Aria nuova dall’Africa: l’arte africana contemporanea

Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org

Con questo breve scritto, che potremmo definire l’introduzione ad altri che verranno dopo, cercheremo di chiarire in modo molto sintetico quel che rappresenta al momento e ciò che potrebbe rappresentare nel futuro prossimo l’arte africana contemporanea.

Per fare il punto su di un argomento del genere, di cui si sa poco e male, bisogna innanzitutto, a nostro parere, definire in breve l’oggetto della nostra attenzione evidenziando alcuni dati.
Parliamo di un territorio diviso in 54 stati, con un’estensione di oltre 30 milioni di km quadrati, nel quale si parlano 2000 lingue e che è abitato da 3000 etnie.

Inoltre se intendiamo porre basi adeguate per poter trattare il fenomeno Africa, dobbiamo tenere in grande considerazione vicende storiche come il colonialismo e la diaspora, che poi sono l’una il motivo generante dell’altra.
In virtù dei dati sopra elencati, e tenendo conto delle distanze fisiche e culturali all’interno della stessa area geografica, sarebbe più corretto parlare delle Afriche invece che dell’Africa.

Stabiliti questi pochi punti che fanno da premessa a ciò che segue, partiamo dal momento in cui il nostro sguardo e il nostro pensiero si sono incontrati con l’arte del continente nero, e cioè, da quando ci siamo interessati alle avanguardie artistiche del primo novecento.

Aria nuova dall’Africa: l’arte africana contemporanea
Njideka Akunyili Crosby

Sicuramente, molti artisti avevano già scoperto nei primi anni del secolo scorso la forza dirompente dell’arte primitiva prodotta a sud del mediterraneo. Tale arte, che esprimeva una congenita forza allo stato puro, era il trampolino di lancio ideale per poter dare il via alla continua sperimentazione dei linguaggi a cui si sentivano votati in particolar modo artisti come Picasso, Matisse, Braque, Brancusi ecc.

La forza propulsiva dell’ispirazione di matrice africana, si traduceva addirittura in movimenti che hanno fatto la storia dell’arte dell’occidente; e ci riferiamo in particolar modo al fauvismo e al cubismo. Nella realtà, proprio in questi eventi sarebbe ravvisabile, a proposito di colonialismo, una forma di depredazione; la cultura occidentale che si ritiene da sempre superiore a tutte le altre, al fine di rinnovarsi non disdegnava di attingere idee da ciò che proveniva dal continente nero.

I suddetti artisti però, non avrebbero mai immaginato che l’estetica da cui presero spunto per le loro opere, dando il via ad una vera e propria epopea della rivoluzione nelle arti visive, più di un secolo dopo, sarebbe stata promossa da semplice serbatoio di ispirazione già bella e pronta per gli artisti occidentali, in un vero e proprio movimento planetario che cammina sulle proprie gambe ed in grado di concorrere con l’arte occidentale per stili e contenuti.

Aria nuova dall’Africa: l’arte africana contemporanea
Njideka Akunyili Crosby

 

I riti e i miti dell’arte africana erano un vero e proprio balsamo rivitalizzante per l’arte del nostro primo novecento che con l’impressionismo decretava il tramonto della figurazione così come fu intesa nei secoli precedenti. Già all’epoca del loro incontro, l’arte africana e quella occidentale presentavano delle differenze sostanziali: da un lato abbiamo un’arte espressa attraverso la fabbricazione di manufatti destinati a riti propiziatori e religiosi in genere, mentre dall’altro c’era e c’è un’estetica pensata per raccontare la nostra storia in termini spirituali, ma destinata soprattutto a diventare oggetto di commercio.

In presenza dei prodromi dell’imminente mercificazione che da lì a una manciata di anni avrebbe trasformato la vita dell’uomo in una corsa dissennata al consumo, il mito del buon selvaggio, scorto dall’occidente nell’arte africana, venne preventivamente adottato come salvifica alternativa. L’arte africana aveva infuso nell’animo degli artisti del tempo, quel desiderio di spiritualità che essi, con largo anticipo sui tempi, vedevano dissolversi per lasciare sempre di più il posto ad un gretto e alienante materialismo.

La vicenda artistica africana, per tutto il ventesimo secolo, si è riflessa in modo più o meno palese, nelle opere di moltissimi artisti di tutto il mondo ( il caso di Basquiat ad esempio è macroscopico).

Ma, come è oramai prassi consolidata nell’arte planetaria, ciò che sancisce il vero e proprio successo di qualsiasi artista, movimento o espressione d’arte, è il favore che gli accorda il mercato. Ed è questo dato di fatto ad attirare in modo particolare la nostra attenzione. C’è una domanda che si pone con forza a qualsivoglia persona sia avvezza ad un minimo di analisi degli eventi che riguardano il mondo contemporaneo e l’arte che esprime: l’occidente vede nell’arte africana l’occasione di una possibile catarsi o semplicemente un modo per rinvigorire un mercato che potrebbe presentare segni di stanchezza da un momento all’altro?

A questa domanda ci riserviamo la possibilità di rispondere nel tempo, con approfondimenti che richiedono lavoro e sforzo cognitivo.

