WE DIDN’T START THE FIRE !

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DI HS
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We didn’t start the fire

But when we are gone

Will it still burn on, and on, and on…

(Billy Joel)

Grande trambusto al porto, il principale scalo marittimo del continente. Fervono i preparativi per la grande partenza di una monumentale nave “da crociera” transoceanica. Ormai l’aria è diventata quasi dappertutto irrespirabile e il deserto si è fatto strada ovunque. Si raccoglievano gli amari e annosi frutti di “sgoverno” del continente affidato alle poco materne cure del Mercato, una divinità che ha preteso i suoi costi e i suoi sacrifici. Eppure fra quelle masse festose e quasi giubilanti non v’era traccia di ripensamenti e di rimpianti. Sarebbe dovuto accadere fra pochi giorni, tutti lo sapevano. I “cervelloni” più blasonati e premiati del continente, i cattedratici delle scienza umane, naturali e numeriche erano addivenuti ad una conclusione incontrovertibile e perciò fattuale perché rivestita dei crismi di tutte le discipline scientifiche possibili e immaginabili. Non solo…

Maestri dell’occulto, sacerdoti di forze ancestrali, esoteristi, fattucchiere, cartomanti, sensitivi e nani girovaghi avevano confermato quelle previsioni. Per una volta scientisti e antiscientisti, razionalisti e irrazionalisti si erano trovati d’accordo e mica su un problema o una questione di poco conto. No ! Avevano fissato la data precisa della Fine del Mondo. Nessuno avrebbe potuto sgarrare: avevano indicato giorno, ora, minuto e secondo preciso.

Nonostante questa meticolosità la congrega di cassandrici sapienti non aveva saputo dare un volto all’Apocalisse. Terremoto, maremoto, caduta di un meteorite, ecc… Bisognava solo reggersi sulla volontà di credere… credere che tutto sarebbe finito… E ora eccoli qui, i massa, a ridere, scherzare e divertirsi… A godersi gli ultimi giorni di miserabile e modesta vita. Si può facilmente immaginare che tale concentrazione sulla conclusione definitiva di un mondo possa apportare tali reazioni scomposte e sconsiderate, ma è sorprendente guardarli quasi tutti adoranti di fronte a quegli idoli umani a cui avevano sacrificato gran parte della loro vita. Tutte le risorse possibili, umane e materiali, erano state impiegate per costruire quell’enorme mostro marino che avrebbe solcato l’oceano per scoprire una nuova America.

Peccato… peccato che quegli sforzi erano destinati ad essere raccolti dalla variegata schiera di ricchi, potenti, privilegiati e fortunati. Solo loro, avendo contribuito con moneta sonante alla realizzazione del progetto, si sarebbero imbarcati lasciando la moltitudine sul continente. In verità avrebbero potuto anche accogliere i malcapitati ma si valutò che non fosse il caso di immischiarsi con quella folta ed indifferenziata plebaglia che pure si inchinava di fronte a loro. Nel clima di cerimoniosa e festante crociera la metallica e imponente balena accolse gradualmente questi pinocchi cresciuti e senza la minima innocenza.
Ai piani inferiori andarono ad alloggiare gli esponenti dell’informazione spettacolo, gli showman, i presentatori televisivi e di talk show, i cantanti di successo, le star del cinema, gli assi e i campioni del calcio e degli sport più remunerativi, lascive pornostar, vallette, divi e divetti, dive e divette con tutte le loro sciagurate corti gozzoviglianti e itineranti pronte a cogliere opportunisticamente ogni minima occasione. Rappresentavano il bel mondo dell’industria ludica, dello spettacolo, del divertimento, dell’immagine e del tempo libero. Un paese dei balocchi assurdo e assordante che aveva fruttato molti profitti ai suoi grotteschi abitanti.
Sopra i posti erano stati riservati ai “cervelloni”, coloro che avevano studiato, analizzato e previsto i dati per poter inferire la Fine del Mondo. La loro solerzia e il loro lavoro andava sicuramente e senza discussioni premiato. In realtà fra la masnada di varia umanità costoro parevano i soli a mostrare qualche scetticismo rispetto alle loro stesse indiscutibili e inconfutabili previsioni. Ma tant’è…

