’Ottobre che si affaccia sul freddissimo Mare di Kara da un lato, appunto quello meridionale, e dall’altro su quello di Laptev, quest’ultimo tuttora non navigabile per nove mesi all’anno a causa di ghiaccio marino persistente o pericolo di iceberg.
Quest’anno ad inquietare di più non è l’estensione (che è tutto sommato stabile nel suo trend comunque negativo), ma la qualità di questo ghiaccio marino. Per gli studiosi entriamo nell’era del “thin ice”, del ghiaccio sottile. Il fenomeno in atto è un assottigliamento progressivo ed irreversibile del ghiaccio marino, il passo quindi successivo, oltre che logico…, alla riduzione decennale della sua estensione.
Questo meccanismo non farà che accelerarne la riduzione ulteriore, ed accelerare il riscaldamento della superficie dell’Oceano Artico, che sarà anche sempre meno bianco, meno riflettente e più assorbente rispetto all’irraggiamento diurno. Secondo Julienne Stroeve, ricercatrice di vecchia data al National Snow and Ice Data Center (NSIDC), che ha percorso per mesi l’Artico, quest’anno non è stato particolarmente caldo ma troppo tempestoso, ed il danno sembra comunque massiccio per la qualità dei ghiacci restanti. L’inverno 2017/2018 inizia di conseguenza con ghiacci permanenti più sottili, più frastagliati, meno coesi. Ed anche facesse più freddo, sia in atmosfera sia sott’acqua, i ghiacci restanti della stagione precedente sono decisamente più esposti allo scioglimento ulteriore, all’assottigliamento ed alla riduzione complessiva; possiamo ragionevolmente aspettarci una situazione tragica da qui ad un anno, con un estensione minima nel settembre 2018 inferiore ai 4,5 milioni di km². Julienne Stroeve conclude nel suo articolo sul “thin ice” (link sopra) con questa dichiarazione : “Non potremo [mai più] tornare nemmeno alle condizioni degli anni ’80 e ’90, questo perchè oramai lo spessore del ghiaccio marino è sceso al punto di non-ritorno”.
Passiamo alla consueta “ancora di salvezza” artica, ovvero alla situazione del ghiaccio non-marino, veniamo quindi alla situazione della Groenlandia, tra banchise solidamente ancorate a terra e vasti ghiacciai. Quest’anno il sistema di ghiacci e nevi perenni della Groenlandia ha avuto uno scioglimento massiccio ed inaspettato, soprattutto durante i mesi di agosto e settembre, con un picco massimo di scioglimento oltre ogni record verso la fine di luglio, ed una anomalia ancora in fase di studio in settembre.
Per quest’ultima pare addirittura che gli uragani Irma e José abbiano avuto una certa influenza nel picco storico di scioglimento del 15 settembre…
In pochi giorni infatti quasi il 20% dei ghiacci della Groenlandia si è ritrovato in fase di fusione, forse a causa di venti da moderati a forti da sud che hanno fatto risalire una zona di alta pressione ed aria tiepida. Una “zona tiepida” che prima di Irma e José stazionava nel medio Nord Atlantico ed invece di continuare la sua rotta verso Irlanda e Scozia, è “tornata indietro” proprio a causa delle rotazioni anti-orarie di Irma e José, umidificandosi e portando addirittura piogge intense su versanti ghiacciati della costa meridionale ed orientale della Groenlandia (foto satellitare a lato, da cui si nota un corridoio di nubi risucchiato tra Canada e Groenlandia).
Quindi?
Come finirà?
Quali conseguenze della situazione artica attuale per il clima dell’emisfero settentrionale? Quali per il clima europeo a medio termine? Quali eventi meteorologici aspettarci a breve termine?
Di alcuni trend si parla da molto, ma gli ultimi dati sull’Artico di cui parlo sopra, se non aggiungono nuovi scenari piuttosto rassicurano ben poco sugli attuali. Si rinfozeranno alcune tendenze negative per il vivere umano, prima vittima fra tutti sarà l’agricoltura. Non dimentichiamo tuttavia quei “poveri cristi” degli animali che tuttora abitano nell’Artico o attorno ad esso, sono tuttora dichiarate minacciate di estinzione sempre più specie delle solo 50 che vivono aldilà del Circolo Polare Artico.
Termino con alcune osservazioni e probabili conseguenze :
– vi sarà un ulteriore rilascio di metano artico, causato da scioglimento del permafrost (metano sia intrappolato nei suoli costieri artici, fin nelle tundre più meridionali), sia il metano imprigionato sui fondali marini, con altro riscaldamento dovuto al rapido effetto-serra del metano atmosferico, la cui concentrazione media è aumentata del 30% solamente nel ventesimo secolo e si attesta oggi al valore di 1850 parti per miliardo, ovvero una concentrazione record sugli ultimi 350 000 anni*, allora la temperatura globale terrestre pare fosse di almeno 2° C superiore rispetto ad ora… e ci stiamo arrivando in modo rapidissimo [*fonte : Archer, D. (July 2007), “Methane hydrate stability and anthropogenic climate change”, Biogeosciences];
– spostamento duraturo di latitudine (più a sud, nell’area nord-est atlantica, più a nord sul continente americano, dove si registra da tempo uno spostamento medio di 2 km annui verso nord) della corrente a getto del fronte polare, (Jet Stream) con rottura degli equilibri baroclinici e probabile accelerazione della velocità della corrente stessa, con conseguente aumento di intensità delle tempeste atlantiche e aumento delle probabilità delle situazioni di blocco in mare aperto per l’anti-ciclone delle Azzorre e conseguente prevalenza dell’anti-ciclone ad esempio scandinavo, che non porta tanto freschezza ma certamente siccità;
– perturbazione nella circolazione oceanica profonda nel nord atlantico, con ulteriore scioglimento delle lingue di ghiacciaio che vi si affacciano, ulteriore rilascio di metano a ridosso delle coste di Groenlandia e Canada “artico”;
– aumento della temperatura atmosferica in tutto l’emisfero nord, in particolare nelle zone aldilà del Circolo Polare Artico, con particolare aumento nel Mare di Laptev, Mare di Kara, Mare di Barents;
– aumento in durata ed intensità degli eventi di tipo “ondata di calore”, nei paesi del Mediterraneo e dei Balcani.
Medo di http://petrolitico.blogspot.com
Fonte: www.comedonchisciotte.org
04.10.2017