Sicuramente allo stato attuale scorgiamo alcuni indizi di facile lettura che ci portano ad avanzare timide ipotesi sul perché l’arte africana possa essere in cima ai desideri di istituzioni museali pubbliche di tutto il mondo e soprattutto di ricchi collezionisti di New York, di Londra o di Milano, ecc…

Cheri Samba: The Game-Changer of African Art - MoMAA | Affordable ...
Cheri Samba
Chéri Samba dans la collection Jean Pigozzi. : Cheri Samba Kinshasa ville d'ambiance, 1994 Acrylique sur toile 122 x 147 cm
Cheri Samba

Una di queste potenziali motivazioni potrebbe essere la difformità con cui si presenta l’arte contemporanea del continenete nero nei confronti di quella occidentale. Essa rappresenta con estrema evidenza un momento di rottura con i linguaggi da tempo omologati su paradigmi globalizzati dell’arte nostrana, indicando tra i moventi dell’atto creativo la centralità della poetica del racconto. E’ evidente anche ai non addetti ai lavori che le tematiche e gli stili dell’arte del nostro emisfero, nella sua generalità ( ci sono naturalmente molte eccezioni) hanno smarrito il legame con le culture di origine e hanno assunto a mo’ di veicolo del senso un linguaggio standard che è comprensibile ad ogni latitudine e nello stesso tempo da nessuna parte.

Aria nuova dall’Africa: l’arte africana contemporanea
Cheri Samba

Se l’arte è anche lo specchio della storia e della cultura della società in cui viene prodotta, bisogna dire che nell’arte contemporanea africana tale sunto corrisponde al vero mentre in quella occidentale non più.

Ma veniamo al fattore che più di ogni altro, a nostro avviso avrebbe determinato in modo significativo il balzo in alto nella scala del gradimento mondiale dell’arte contemporanea africana, e cioè il mercato.

E’ nostra convinzione che il movimento di tale arte, sia vista dagli officianti della religione economica internazionale chiamata “finanza”, come l’ultimo lubrificante in grado di mantenere il motore del mercato internazionale al suo massimo regime di giri.

Un mercato che al momento dispone di enormi riserve di denaro; riserve che potrebbero però restare inattive e quindi infruttuose, se la tanto temuta bonaccia dell’arte occidentale dovesse prendere forma. La ripetitività di temi e stili perpetrati all’infinito è certamente un viatico a scenari futuri che dovrebbero ( purtroppo ) collimare con le nostre previsioni. L’arte che ha il suo fulcro negli USA, si distingue ormai solo per i record di vendita e per i riti che riguardano più il glamour che lo sforzo dell’artista nel perseguire l’espressione della sua sensibilità.

Aria nuova dall’Africa: l’arte africana contemporanea
Julie Meheretu

 

C’è in conseguenza di questi fattori un incipiente disamore di pubblico e collezionisti che è possibile al momento percepire solo nell’aria ma che probabilmente a breve deflagrerà in tutta la sua virulenza nelle aste di Christie’s e di Sotheby’s. E quindi, quale merce migliore di un’arte “altra” che da semplice outsider quale è stata all’inizio del secolo scorso si presenta attualmente con la freschezza del pane appena sfornato a fronte di quello stantio di casa nostra?

Quale occasione migliore per immettere nel commercio mondiale un bene che con il dovuto marketing sarebbe in grado di muovere capitali enormi per i prossimi decenni?

Se questa nostra analisi corrisponde al vero, cosa di cui siamo convinti, ecco allora svelarsi in tutta la sua evidenza il motivo di questa corsa alla valorizzazione dell’arte africana.

Certamente, assistere ad una “abilitazione “ della stessa e ad una sua equiparazione a quella occidentale sarebbe un toccasana per la salute del movimento dell’arte in generale, ma senza voler fare i catastrofisti, intravediamo la sciagura dietro l’angolo.

Il rovescio della medaglia, potrebbe essere rappresentato dagli aggiustamenti che tutto il movimento dell’arte africana dovrebbe mettere in atto per entrare in via definitiva nel grande mercato internazionale.
Questo naturalmente avverrebbe come è già pratica corrente in occidente, valorizzando il brand rispetto all’artista e portando contemporaneamente le quotazioni di quest’ultimo fuori dal “contesto civile”.

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L’artista e la sua opera perderebbero la centralità divenendo comprimari del sistema. Un meccanismo che si presenta come un ingranaggio dal quale le poetiche e le istanze creative ne escono a pezzi pur di generare profitto.
Insomma, il dazio da pagare per l’arte africana, al fine di entrare nell’élite mondiale sarebbe la corruzione della sua prassi creativa e l’oblio delle sue origini.

Alla fine, si verificherebbe il paradosso tanto presente nella contemporaneità, e cioè, il fatto che un fenomeno che arriva al successo, presenta nel suo stesso fiorire il germe del suo declino.

Le quotazioni di El Anatsui e Marlene Dumas, per fare due esempi, sono al contempo motivo di soddisfazione ma anche un campanello d’allarme. In conclusione, temiamo che il movimento africano possa divenire un grande business solo perdendo la sua identità.

Naturalmente, essere smentiti farebbe la nostra felicità.

Di Claudio Vitagliano per ComeDonChisciotte.org

15.08.2024

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