WALL STREET: DA CENTRO D'AFFARI A PRODUTTORE OFFSHORE DI BUCHI NERI

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Il mito del mercato libero si dissolve nel caos

DI PAM MARTENS
Counterpunch

A ogni nuova rivelazione di perdite multimiliardarie delle maggiori società di Wall Street, si fa più assillante una domanda: come hanno fatto questi Maestri dell’Universo a impantanarsi in così enormi perdite di denaro? Wall Street non dovrebbe occuparsi delle transazioni dei propri clienti invece di creare a suo esclusivo vantaggio pacchetti di titoli tossici e non commerciabili?

Dato che i grandi operatori di Wall Street ora controllano alcune tra le più importanti banche commerciali del paese, assicurate con il denaro dei contribuenti (grazie a un regalo legislativo del Congresso chiamato “Gramm-Leach-Biley Act”), e che la Federal Reserve sta scaricando decine di miliardi dei nostri dollari in enormi buchi neri, il buon senso dovrebbe suggerire al Congresso di organizzare una serie di audizioni pubbliche.

Sarebbe forse così possibile far luce su come Wall Street, operando nella penombra, si è trasformata da centro finanziario in creatore e confezionatore di esotiche combinazioni registrate offshore.

Fino ad ora il Congresso ha mostrato solo uno scarso interesse per questi dettagli, e dal canto suo l’amministrazione Bush sta sollevando un gran polverone sul problema dei mutui subprime per paura che il pubblico si renda conto che un mercato da un trilione di dollari senza regole è esploso sotto il naso dell’amministrazione del libero mercato.

A mio avviso, una perdita di 70 miliardi di dollari in pochi mesi, e una perdita globale prevista di 400 miliardi, suona decisamente come una cosa seria. Ed è molto insolito per Wall Street perdere miliardi dei suoi stessi capitali.

Abitualmente sanno molto prima del grande pubblico che sta arrivando un tracollo (perché sono stati loro stessi a crearne i presupposti) e ammortizzano le perdite scaricandole sui partecipanti meno informati, abitualmente i piccoli investitori. Ma il fatto che stiano affondando in un pantano di enormi debiti, non significa forse che in questo momento sono proprio loro i meno informati?

Prima di occuparci di una Wall Street che sta infine provando sulla propria pelle che effetto fa essere presi a mazzate, riflettiamo su cosa può significare per gli americani medi sapere che proprio gli operatori di mercato meno informati controllano le banche che custodiscono i loro risparmi, il mercato bancario, i prestiti per le autovetture, le carte di credito, i mutui; e le azioni sono di queste società sono suddivise in 401 (mila) pacchetti.

Il primo indizio di queste megaperdite è un acronimo di tre lettere, CDO, che significa Collateralized Debt Obligation: uno strumento finanziario così arzigogolato da confondere anche i veterani del giornalismo economico.

Un buon modo per immaginare un CDO è pensare all’episodio della sitcom Friends in cui Rachel cerca di preparare una zuppa inglese per il giorno del Ringraziamento. Stende gli strati di crema e marmellata necessari, ma quando volta la pagina del libro di cucina per continuare a leggere non si accorge che i fogli si sono incollati e quindi completa la preparazione con la ricetta del pasticcio di carne ricoperto di purè: il risultato è un’immangiabile miscela di strati di crema, marmellata, carne, piselli e cipolla.

Di solito la zuppa inglese viene servita in ciotole di vetro trasparente che consentono di ammirare gli strati, ma per i suoi CDO Wall Street preferisce pentolame opaco.

Dal 2002 fino al 2006 i grandi creatori pilotati dai maggiori nomi di Wall Street, e da alcuni operatori minori, hanno sfornato una marea di CDO per un totale di oltre un trilione di dollari (metà nel solo 2006).

La ricetta era abbastanza flessibile: gli strati (chiamati quote a Wall Street) potevano essere prestiti per studenti, aperture di scoperto a breve sulle carte di credito, finanziamenti per automobili, beni commerciali o residenziali, mutui subprime o prestiti aziendali. Ma potevano anche essere operazioni ad alto rischio su indici (CDO sintetici) o parti di altri CDO (CDO bilanciato). A partire dal 2003, una percentuale sempre maggiore di CDO è stata raggruppata in un’unica categoria: le ipoteche residenziali (spesso ricorrendo a mutui subprime e prestiti partecipativi sulla casa come garanzia principale).

Mentre gli strati venivano messi insieme, le quote passavano in quella che Wall Street definisce la sua attività interna. Quando i CDO erano ben sistemati nei loro contenitori opachi, si vedeva solo la panna montata che li ricopriva, e le agenzie di rating – Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch – davano a questo indigesto dolce una valutazione AAA basandosi proprio sulla panna montata. Che quella valutazione fosse richiesta e pagata da chi i CDO li faceva era un dettaglio non trascurabile, come il futuro avrebbe poi messo in luce. Anche quando la carne e i piselli (debiti spazzatura) degli strati inferiori hanno cominciato a marcire, il miscuglio ha mantenuto la sua valutazione AAA. E solo nel 2007, quando un gruppo di esperti ha cominciato a far luce sull’inganno e i mercati si sono resi conto della situazione, le agenzie di rating hanno ridotto le valutazioni.

