DI MAURIZIO BLONDET
Effedieffe
Uno schizzo di veleno, una manifestazione di odio verso i cittadini: questo ha voluto manifestare Visco – ben conscio che gli italiani non lo chiameranno mai più a un qualsiasi governo – con la pubblicazione degli elenchi di tutti i contribuenti sul web. Ciò conferma come Visco abbia sempre considerato la fiscalità: un’arma disciplinare, un attrezzo di tortura, di punizione e delazione, più che lo strumento oggettivo per finanziare lo Stato. Ma il veleno, purtroppo, ha avuto effetti.
Lo si vede dai commenti che circolano, dagli applausi per questo presunto «atto di democrazia». E’ la democrazia di Robespierre, la dittatura della volontà Generale, ma la gente applaude. Persino i seguaci di Beppe Grillo si scandalizzano del fatto che Grillo appaia negli elenchi con un reddito di 4 milioni di euro.
Consentite al sottoscritto, che in questi mesi ha internet solo al pomeriggio perchè non può (nè vuole) pagare il sovrappiù che Telecom gli chiede per dargli il servizio, di mettere i puntini sulle i.
Primo punto: in una società libera, la trasparenza reddituale è un obbligo soltanto per chi, a qualunque titolo, riceve pubblico denaro, non per i privati. Ha significato apprendere che la signora Spitz, moglie di Follini, prende oltre 300 mila euro come direttrice del Demanio, o che Ciampi si becca, cumulando tre emolumenti che i cittadini normali non possono cumulare, oltre 780 mila euro.
Abbiamo diritto di saperlo, perchè quello è denaro «nostro», di noi contribuenti; e abbiamo diritto di soppesare quegli stipendioni con le «prestazioni» e i «meriti» di coloro che li ricevono da noi. Questo confronto fra meriti e paghe è per eccellenza l’atto politico, nella democrazia.
In quest’area di percettori di denaro pubblico, dovremmo anzi essere più esigenti, come cittadini. Dovremmo esigere di sapere quanto prende ogni consigliere della nostra ASL. Dovremmo pretendere che i sindacati, che estraggono i loro contributi da milioni di buste-paga di pensionati e operai, pubblichino i bilanci, ossia ci dicano che cosa fanno di quel denaro.
Siccome non pubblicano i bilanci, per quanto ne sappiamo, potrebbero anche aver investito i nostri soldi in case d’appuntamento in Thailandia, nel Cartello di Medellin o (più probabile) nei lussi dei loro segretari. Dobbiamo poter controllare se i sindacati (che ci costano 6 miliardi di euro annui, più o meno) spendono quei soldi per la difesa dei lavoratori o per chissà che, o a favore di chissà chi.
Questo impone non solo la civiltà, ma anche l’uguaglianza di fronte alla legge: se una impresa artigiana ha l’obbligo di pubblicare il suo bilancio, perchè non le colossali cosche sindacali, percettrici dei soldi nostri?
Per i privati è diverso. Che la De Filippi abbia un reddito annuo di 4 milioni, Bonolis di 3,8, Benigni di 3,5 milioni, Totti il calciatore di 10 e Vieri di oltre 22, ci può fare schifo. Ma quei soldi, non vengono dalle nostre tasse. Glieli diamo sempre noi, tutti quei soldi: ma come spettatori dei loro spettacoli e delle loro partite. Glieli diamo spontaneamente, perchè ci piacciono i loro spettacoli e le loro partite: se dunque vogliamo schifarci, rivoltiamo lo schifo contro noi stessi, italiani e spettatori, che ci affolliamo alla TV per vedere i degradanti spettacoli della De Filippi, o il ripetitivo sfiatato Benigni. Quelli hanno un «mercato» che li compensa così tanto, e il mercato siamo tutti noi. E’ la nostra ignoranza e volgarità che li valuta a peso d’oro.
Secondo punto: l’invidia sociale, che Visco ha voluto istigare deliberatamente, è un vizio gravissimo, che bisogna combattere. Perchè?
Perchè l’invidia è uno dei fattori principali di regressione della società, frena lo slancio creativo e l’intraprendenza, e – portando a celare le ricchezze per non suscitare invidia – è uno dei fattori agevolanti della stessa evasione fiscale.
Vasti studi sociologici hanno dimostrato che a tenere l’Africa in sottosviluppo perenne è l’invidia: se un bravo coltivatore ha un buon raccolto sul suo campicello, tutti gli agricoltori circostanti, meno bravi di lui, pensano immediatamente che egli abbia gettato il malocchio sui loro campi.
Se un negro si laurea in medicina e guadagna bene, tutti i suoi parenti poveri si installano a casa sua, e pretendono il diritto di essere mantenuti da lui, il «fortunato». Con il risultato che il «fortunato» emigra in Europa o in USA, dove l’invidia sociale è meno pronunciata, privando l’Africa di un buon medico o un di buon imprenditore.
No, non abbiamo il diritto di sapere se il nostro collega, vicino di scrivania, riceva dall’azienda un salario migliore del nostro: l’azienda, se è privata, ha diritto di valutare il suo lavoro come più valido del nostro, e di non farlo sapere in giro, ato il morbo dell’invidia sociale che ci avvelena.
