DI JIM KUNSTLER
clusterfucknation
Anche se la Citicorp sembra ritenuta troppo grossa per fallire, non è molto confortante sapere che le sia stato permesso di affondare i canini nella Mamma Zombi in cui si è trasformato il Tesoro USA, e di succhiare una dose multimiliardaria di fluido d’imbalsamazione, così da continuare ancora per un po’ a fingere di essere una banca. Uso questa metafora alquanto sbilenca per sottolineare che il governo statunitense non è più solvibile degli zombi finanziari che sta mantenendo nella condizione di morti viventi. E così, la buffonesca sequela di salvataggi finanziari (ogni settimana uno nuovo) non è meno ingannevole e truffaldina dell’esponenziale pasticciaccio creditizio che è all’origine del virus della zombificazione bancaria. Piuttosto, ci fa domandare se, alla fine, questa ulteriore creazione di dollari-zombi sormonterà quelli già ammucchiati in precedenza, ormai avviati verso l’oblio da un’insostenibile deflazione debitoria.La mia ipotesi è che, guardando ai classici tempi di reazione, il contraccolpo di una super inflazione ci colpirà in un lasso di tempo tra i sei e i diciotto mesi da adesso. E ne conseguirà, innanzitutto, che non potremo più comprare il combustibile di provenienza estera, inclusi i due terzi che ci occorrono per far marciare WalMart e Disney World. Perciò un bel giorno, durante i primi mesi dell’amministrazione Obama, impareremo che il “cambiamento” non è una serie di semplici scelte di stili di vita, ma il dolorosissimo passaggio tra abitudini comode e familiari e un paesaggio economico nuovo, essenziale e severo.
L’economia creditizia è morta, e il residuo credito defunto goduto da questa economia morta finirà dove finiscono le cose morte. Nata al mondo col nome di “denaro”, ne uscirà alla maniera di una mortifera pestilenza, e per noi sarà impossibile sopravvivere a questa piaga se continueremo a generare altra moneta-zombi slegata da qualsiasi attività produttiva. La politica di tenere in vita ciò che non si può rianimare è, fatta eccezione per la guerra, il peggior inciampo in cui questo paese possa incappare. È lo sperpero di disponibilità già scarse, e potrà soltanto condurre a quel genere di estrema disillusione politica che porta le nazioni alla rovina e al conflitto. Non so fino a che punto il signor Obama si beva il programma adotta-uno-zombi che è in corso – il suo futuro Ministro del Tesoro, Timothy Geithner, sembrerebbe coinvolto nell’affare Citicorp di questa settimana – ma per il Presidente sarebbe saggio tenersi alla larga da qualsiasi cosa i morti viventi di Bush stiano combinando nel loro angolino.
Tutte le attività basate sull’avere qualcosa in cambio di niente sono morte o agonizzanti, in particolare l’acquisto di auto o case a credito, quindi non ci si dovrebbe meravigliare che le prime vittime di vaglia siano il settore immobiliare e l’industria automobilistica. A proposito, notate come si tratta dei due maggiori ingredienti di un’economia basata sul dissennato sviluppo suburbano. Anche per questo è finita. Non ne costruiremo più, e il già fatto perderà sia di valore sia di uso man mano che la dura transizione procederà.
A questo punto la domanda sorge spontanea: in che tipo di economia dovremo vivere, se quella che abbandoniamo è completamente rottamata? Be’, è piuttosto ovvio che dovrà basarsi su attività mirate a tener vivi gli esseri umani all’interno di un sistema ecologico che abbia un futuro. Una volta che si è capito questo, si capirà anche che non c’è motivo di disperarsi, casomai più di un motivo per darsi da fare, in modo da guarire dal morbo della nazione-zombi e cominciare un nuovo capitolo della storia americana – e voglio sperare che il signor Obama si sbrighi col nuovo programma.
Entrando più in dettaglio su questa nuova economia, dovremo di nuovo fabbricare le cose, e farle crescere dalla terra, a livello locale, e scambiare queste cose con un qualche genere di moneta che avremo guadagnato con le nostre attività produttive. Non fate l’errore di pensare che ci siano altre opzioni. L’unica alternativa ci farebbe attraversare un violento sconvolgimento politico-sociale. Gli esempi precedenti della storia mondiale dovrebbero averci insegnato che non si tratta di un’esperienza desiderabile. Se vogliamo evitarla, perciò, dobbiamo tirarci su le maniche e darci da fare con le cose più importanti, e a un livello che sia compatibile con quello che il mondo ha realmente da offrire in questo momento, particolarmente in termini di disponibilità energetiche.
Secondo il mio parere – che so molto discusso – una quota di popolazione statunitense maggiore dell’attuale dovrà essere impiegata nella coltivazione del cibo che consumiamo. Esistono diversi modi per arrivare a questo, alcuni meno sgradevoli di altri, e spero che le tendenze migliori della nostra natura ci guidino su un sentiero di equità e giustizia. La prospettiva di un dollaro svalutato implica, a breve, l’impossibilità di procuraci i combustibili che hanno reso fattibile, nel secolo scorso, un’agricoltura retta dai derivati del petrolio. Quello che ne consegue è talmente inconcepibile che ci siamo rifiutati di pensarci. Ed è ovvio che la questione dell’uso attuale dei terreni, con i relativi problemi di proprietà, preannuncia enormi difficoltà per la riorganizzazione del settore agricolo. Prima affronteremo la faccenda, meglio sarà.
