Le storie di spionaggio che scuotono attualmente la classe dirigente statunitense devono essere ricollocate nei loro contesti. Esse non hanno niente di nuovo ed illustrano sia una tendenza ricorrente del potere militare a sorvegliare il potere civile, sia una volontà collettiva di manipolare gli alleati, ancor prima dei veri e propri nemici, come sottolinea per la rete Voltaire il generale Guennadi Evstafiev.
DI GUENNADI EVSTAFIEV
La capitale statunitense è abituata agli scandali spionistici che la scuotono ogni 6 o 12 mesi e ciascuno di essi ha un qualcosa che lo rende unico. Sono passati due anni da quando il segretario alla difesa Donald Rumsfeld ha creato, praticamente all’insaputa del congresso, un nuovo servizio segreto (lo SSB, servizio segreto personale di Donald Rumsfeld). Si accusava così il Pentagono di voler ingaggiare in una guerra segreta che coinvolgesse i propri amici alla stregua dei propri nemici.
Storicamente, i repubblicani, hanno sempre provato un desiderio viscerale di conoscere i segreti politici altrui e di collezionare a profusione dei dossier compromettenti sui loro amici, per non parlare dei loro nemici. Nessuno ignora che la discrezione e l’ imprevedibilità hanno sempre caratterizzato la politica di Washington sotto la guida repubblicana, nonostante le asserzioni dei loro difensori.
Per esempio, le Filippine non sono mai state ostili a Washington, si tratta di un alleato fedele, Manila è stata sotto protettorato statunitense. Ma dato che le abitudini sono dure a morire, i servizi segreti statunitensi hanno creato un dossier compromettente sul presidente Gloria Arroyo che – secondo il ministro filippino della giustizia – potrebbe essere utilizzato per destabilizzare il governo delle Filippine.
Però la sorte a voluto che, paradossalmente, gli Stati Uniti si ritrovassero, per un effetto boomerang, nella linea di tiro delle spie operanti per conto dell’opposizione filippina.
Un veterano dei marines americani, d’origine filippina, Leandro Aragonchillo, che aveva lavorato per tre anni alla Casa Bianca e in seguito all’ FBI, è stato arrestato per aver trasmesso centinaia di documenti e di schede confidenziali ai suoi complici di Manila. Si trattava essenzialmente di membri dell’ opposizione, ma non si esclude che membri del governo attualmente in carica siano implicati nella rete. La spia, mancando però di professionalità, ha agito troppo alla luce del sole, svuotando le banche dati, nel cuore del potere americano.
Tutto questo può apparire strano, ma se è vero, i responsabili di molte nazioni dove gli Stati Uniti vorrebbero portare la democrazia, hanno tutti i motivi per inquietarsi. In particolare i fedeli alleati del Medio oriente, di cui non faremo i nomi. Questa storia, lascia pensare che un sistema di spionaggio così “poroso” e sviabile, abbia spinto altri paesi, oltre alle Filippine, fosse anche solo per semplice curiosità, a vedere se la Casa Bianca detenesse documenti compromettenti sul loro conto.
Un altro caso conferma questa ipotesi, quello di Lawrence Franklin, responsabile del dipartimento di politica del Pentagono, che avrebbe fornito dei dossier confidenziali per diversi anni, all’ambasciata israeliana negli Stati Uniti e all’American Israel Public Affairs Comittee (AIPAC).
Molti altri poesi dovrebbero mettere in dubbio la sincerità e lealtà del loro alleato americano, tenuto conto dei fatti. Senza contare che quello di cui siamo a conoscenza sono solo gli scandali emersi alla luce del sole.
Il canale televisivo ABC, il primo ad aver dato l’annuncio dell’arresto del marine, reo di aver divulgato dati sensibili in mano a CIA e FBI, affermava che si trattasse del primo caso di spionaggio in seno alla Casa Bianca, cosa che però è inesatta. Nel dicembre del 1971, sempre sotto il governo repubblicano, uno scandalo di spionaggio senza precedenti, ha sconvolto l’amministrazione Nixon. Questo episodio, conosciuto sotto il nome di “affare Moorer-Radford”, metteva in relazione un ammiraglio degli stati uniti che occupava all’epoca dei fatti, il posto di comandante in capo dello stato maggiore e un sotto ufficiale del servizio crittografico dell’ US Navy preposto alla Casa Bianca.
Beneficiando di un accesso quasi incondizionato ai documenti confidenziali, compreso il fascicolo personale del consigliere alla difesa nazionale di Nixon, Henry Kissinger, il sotto ufficiale ha trasmesso allo stato maggiore, per due anni, dei dossier segreti, sui progetti in tema di politica estera e militare che Nixon e Kissinger tenevano nascosti addirittura ai diplomatici ed ai militari.
Si trattava in effetti di una cellula di spionaggio militare introdotta nella Casa Bianca dal comitato dei capi di stato maggiore che si opponevano alle priorità della politica estera di Nixon, tra cui i dialoghi sulla riduzione degli armamenti strategici tra USA e URSS. Le elezioni presidenziali si avvicinavano e Nixon ha messo a tacere la questione in un modo del tutto inatteso, prolungando il mandato del capo di stato maggiore di un anno. Radford è stato poi discretamente licenziato e gli altri complici sono stati sottoposti a leggere sanzioni in modo che non fosse leso l’onore della Casa Bianca e dell’US Navy. Più tardi nell’estate del 1972, scoppierà un altro scandalo, ugualmente singolare, ma più eclatante, conosciuto sotto il nome di Watergate e così l’affare Moorer-Redford passerà rapidamente in secondo piano. Attualmente a giudicare dalle affermazioni dei responsabili della CIA e dell’FBI lo scandalo Moorer-Redford è stato relegato completamente nel dimenticatoio.
Ma lo scandalo c’è stato, ed è curioso vedere come fosse visto dalla prospettiva di Washington. – Il presidente Nixon, Henry Kissinger e molti altri responsabili del loro entourage, hanno compiuto dei grandi e sistematici sforzi particolarmente riusciti per nascondere i loro reali obbiettivi sui dossier più sensibili sulla sicurezza nazionale. Il cammuffamento e la menzogna erano largamente messi in pratica faccia a faccia con l’opinione pubblica, con la stampa, con il congresso americano, con gli alleati e con i responsabili dell’esecutivo in materia di sicurezza nazionale -, scriveva nelle sue memorie l’ ammiraglio Elmo Zimwalt.
Notiamo che gli alleati non sono sfuggiti alle menzogne e la cosa non è affatto isolata e nuova. La sorveglianza degli amici o dei nemici in funzione della congiuntura politica è da lungo tempo parte integrante della cultura politica americana, fortemente legata ai doppi standard e desiderosa di raggiungere con ogni mezzo i suoi obbiettivi meschini. Numerosi sono quelli che invocano la costituzione per denunciare un tradimento nella fiducia della gente, approcio tipicamente statunitense. Altri stati mettono come priorità la fiducia con gli alleati, senza metterli continuamente in discussione o sotto indagine.
Guennadi Evstafiev
(generale dell’FSB in pensione)
Fonte: www.voltairenet.org
http://www.voltairenet.org/article130698.html
25.11.05
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ERIK ARTAZ