Le camere dei sapienti erano sovrastate dai politici, coloro che avrebbero fatto bene a restare a terra, accanto alla loro gente per dimostrare la tempra di uomini al servizio della collettività. Invece erano stati fra i primi a scapicollarsi sulla Transoceanica portandosi dietro ori, gioielli, pellicce, quadri e una innumerabile quantità di carte di credito. Nonostante tenessero molto a forme e apparenze e a distinguersi l’uno dall’altro, i loro comportamenti sembravano standardizzati. Atteggiamenti schizofrenici fra pacche sulle spalle e fragorose risse verbali. Ormai erano affetti da “daltonismo politico” confondendo alleati e avversari in un’orgia di pagliaccesca follia. Fra costoro qualcuno avrebbe giurato di aver visto gente di malaffare, grandi criminali immersi nel mucchio, palesi facce da galera. Per la verità questi ultimi stavano dando prova di maggior senno. Qualche raro politico coscienzioso era rimasto fra la folla, ma della loro presenza nessuno si curava.

Infine al vertice dell’equipaggio i grandi signori della finanza e dell’industria, gli aristocratici dei numeri e dei pacchetti azionari. Come futuristici signori feudali forti dei loro titoli – oltre che dei crediti o debiti a seconda delle circostanze – osservavano la marmaglia dall’alto al basso come se si trattasse di formiche, pidocchi o parassiti. Qualcuno, nel suo fremito di pietà lanciava un tozzo di pane nell’assoluta convinzione della propria misericordia. Le moltitudini avrebbero potuto sopravvivere fino all’ultimo giorno, provviste e altri generi di necessità erano stati donati loro gratuitamente. Nulla poteva essere rimproverato…

Alla fine scoccò il gran momento e la Transoceanica solcò i mari come un potente colpo di maglio. Gli altri la videro allontanarsi verso l’orizzonte come un passato ormai perduto nei labirinti del tempo. Molti non si vollero rassegnare e carezzarono l’idea di raggiungere quella nave monumentale. Con imbarcazioni fatte di assi di legno poco resistente si gettarono all’inseguimento, ma si scatenò presto una tempesta di immense proporzioni da inghiottire tutti quei dissennati. L’Oceano divorò avidamente quei poveri figli e sulla testa dei fratelli che erano rimasti a terra si erse un’ombra di improvvisa disperazione. Con i giorni, le ore, i minuti, i secondi crebbe l’angoscia e non pochi si lasciarono conquistare dalla follia. Il respiro generale all’unisono scandiva il tempo delle lancette di un orologio che ad ogni ticchettio evocava sinistri presagi. Calò l’ennesima notte…

Nell’intimo ciascuno iniziò a contare…
La luna aveva perso il suo pallore…
Meno tre…
Il mare era troppo calmo…
Meno due…
Qualche nube passeggera e discreta…
Meno uno…
Un tumulto nell’anima…
Zero…
Il silenzio e il nulla…

Nulla accade e più trascorrono le ore, i minuti e i secondi, più si insinuava nelle menti e nei cuori una verità che nessuno aveva il coraggio di esternare. Ci pensò un vecchio dalla folta e bianca barba lunga e dalle mani secche a svelare l’arcano. Con debole e fioca voce svelò che la Fine del Mondo era un inganno perpetrato dai signori che erano salpati per le nuove Americhe per abbandonarli al loro destino, lasciare a terra l’immensa zavorra umana. Ma la Fine del Mondo era veramente tale e si affacciava l’era della palingenesi. Nessuno avrebbe potuto sapere quel che sarebbe stato, ma dentro il fuoco bruciava ancora, ancora e ancora… Morì il vecchio dopo aver pronunciato quelle parole di nuovo conforto e speranza. Gli astanti si presero per mano e ricominciarono da capo a scrivere il libro della (loro) Storia.

Per la cronaca la tempesta perfetta aveva dilaniato anche la Transoceanica senza lasciare scampo ai suoi occupanti. Tutto questo lusso venne spazzato via in un baleno. I sopravissuti del continente non vennero mai a conoscenza di questi fatti, ma fra costoro nessuno sentì la mancanza del tempo antico e dei suoi padroni. Persi nel tempo come nel significato…

Chiuso l’occhio della fantasia e del sogno mi accingo nuovamente ad aprire quello della realtà.

Alla prossima

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
25.05.2009

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