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La Redazione

 

WALTER VELTRONI A MANHATTAN COMMENTATO

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A cura di Davide
Il 24 Settembre 2008
28 Views

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DI MIGUEL MARTINEZ
Kelebek

Finora, su questo blog sono stati pubblicati 45.146 commenti. Che a me sembrano un’enormità.

Lì in mezzo si trovano alcuni gioielli poco visibili. Ad esempio, nella discussione sull’acquisto di una casa a Manhattan da parte di Walter Veltroni, ce ne sono stati due particolarmente interessanti.

Nel primo, PinoMamet racconta come è andata alla cena in cui Walter Veltroni ha raccomandato la figlia Martina a Giovanni Veronesi che si stava apprestando a fare “Manuale D’Amore 2”.

Poi c’è una riflessione di Val, che mi sembra molto saggia.

Ho tolto i commenti dal loro contesto, per cui ho operato qualche taglio (ho tolto mezzo testo di PinoMamet e ho modificato una frase di Val per renderla comprensibile anche fuori dalla discussione), quindi invito a leggere i commenti per intero in fondo al post su Veltroni a Manhattan

Scrive PinoMamet:

cena a casa Uòlter.
(io già lo sapevo che era una cena, poi leggo sul bolg linkato che in un intervista su Vanity Fair la figlia di Uòlter ha detto che la cosa è nata in una cena)

UOLTER, VERONESI, FIGLIA di Uolter.

Veronesi: “… sì, ma è un testa di cazzo, non capisce niente..”
Uòlter (ride): “è un sola..”
Veronesi:”ma sì, ma ne trovo mille come lui, lui ancora non lo sa…”
Uòlter: “ma io sono convinto che poi il sistema possiamo cambiarlo… cioè negli Sessanta, Settanta, venivano loro da noi..”
Veronesi: (guarda la figlia di U.) “Ma Martina che vuol fare?”
Uòlter: “Eh, che vuol fare… “
Figlia di Uòlter (Martina): “Sono indecisa tra queste due scuole, una di Manhattan e l’altra non mi ricordo… cioè, magari tu le conosci, se mi aiuti a scegliere..”
Veronesi. “De cinema?”
Martina: “Eh sì”
Veronesi: “Ma che cazzo ne so, dimme come se chiamano e vediamo..”
Uòlter: “Ma non ti disturbare”
Veronesi: “No, che disturbo… ma poi quali scuole, vieni con me e mi fai un secondo aiuto o un’assistente, tra du’ mesi parto…”
Martina: “Eh magari…”
Uòlter .: “Martina, e dai… stà a scherzà”
Veronesi: “No che scherzà, dico davero, sto in preproduzione, lei viene, mi fà l’assistente..”
Uòlter: “ma mica la paghi..”
Veronesi.: “eh, quello vediamo”
Uòlter (finge scherzosamente di picchiarlo su una spalla): “Se la paghi te meno!”
Veronesi: “La metto sotto, je faccio un bucio di culo così” (ridono) “e così si impara il mestiere, io pure, ho abitato du’ anni in un residence..”
[tralascio la scena dei saluti: pacche sulle spalle, ridono, “li mortacci tua”. Poi alla fine la paga.]

Scrive Val:

Trovo però che l’acquisto a Manhattan sia carico di un significato che va al di là delle intenzioni personali.
Io ci vedo una mossa di marketing politico che è al tempo stesso un sintomo del mutamento antropologico che ha travolto quello che una volta era il PCI.

Non so se la mossa sia consapevole o sia solo un segno dei tempi: di certo Berlinguer non lo avrebbe fatto, e non solo perché il muro non era ancora crollato. Non mi risulta nemmeno che avesse casa a Parigi, e se anche fosse stato, ho la certezza morale che non ne avrebbe fatto pubblicità.
Ricordo che Blair, per dare una nuova immagine (ah, l’immagine) al Labour, spostò il congresso del partito dalle tradizionale sedi di Brighton o Blackpool, tipici luoghi di villeggiatura del proletariato inglese, in luoghi più glamour e meno legati alla lower class.
Ecco, sbaglierò ma mi sembra che una casa a Manhattan sia un atto simbolico della stessa specie, l’ennesimo segnale che sancisce l’abbandono definitivo, da parte della classe dirigente di sinistra, della battaglia in difesa degli ultimi.

Non saprei nemmeno dire cosa significhi, simbolicamente, per un ex comunista, prendere una stanza in casa dei padroni del mondo. Mi limito a constatare come tutto, compreso il lavoro sui generis della figlia, sia più o meno volontariamente segno di un posizionamento politico ben preciso: il “prodotto” Walter Veltroni non rappresenta, né vuole rappresentare, un’alternativa radicale al sistema dominante (mi si perdoni quest’ultima locuzione, non ne trovo di meglio).

Non so se tutto ciò faccia schifo. Credo però che la questione morale cui in qualche modo fa riferimento Pino esista realmente, anche se io la vedo figlia di una più ampia questione politica. Abbiamo tanto demonizzato l’ideologia, ma per un partito senza ideologia il potere è fine a se stesso. Non stupisce che la sinistra odierna abbia una disinvoltura nei confronti del potere (compreso quello che apre le strade del cinema alla figlia) sconosciuta trenta o quaranta anni fa.

Ho avuto la ventura di ascoltare dal vivo qualche dirigente dell’attuale PD (oltre che plurime volte nei famigerati talk show televisivi): la mia netta sensazione è quasi sempre stata di una recita a soggetto, di falsità.
Non direi di falsità nel senso di menzogna, ma di gente che non crede fino in fondo a quello che dice. In un contesto in cui la sinistra si posiziona sul mercato politico comprando case a Manhattan, come posso immaginare che rinunci a dare una spintarella alla figlia del potente, como posso credere che abbia a cuore le sorti di chi cerca un lavoro per mantenere i figli, como posso pretendere un’austerità di comportamento che sia d’esempio per tutti i Salvatore d’Italia?

Val

Fonte: http://kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/post/18496749/Walter+Veltroni+a+Manhattan%2C+c
24.09.08

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