Per cinque anni il cosiddetto “mercato efficiente” ha brancolato nel buio con rating di pura fantasia, evitando di porsi ovvie domande su questi strumenti finanziari AAA. Ad esempio:

Come è possibile che un pacchetto di discutibili titoli debitori, in larga parte di origine sospetta, abbia ottenuto lo stesso rating AAA dei titoli del Tesoro americano, garantiti dalla fiducia e dal credito di cui gode il governo statunitense e la cui solidità ha resistito alla Grande depressione e a oltre un secolo di ondate di panico e crolli? (Nonostante i poco di buono che vanno e vengono da Washington, noi, il popolo americano, mostriamo una storica e caotica disponibilità a soffrire come pazzi e a continuare a pagare le tasse per il bene dei nostri amati concittadini. E non ci secca nemmeno il fatto che, nella maggior parte dei casi, le imposte vengano prelevate dalle nostre buste paga prima ancora di riceverle).

Come un oscuro strumento finanziario, spesso formato da centinaia di pezzi difficili da rintracciare, avrebbe potuto essere abbastanza sicuro per i fondi pensionistici, i fondi assicurativi, e racimolare, malamente mascherato da titolo di credito a breve, oltre 50 miliardi di dollari in fondi comuni d’investimento in titoli del mercato monetario?

Come ha potuto un “efficiente” mercato, vecchio di 200 anni e che quotava i propri titoli sulla base di un’analisi costante del valore raggiunto in transazioni trasparenti, trasformarsi in un sistema che produce e conserva prodotti finanziari non trattati, o poco trattati, il cui valore viene calcolato sulla base di modelli statistici?

Almeno un analista si è mostrato più curioso del Congresso sul modo in cui Wall Street si è destreggiato con i CDO nei suoi libri contabili:

Teleconferenza Citigroup, 5 novembre 2007:

Mike Mayo, analista della Deutsche Bank: “…Voglio dire 43 miliardi di dollari di CDO. E, mi scusi, quando sono state create queste posizioni?…”

Gary Crittenden, direttore finanziario Citigroup: “…In termini di – le posizioni di deposito si sono accumulate – le posizioni di primo grado del portafoglio si sono ovviamente accumulate col tempo. Come ho già detto prima nel corso della teleconferenza, i 25 miliardi di dollari delle opzioni put in realtà si sono accumulate nel corso dell’estate. Dunque tutto è successo in effetti in due diversi periodi di tempo…”

Teleconferenza Merrill Lynch, 24 ottobre 2007:

Mike Mayo, analista della Deutsche Bank: “E come vi siete invischiati con una così grande quantità [di CDO] ?…”

Stanley O’Neal, amministratore delegato [ora in pensione]: “…Perché abbiamo una posizione così esposta? Abbiamo commesso degli errori. Ci sono stati errori di giudizio nelle operazioni stesse e ci sono stati errori di giudizio nella gestione del rischio, e questo è il motivo principale del perché esistono tali esposizioni”.

Ed è proprio questa abitudine a sgusciare tra le maglie, schivare i colpi e tenere discorsi incomprensibili che rende necessario che Wall Street si spieghi sotto giuramento dinanzi al Senato.

Le risposte di Citigroup possono riassumersi più o meno in questi termini: abbiamo continuato a comprare quote di primo grado valutate AAA perché i supercervelloni ci avevano assicurato che questi valori erano protetti da qualsiasi perdita da altre garanzie collateralizzate. La nostra approssimativa risposta sul perché abbiamo reinserito 25 miliardi di dollari di CDO nel nostro bilancio quest’estate è che si tratta di “liquidità put”. Continuiamo a sostenere che avevamo dato ai nostri compratori il diritto di restituire i titoli a noi senza perdite a certe condizioni (quanto ciò rispetti le leggi sui titoli che proibiscono garanzie contro perdite è ancora tutto da vedere. Anche il fatto che uno possa fare una vendita di titoli ed essere contrattualmente obbligato a riprenderli in bilancio non è stato ancora chiarito. Se usassero una simile linea di difesa, gli agenti di borsa perderebbero lavoro, mezzi di sostentamento e licenza. E questo pone l’ulteriore problema delle esenzioni normative per i privilegiati, altro grosso contributo all’inefficienza dei mercati).

La risposta di Stan O’Neal, per conto della Merrill Lynch, è dal canto suo semplice e modesta: sono stati commessi sbagli ed errori di giudizio. Alcuni articoli recenti, però, fanno nascere il sospetto che la Merril Lynch non solo gestisse i titoli AAA perché li riteneva protetti dalle perdite grazie alla collateralizzazione, ma stesse anche facendo operazioni di copertura del debito subprime che stava vendendo ai clienti. In altre parole: testa io vinco, croce tu perdi.