Visto che la baldoria del “globalismo” (in stile Tom Friedman) sta andando a spegnersi – altra conseguenza dei problemi monetari – dobbiamo industriarci di ricominciare a fabbricare le cose all’interno del paese. Non ci sarà possibile fabbricarle nella quantità e qualità, tanto per dire, del 1962. Dovremo procedere con meno pretese, utilizzando molta meno energia che in passato. Ritengo che la maggior parte dell’energia sarà di tipo idroelettrico. È forse troppo tardi – dal punto di vista delle residue risorse finanziarie – per avviare subito una nuova fase di impiantistica nucleare (e c’è un’enormità di argomenti in contrario, da quelli economici a quelli pratici a quelli etici). Ma dovremmo dibatterne pubblicamente, se non altro per sgombrare il tavolo e procedere oltre, sarebbe a dire con il settore delle energie alternative. Ma mi affretto a mettere in guardia il lettore (di nuovo!): anche questo dovremo farlo su scala modesta (no, niente immense “fattorie del vento”), e potremmo restare molto delusi da quello che otterremo in concreto (non aspettatevi di alimentare i WalMart col vento, il sole, le alghe eccetera).
Comunque sia, l’economia “consumistica” è definitivamente alle nostre spalle. Ci aspetta un assetto economico fatto di duro lavoro, nel quale la gente trarrà piacere e gratificazione da cose più tradizionali, soprattutto dalla compagnia di altri esseri umani (il che è una gran cosa, casomai qualcuno di voi avesse dimenticato di che si tratta). Gli investimenti fatti oggi per l'”educazione” – cioè addestrare qualcuno per farlo diventare dirigente di filiale di una catena di grandi magazzini – renderanno gli americani delusi riguardo ai lavori realmente disponibili, almeno per un po’. Ma non ci vorrà molto e gli adulti più giovani capiranno che un’economia nuova e diversa offre loro enormi opportunità. Esisterà ancora il commercio – anche se non del tipo occasioni, saldi e svendite – e la nuova generazione dovrà ricostruire l’intera, stratificata, rete di commercio locale interdipendente che è stata distrutta dalla grande distribuzione. In breve, preparatevi a un’attività economica a livello locale, che sarà certamente tutt’uno con un’industria e un’agricoltura altrettanto locali.
Detesto battere e ribattere su questo punto (ma visto che nessun altro ne parla, in termini di pubblica discussione, è a me che tocca farlo), ma dobbiamo insistere per la rinascita del trasporto su rotaia, specialmente se ci aspettiamo che il paese resti unito. È talmente scontato, che l’assenza di dibattito al riguardo è uno dei maggiori sintomi del virus zombificante che ci ha sbranato il cervello. Le automobili (per come le usiamo) e gli aerei dipendono completamente dagli idrocarburi, e state certi che avremo qualche problema di approvvigionamento. I treni possono alimentarsi in altri modi – e l’uso dell’elettricità è al top tecnologico nei paesi dove viene sfruttato al massimo. So che la California ha appena deliberato di realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità tra San Francisco e Los Angeles. È un buon segno, ma rischia di essere un passo tecnologico più lungo della gamba. Le linee ad alta velocità richiedono un costosissimo rifacimento del materiale rotabile. Bisogna che le nostre ambizioni si riducano a un livello più realistico. La California (come il resto dell’America) trarrebbe molto più vantaggio da treni che andassero a velocità normale, ma che passassero ogni ora e utilizzassero binari già esistenti, piuttosto che da un grandioso progetto fantascientifico che potrebbe non vedere la luce prima di dieci anni. Ciò che rimarrà delle grandi industrie automobilistiche potrà e dovrà essere riconvertito alla produzione del materiale rotabile destinato alla rinascente rete ferroviaria.
Anche se siamo in piena ecatombe finanziaria, il pubblico si gode la pausa concessagli dal caro-benzina, ma non durerà a lungo. Come ho già detto, il pericolo che corriamo non è solo quello di una nuova impennata del prezzo del petrolio ma anche di una perdita di accesso alle importazioni. In altre parole, potremmo trovarci a che fare sia con i prezzi alti sia con la scarsità di combustibili, e presto. La scarsità di petrolio innescherà sicuramente un terremoto politico, a meno che non manteniamo ben salda la testa sulle spalle – e questo vuol dire che il signor Obama farebbe meglio ad approntare alla svelta un piano d’azione a largo raggio, proprio in vista di un’emergenza del genere (incluso un doveroso e potente programma di informazione per il pubblico).
Nel frattempo, il signor Obama dovrebbe dissociarsi da qualsiasi attività mirante al sostentamento terapeutico degli zombi. Il signor Obama ha ragione quando dice che ci possono essere solo un presidente e un governo per volta, e visto che le cose vanno così, deve evitare di farsi contaminare da scelte fatte da chi ha i minuti contati. Ovviamente, i mercati non la prenderebbero bene se il signor Obama dovesse farsi avanti opponendosi esplicitamente a tutto quello che attualmente si fa per fare favori agli zombi. La sua è una posizione molto delicata. Ma essendo un uomo dotato di intelligenza e intuito, potrebbe attraversare questa fase cruciale con successo.
Che questo tracollo stia maturando in vista delle festività natalizie è una di quelle occorrenze della storia che provocano meraviglia e vertigine. Le reti via cavo farebbero meglio a prepararsi a bombardare il pubblico con trasmissioni non stop di “La Vita È Meravigliosa”, perché avremo bisogno di tutto il sostegno morale possibile, quando gli zombi si aggirano in agguato in mezzo a un Bianco Natale.
Jim Kunstler
Fonte:http://jameshowardkunstler.typepad.com
Link: http://jameshowardkunstler.typepad.com/clusterfuck_nation/2008/11/zombie-economics.html
24.11.08
Traduzione a cura di DOMENICO D’AMICO per www.Comedonchisciotte.org