Il 4 ottobre scorso è iniziato il processo per i fatti dello sgombero del porto di Trieste per sedici manifestanti No GreenPass accusati di non essere stati entusiasti di quelle manganellate sulla folla inerme. La repressione (non chiamiamola giustizia) ha la mano lunga.
Era l’autunno caldo triestino del 2021 e la città era in rivolta contro l’ennesimo abuso di un governo criminale. Cortei settimanali, con la partecipazione di oltre 25 mila persone, riempivano le strade per esprimere la loro opposizione alla gestione pandemica e al green pass. Come ben ricordiamo, tutto culminò nella manifestazione davanti al varco del porto franco internazionale di Trieste in sostegno dello sciopero indetto dal Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste. Lì, la mattina del 18 ottobre, Guardia di Finanza e Carabinieri in antisommossa (ovvero polizia militare) entrarono nel porto franco di Trieste, violandone l’extraterritorialità e smilitarizzazione stabilita dal Trattato di Pace di Parigi. Le immagini della repressione violenta che segui fecero il giro di tutta Italia.
Alcune delle imputazioni più gravi, come “l’istigazione a delinquere”, richieste per coloro identificati come organizzatori della protesta, sono state archiviate. Le accuse rimanenti sono individuali e riguardano principalmente oggetti lanciati, insulti urlati agli agenti o reazioni “di pancia” alle manganellate. Dei 16 imputati, alcuni avrebbero già scelto la messa alla prova (cioè la possibilità di estinguere il reato con lavori socialmente utili) o il rito abbreviato. Cinque imputati, tra cui il consigliere comunale Ugo Rossi e Tito Detoni, militante comunista e esponente del Coordinamento No Green Pass che organizzò molte di quelle proteste, hanno invece deciso di procedere con un processo completo.
La vera svolta del processo potrebbe arrivare dalla difesa dell’avvocato Pierumberto Starace, che rappresenterà quattro dei cinque imputati. Starace intende contestare innanzitutto l’intervento delle Forze dell’Ordine all’interno del porto, territorio internazionale e demilitarizzato secondo l’Allegato VIII del Trattato di Pace di Parigi (tema già trattato nel mio articolo “Territorio Libero di Trieste: Il Segreto che fa Tremare Washington“).
Secondo Starace, “su l’extraterritorialità del porto di Trieste non ci sono dubbi: oltre a essere stabilita dal Trattato di Pace di Parigi, è citata anche nel Testo Unico delle Leggi Doganali, nella legge sul riordino del porto e in molti altri atti giuridici dello Stato italiano”. Il jolly della difesa consisterà nell’appellarsi al Trattato di Pace di Parigi e alla risoluzione n.16 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 1947 che creo il Territorio Libero di Trieste e conferi al porto lo status di franco e internazionale in cui l’ingresso della polizia di stato è illegale in virtù del fatto che in esso non vige la sovranità dello stato italiano. Eppure, ciò è accaduto sotto gli occhi di tutti il 18 ottobre del 2021.

Presidio in solidarietà ai processati svoltosi davanti al tribunale
Starace ha ragione nel dire che, quando fa comodo, anche il potere reggente riconosce lo status giuridico eccezionale del porto di Trieste. Numerose multinazionali e grandi aziende nel porto e nella zona industriale hanno infatti ottenuto benefici fiscali e tributari sulla base dei punti franchi stabiliti dallo stesso allegato VIII. Recentemente un caso eclatante è stato quello della MSC, la più grande compagnia di gestione di linee cargo al mondo, che, per stabilirsi a Trieste, ha richiesto e ottenuto benefici garantiti dal Trattato di Pace. Richiesta che è stata ovviamente calorosamente accolta da tutta la classe politica, compreso il Presidente della Regione FVG, Massimiliano Fedriga. Ma sorge spontanea una domanda:
com’è possibile l’applicazione del diritto internazionale in modo soggettivo? O in altre parole, com’è possibile che l’allegato VIII valga per le multinazionali, ma non quando si tratta di garantire la smilitarizzazione del porto, violata quel 18 ottobre?
La risposta è semplice, si chiama l’interesse geopolitico di chi comanda (un tema approfondito dal Professore Lorenzo Maria Pacini nel suo articolo “Cosa diavolo sta succedendo a Trieste?“). Tuttavia, sarà interessante vedere come si cercherà di “smontare” la tesi dell’avvocato Starace nel corso di questo sventurato processo.
Il processo è stato rinviato al 24 gennaio, data in cui verrà presentata la difesa. È chiaro che la repressione statale non vede l’ora di fare dei manifestanti sotto processo un esempio, colpendo loro per colpire tutti i cittadini che in quei mesi protestavano contro la tessera del partito di Draghi. Tuttavia, noi continueremo a rivendicare con orgoglio di essere stati dalla parte giusta della barricata in quelle lotte e lanciamo la nostra solidarietà a tutti i colpiti con la speranza che un giorno, al banco degli imputati, siederanno i veri criminali.
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Adam Bark è un militante e attivista che lotta per il Territorio Libero di Trieste. Ha partecipato a più forum politici governativi in Russia e relazionato all’ ONU di Ginevra per il Minority Forum 2023, portando avanti la propria lotta sia localmente che in sede istituzionale.