DI KELEBEK
“Vogliono distruggere la civiltà occidentale”
Fatelo dire anche a me una volta. E – credo – a ragione.
La democrazia è il valore dichiarato su cui si fondano i paesi europei da alcuni secoli.
In democrazia, si può votare a intervalli regolari. Siccome hanno fatto un sistema che ti permette di scegliere solo tra due partiti quasi identici, e io non faccio politica, calcio o cabaret a livello professionale, questo aspetto mi interessa relativamente poco.
Ci sono però aspetti della democrazia che ritengo importanti anche per me, e che riguardano in sostanza il concetto di stato di diritto. Eccone alcuni, in ordine sparso.
Prima di tutto, la legge deve essere uguale per tutti. E i diritti fondamentali devono essere coerenti nel tempo: la democrazia non è una cosa che ti concedono finché non succede nulla, per poi abrogarla ogni volta che conviene per motivi politici.
Secondo, la democrazia distingue tra azioni violente e il fatto di pensarla diversamente, anche molto diversamente, da chi detiene il potere.
Terzo, la democrazia considera che siamo innocenti fino a prova contraria.
Quarto, chi vive in un paese dove la democrazia non esiste, ha il diritto di asilo in un paese democratico se viene perseguitato per motivi etnici, religiosi o ideali.
Un paese non può dire a un altro quello che deve fare, né tantomeno può invaderlo quando gli salta in testa il capriccio di farlo.
Se non ci sono queste cose, semplicemente non c’è la democrazia. Anche se posso scegliere tra Prodi e Berlusconi.
Certo, da quando c’è la democrazia, si bara sulla sostanza: si incastrano i poveri detenuti con prove finte, si chiamano alleanze le sudditanze.
Ma sulla forma, no. Una volta che cambia anche la forma, non c’è più possibilità di ritorno, perché la forma intacca i principi stessi su cui si basa sulla società.
Guardiamo alcuni fatti recenti. Non mi riferisco né agli attentati di Londra, come non mi riferisco al linciaggio di un pakistano ucciso a calci a Nottingham solo perché aveva una faccia un po’ “islamica”. In entrambi i casi, si tratta di azioni di piccoli gruppi di individui, che portano le proprie responsabilità, ma non fanno la storia.
No. Parlo delle scelte di interi stati e sistemi giuridici.
Lasciamo stare Guantanamo e l’invasione dell’Iraq, perché tutti li conoscono.
Partiamo dal rapimento di un cittadino egiziano – regolarmente residente – su suolo italiano da parte di un comando di extracomunitari (statunitensi). Portato alla base extracomunitaria di Aviano, torturato e poi sparito. Nel corso del rapimento, i responsabili hanno telefonato più volte all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, per cui è ovvio che stiamo parlando di scelte di stato, peraltro autorizzate dal Patriot Act che ha abolito per decreto la sovranità di tutti i paesi del pianeta, ovviamente con l’eccezione degli Stati Uniti.
La cosa interessante è che le fonti ufficiose americane dicono che l’azione fu legittima, perché era stata notificata ai servizi segreti italiani. Almeno secondo loro, la legge in Italia è quindi rappresentata dai capi dei servizi segreti e non da alcuni tomi voluminosi di diritto.
Passiamo al processo contro il professore Ali al-Timimi negli Stati Uniti. Ali al-Timimi, cittadino americano e ricercatore medico, ha potuto avere un processo, nel classico stile dello stato di diritto. Contro di lui, sono state mosse tre accuse:
– nel corso di conversazioni private, avrebbe sostenuto che bisognava stare dalla parte dell’Afghanistan, allora aggredito dagli Stati Uniti, e che il futuro si stava facendo cupo per i musulmani negli Stati Uniti dopo l’11 settembre.
– in un articolo, avrebbe detto che la caduta dello shuttle sopra il Texas sarebbe stato un segno celeste.
Qui finiscono le sue colpe. Però alcuni suoi allievi sarebbero stati in Afghanistan (senza mai combattere) e si sarebbero dedicati al Paintball. Il paintball, per chi non lo sapesse, è uno sport molto popolare negli Stati Uniti, dove dei giovanotti vanno in giro per i boschi e si sparano addosso a vicenda con fucili giocattolo carichi di vernice. Una versione rambesca di nascondino, insomma.
Ali al-Timimi è stato condannato per tutto questo.
Non a due mesi con la condizionale. Nemmeno, in stile sovietico, a quattro anni di lavori forzati. Ali al-Timini è stato condannato all’ergastolo (senza diritto a essere rilasciato prima, e con l’aggiunta beffarda di altri settant’anni).
Con allegra ipocrisia, i giudici dicono che non è stato condannato per i suoi scritti e per le sue parole. Ma per aver commesso tradimento, un’azione di cui l’unica prova è costituita appunto dai suoi scritti e dalle sue parole.
In Inghilterra, invece, il ministro degli interni, Charles Clarke, ha introdotto alcune fondamentali innovazioni al concetto di democrazia. Gli anglofoni dovrebbero leggere l’articolo di The Register che ne parla; comunque i concetti fondamentali sono i seguenti.