Il pericolo con i titoli degni di Alice nel paese delle meraviglie messi a punto da un’invisibile macchina manipolata è che per scatenare il panico basta che pochi individui sobri in abito da studiosi scendano in piazza e comincino a gridare “l’imperatore è nudo!”.

Ed è proprio quello che è successo il 15 febbraio 2007. Joseph R. Mason, professore associato di economia al Drexel University’s LeBow College of Business e il ricercatore Joshua Rosner hanno presentato all’Hudson Institute un documento in cui ridicolizzavano la sciocca convinzione che uno potesse indefinitamente infiocchettare un maiale (come usavano dire durante la follia dot.com) e definirlo un titolo AAA. Quando Gretchen Morgenson del New York Times, ha avuto tra le mani il documento di lavoro e tre giorni più tardi ha pubblicato un articolo, la fabbrica di fuochi d’artificio a Manhattan ha cominciato a puzzare di bruciato e ha dato il via a un fastoso spettacolo per tutto il 2007. Per la prima volta in 140 anni abbiamo assistito all’assalto di una banca londinese, bancarotta di fondi d’investimento a Wall Street, insolvenze dei mutui in tutti gli USA, cauzionamento di fondi comuni d’investimento in titoli monetari da parte delle maggiori istituzioni finanziarie e oltre mezzo trilione di dollari immessi sul mercato dalla Banca centrale europea. Anche la Federal Reserve statunitense ha fornito un aiuto senza precedenti sotto forma d’immissione di liquidità e trattative sotterranee. Ma il danno di gran lunga più serio è stata la crescente diffidenza tra le maggiori società finanziarie di Wall Street che, disgraziatamente, possiedono anche banche. Nessuno si fida della solvibilità delle altre, e i debiti interbancari sono quindi aumentati.

Nel loro documento, Mason e Rosner hanno fatto una dichiarazione profetica:

“La crescente accettazione dei CDO da parte degl’investitori è stata favorita dalla volontà delle agenzie di rating di dar loro una buona votazione. A differenza di altre attività quotate dalle agenzie, queste sono esposte a notevoli rischi di mercato che le agenzie non dichiarano di poter prendere in conto… Dato che molti acquirenti di CDO di primo grado gestiscono soltanto titoli AAA, possono continuare a tenere titoli sempre meno validi e sempre meno convertibili fino a quando la valutazione non è stata declassata. Dato che si opera sul mercato dei titoli non quotati (OTC), gl’investitori possono valutare in modo errato i titoli in portafoglio ed essere spinti a dare voti positivi a perdite di mercato in un settore in liquidazione che si muove rapidamente…”

J. Kyle Bass, partner societario della Hayman Advisors, ha inquadrato buona parte del problema nella sua audizione del 27 settembre 2007 dinanzi all’House subcommittee on Capital Markets: “Vi spiegherò perché e come è stata completamente trascurata l’enorme dimensione e gravità del problema nei mercati creditizi di oggi. Un importante concetto da valutare è che ogni cartolarizzazione è essenzialmente un’operazione bancaria fuori bilancio… Tuttavia non esistono controllori federali o bancari che sorveglino il mercato della cartolarizzazione. I soli organismi che offrono una sorveglianza o una normativa implicita sono le agenzie di rating, strutture essenzialmente legate ai loro padroni, le società di cartolarizzazione di Wall Street.

Senza una sufficiente sorveglianza, il mercato non regolato della cartolarizzazione fuori bilancio e i suoi problemi continueranno ad avere gravi conseguenze sui mercati finanziari di tutto il mondo.

Mercati efficienti richiedono trasparenza e guardiani all’erta. Perché è così difficile arrivarci? Perché opacità e mercati manipolati permettono di ottenere il risultato voluto di arricchire quell’1% della popolazione che possiede il 44% della ricchezza del paese. E questo 1%, in cambio, tiene saldamente al guinzaglio il Congresso manovrando i cordoni della borsa che finanzia le campagne elettorali.

Wall Street è un mercato a due facce. Le perdite delle società di Wall Street sono i profitti di qualcun altro. Fino a quando non sapremo dove e come questi profitti vengono registrati e i dettagli sulle cause delle perdite, continueremo ad essere gli utili idioti di un capitalismo per amici, e continueremo a consegnare il nostro paese all’aristocrazia dei ladri”.

Pam Martens ha lavorato per 21 anni a Wall Street; non possiede titoli, a breve o lungo termine, in nessuna delle società citate nell’articolo. Scrive su temi d’interesse generale dal New Hampshire, e può essere contattato all’indirizzo [email protected]

Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/martens01032008.html
3.01.08

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CARLO PAPPALARDO

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