DI JEFF GATES
onlinejournal.com
Cosa farà Tel Aviv ora che si è venuto a sapere che gli israeliani e i pro-israeliani hanno ‘aggiustato’ le informazioni che hanno portato gli Stati Uniti a fare la guerra in Iraq?
Se mi freghi una volta è colpa tua, se mi freghi due volte è colpa mia. Se mi inganni ripetutamente per sei decenni il rapporto è finito, così come lo è la credibilità di Israele di essere una nazione legittima.
Tel Aviv lo sa bene. Ma come può agire allora lo stato sionista? La risposta è Wikileaks.
Perché ora? Per deviare. Puntare le luci su Washington per distogliere l’attenzione da Tel Aviv. Una classica operazione psy-ops. Per colpire la credibilità americana. Wikileaks è tutto questo.
Un investigatore si chiederebbe subito: a beneficio di chi? E guarderebbe anche ai mezzi, il movente e l’occasione oltre alla presenza di un intelligence di uno stato-nazione stabile dentro gli Stati Uniti.
Oltre a Israele chi può essere un candidato credibile? Da notare come dalle notizie è scomparso in tutta fretta il ruolo di Israele nel processo di pace. Ora si parla dell’Iran, dell’Iran e ancora Iran. A beneficio di chi?
Tel Aviv sa che che le operazioni di intelligence distorta sull’Iraq portano l’impronta degli esperti nello scatenare guerre ‘attraverso l’inganno’ – il motto del Mossad israeliano. Wikileaks è degno di nota per ciò che manca: la totale assenza di materiale che possa danneggiare gli obiettivi israeliani.
Eppure Israele si trova ad affrontare un rischio senza precedenti: la trasparenza. Gli americani sanno di essere stati imbrogliati. E Israele giustamente teme che presto possano capire da chi.
Un supporto timido non basta
Obama si è comportato proprio come i suoi predecessori che ne hanno favorito l’elezione. Se qualcuno è ancora sorpreso dalla mancanza di cambiamento nella politica americana nel Medioriente è perché non ha capito il potere della lobby israeliana.
Ha forse esitato nell’appoggio alla loro ultima strategia per affondare i negoziati di pace? Pace assente, gli Stati Uniti continueranno a essere il bersaglio di chi è indignato dal totale supporto dell’America per l’atteggiamento delinquenziale di Israele per ottenere i propri obiettivi espansionistici.
Netanyahu ha annunciato che non avrebbe bloccato i nuovi insediamenti in terra palestinese finché Obama non avesse concesso una donazione di 3 miliardi di dollari, confermando così l’influenza della lobby.
In cambio ha offerto un congelamento delle operazioni di 90 giorni; quale sarà la donazione da parte dell’America? Venti jet F-35 da 150 milioni di dollari l’uno più componenenti, assistenza, istruzioni e armamenti.
Sono 231 milioni a settimana o 1,373,626 dollari l’ora. Cosa riceverà l’America in cambio? Un congelamento temporaneo degli insediamenti. Quanto ancora può durare questo bluff?
Israele ha evitato un accordo di pace fin da quando cacciò i palestinesi dalla loro terra nel 1948 e ne confiscò altra nel 1967, per dare forma alla geopolitica di oggi.
Se Israele dovesse raggiungere un accordo con i palestinesi, il segretario di Stato Hillary Clinton propone un “accordo che includa la sicurezza”. Nessuno sa a che prezzo. Il congresso americano ha già stanziato 30 milioni di dollari per Israele in 10 anni. I recenti 3 miliardi vanno aggiunti a quella cifra.
Non è incluso il prezzo che pagherà la credibilità americana dopo l’offerta di opporre il veto al riconoscimento della Palestina come Stato da parte dell’ONU. E la promessa che Mai Più avrebbero esercitato pressioni su Israele riguardo le colonie. Inoltre il congelamento esclude Gerusalemme Est dove Tel Aviv insiste per procedere con la costruzione di nuove abitazioni.
Il tempismo è tutto
Sferrando l’ultimo attacco a Gaza tra natale del 2008 e l’insediamento di Obama a gennaio, Tel aviv ha ottenuto una muta opposizione durante il perido politicamente morto degli Stati Uniti. Quindi non c’è stata alcuna sorpresa nell’operazione provocatoria avvenuta nel giorno del ringraziamento del 2010 quando Israele ha demolito la moschea della Cisgiordania e un villaggio palestinese.
Dopo sette ore di discussioni ininterrotte, Hillary Clinton ha lodato Netanyahu come “portatore di pace”. In cambio, lui è stato d’accordo solo sulla “continuazione del processo”. Intanto, le elezioni di medio termine si sono dimostrate una vittoria per Israele quando il nuovo leader della Republican Majority, Eric Cantor, un ebreo sionista, ha annunciato che la nuova maggioranza sarebbe stata “vigile nei confronti dell’amministrazione Obama.”
La lobby israeliana ha buone ragioni per ritenersi soddisfatta. Confermando l’attuale doppiezza, il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha affermato: “un accordo permanente è impossibile”.
La diffusione di documenti diplomatici riservati offre ad Israele l’opportunità di minare i rapporti americani col resto del mondo e di infliggere un danno duraturo agli interessi americani nel Medioriente. Quale nazione potrebbe fidarsi della capacità degli Stati Uniti di mantenere informazioni confidenziali?
Lo scorso ottobre, la Turchia chiese che gli Stati Uniti e Israele non condividessero le informazioni di intelligence. Ora chi rischierebbe di condividere le proprie informazioni con gli americani?
Questo potrebbe essere indice dell’inizio della fine della presidenza Obama; le sue sconfitte a livello di politica interna sono oramai eclissate da quelle in politica estera.
Per le elezioni presidenziali del 2012 un Obama indebolito potrebbe essere forzato a nominare la Clinton come sua compagna nella corsa o addirittura farsi da parte per lasciare solo lei in corsa.
La campagna presidenziale della Clinton nel 2008 promise il riconoscimento di Israele come “Stato ebraico” oltre a una “Gerusalemme non divisa come capitale”. Tel Aviv era euforica. Una seconda presidenza Clinton potrebbe assicurare un’altra vittoria ad Israele e nessuna pace.
Le psy-ops di Israele di solito ottengono risultati multipli. Lo stesso vale per Wikileaks.
Jeff Gates
Fonte: http://onlinejournal.com
Link: http://onlinejournal.com/artman/publish/article_6646.shtml
2.12.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RENATO MONTINI