L’Inghilterra non permetterà l’ingresso a persone che “scrivono articoli o gestiscono siti internet” politicamente scorretti, in particolare le persone che si presume (perché qui processi non se ne fanno) siano colpevoli di “istigazione indiretta”. Che non è nemmeno quel concetto già vago di “istigazione”, ma dovrebbe includere il fatto di aver scritto cose che poi siano ritenute da chi compie ipotetici attentati come una “giustificazione”.
Il giurista Ugo Grozio non si sarebbe limitato a condannare l’invasione angloamericana. Avrebbe “giustificato” al cento per cento la resistenza armata irachena, in base al diritto naturale all’autodifesa contro un’aggressione.
Grozio non può essere messo sulla lista nera perché è morto nel 1645, ma non sarebbe difficile stilare una lista di professori universitari che “istigano indirettamente”, presentando ai loro alunni i suoi insegnamenti.
Ma riserviamo per ultimo un elemento che ci riguarda tutti. Nel progetto inglese, la semplice lettura di “siti terroristi” dovrebbe venire equiparato al fatto di ricevere addestramento “terroristico”.
Uno straordinario esempio di ipocrisia: il governo inglese sta per deportare persone che in passato avevano ottenuto il diritto d’asilo in Inghilterra (come a suo tempo ebbe quel “terrorista” di Mazzini). Non in base a condanne, ma in base al semplice sospetto. Bene, gli inglesi si vantano di aver ottenuto un impegno da parte del governo giordano di “non torturarle o metterle a morte”.
Riassumiamo quindi: la legge e la prassi stanno introducendo come valori positivi (e non come roba da fare in segreto per poi fare finta di niente) i rapimenti, il diritto del più forte di invadere qualunque paese, gli ergastoli per quello che si scrive e si dice in privato, la fine del diritto d’asilo, la legalizzazione del rapimento e della tortura, l’introduzione di abissali creature giuridiche come la “istigazione indiretta”, un’occhiata a un sito web che diventa attività criminale
Se questa non è una guerra contro la “civiltà occidentale”…
Chiaramente, tutto questo è possibile perché quelli che vengono invasi, rapiti, torturati, ergastolati, spariti e ammazzati sono solo arabi. Allo stesso modo, era possibile tenere schiavi nella Virginia dell’Ottocento perché erano neri.
Insomma, la legge cessa di essere uguale per tutti, come si vanta Carlo Giovanardi, e in questo momento colpisce soprattutto gli altri, cosa che riempie molti di piacere. Anzi, c’è una folla di gente che sbraita che “si sta facendo troppo poco”. La cosa più pazzesca è che molti di quelli che fanno festa per tutte queste cose si dichiarano liberali.
Quelli che gioiscono forse non si rendono conto che da qui non si torna indietro. Nei pacifici anni novanta, nessuno ha toccato le leggi “di emergenza” varate per schiacciare le Brigate Rosse durante i cosiddetti anni di piombo.
Anzi, queste leggi e consuetudini diventeranno perversamente uguali per tutti di nuovo. Queste leggi e consetudini sono sufficienti per porre fine, una volta per tutte, al concetto di stato di diritto come lo conosciamo dalle rivoluzioni borghesi in qua. In tutto il mondo.
Il problema è che gli angloeuropei sono prontissimi all’abolizione della democrazia. Scrive The Register:
“Il più grosso problema personale per Clarke sarà probabilmente quello di spiegare alla stampa popolare perchénon deporterebbe uno specifico individuo, piuttosto che giustificare le azioni contro quelli che espelle.”
Nell’impero romano, la democrazia repubblicana a un certo punto si spense, anche se le sue forme durarono fino alla fine. Quello che in ultima analisi interessava ai cittadini romani era che vi fosse un sistema forte, con un immenso esercito, in grado di garantire i commerci e gli spettacoli e di crocifiggere i banditi e gli schiavi fuggiaschi lungo le pubbliche vie. L’impero, insomma.
Anche se vi fu qualche antimperialista come Bruto.
Concludo questo lunghissimo post con le parole di Ali al-Timimi, davanti al tribunale di Fairfax in Virginia che lo ha condannato:
“L’incarcerazione per qualunque periodo di tempo, come ben sa questa Corte, costituisce una crisi per la persona incarcerata e per i suoi cari. Io non faccio eccezione.
Ma credo sinceramente che la vera crisi che la mia incarcerazione comporta sia la crisi dell’America stessa. Se la mia condanna resta, vuol dire che la tradizione americana, vecchia di duecentotrent’anni, di proteggere l’individuo dalle tirannie e dai capricci del sovrano, è finita. E quello che viene adoperato oggi per perseguitare un singolo membro di una minoranza tornerà certamente domani per colpire la maggioranza”.
Kelebek
Fonte:http://kelebek.splinder.com/
22.07.05
Vedi anche: La fine della democrazia