No, non siamo tutti eguali; e sì, abbiamo il diritto a non far sapere a tutti che, magari, arrotondiamo il reddito con un altro lavoro o con l’affitto di una casa ereditata. Se lo arrotondiamo spacciando coca, è un’altra cosa: che riguarda la polizia.
Terzo punto: lo sconcerto, o addiritttura lo scandalo dei seguaci di Grillo alla «scoperta» (peraltro già nota) che Grillo ha un reddito annuo di 4,2 milioni di euro, rivela un livello di civiltà molto basso. Perchè questo scandalo?
Implica che Grillo, per il fatto di essere molto ricco, non ha il diritto di protestare contro gli scandalosi sprechi e privilegi del ceto politicante e della Casta che «vive di politica»?
Al contrario. Grillo ne ha il pieno diritto, e proprio perchè appare nella lista di Visco. Se appare in quella lista, con quella cifra di reddito, significa che paga le tasse, e moltissime. Dunque è un contribuente onesto e un cittadino benemerito, che ha tutto il diritto di incazzarsi per come quelli, mascalzoni e fancazzisti, sprecano i suoi soldi; e di cercare di creare un movimento politico contro la Casta.
Ci sono centinaia, migliaia di ricchissimi, che in quelle liste di Visco non appaiono, per il semplice fatto che sono evasori totali. O appaiono come contribuenti medi o piccoli, in quanto favoriti dalle elusioni fiscali, previste dalle leggi italiote.
I seguaci di Grillo, col moralismo in canna, dovrebbero informarsi meglio sulla elusione. E capire la distinzione fra redditi «personali» e ricchezza reale e nascosta.
Dovrebbero sapere che certi consiglieri d’amministrazione risultano percettori di gettoni di presenza, dati da una società lussemburghese (dove per legge tali emolumenti sono tassati al 15%, meno di quanto è tassato un pensionato minimo) che in realtà è di loro proprietà.
Che altri ricchi pagano il 30% sui dividendi delle società loro, laddove un impiegato ben stipendiato già paga il 43%, l’aliquota massima personale.
Dovrebbero avere una qualche nozione del fatto che i veri miliardari, gli speculatori finanziari, non pagano tassa alcuna se risultano percettori di «capital gain», ossia se hanno fatto soldi rivendendo care azioni comprate a poco.
Dovrebbero sapere che ci sono padroni di jet privati, apparecchi che però risultano di proprietà di società per azioni con sede magari all’estero, e gaudenti su yacht di lusso che battono bandiera panamense, e di cui i fruitori risultano semplici noleggiatori; dovrebbero sapere che la Mercedes 4.000 su cui viaggia il noto imprenditore e il meno noto è fiscalmente una dotazione della sua ditta, detraibile come «strumento di produzione», su cui non ha pagato nemmeno l’iVA.
Ovviamente un attore, come ogni professionista individuale, si vede imputare il reddito personale. Quello che lui guadagna con i suoi spettacoli e le sue esibizioni, o le sue prestazioni come, poniamo, chirurgo plastico. E’ facile, troppo facile, identificare in un attore il «ricco». E nessuno si stupisce di scoprire che Donatella Versace «guadagna», per il fisco di Visco,
la metà di Grillo (2,2 milioni di euro): e non si domanda perchè.
Il perchè è che Versace ha una ditta su cui scaricare le spese anche e soprattutto superflue, quelle che creano la ricchezza effettica, siano jet privati o panfili di lusso o alberghi a sette stelle.
Possibile che si debbano ricordare queste cose? Possibile che non si sappiano ancora?
Quarto punto: avete notato che si fa molto scandalo per Beppe Grillo il ricco, mentre non se ne fa per Benigni, la De Filippi o Bonolis, che guadagnano come lui (almeno per il fisco), nè per Maldini, che guadagna il doppio di lui?
Sarà perchè Benigni è «di sinistra» dunque sacralizzato per la Volontà Generale, o perchè la De Filippi e Bonolis fanno miliardi in modo degradante, ma senza criticare la Casta?
Sarà perchè la massa italiota giudica «giusti» e «meritati» i 10 milioni di Totti e i 22,5 di Vieri, più che quelli di Grillo?
Boh.
Certo è che appena una prestazione ha anche solo l’apparenza di essere «intellettuale» – come quella di Grillo è, almeno in confronto a Totti – subito, agli italioti, pare che sia pagata troppo. Le pedate dei calciatori d’oro, invece «meritano» miliardi.
Quinto ed ultimo punto: Visco ha commesso un atto illegale, criminale, da mini-colpo di Stato. E’ sub-ministro di un governo uscente, sconfitto dal voto, e che è in carica – ancora per pochi giorni – per il «disbrigo degli affari correnti».
Ma la pubblicazione delle liste dei contribuenti, offerte a taglieggiatori, rapinatori albanesi e rom, a sequestratori di persona, non è una «normale amministrazione»; è un atto dirompente come un attentato da brigatista rosso.
In un Paese civile, l’atto sarebbe considerato nullo e avrebbe conseguenze penali – non nel nostro, dove la magistratura è parte integrante della Casta e si considera interprete della Volontà Generale.
Nella stessa linea, ha commesso un atto illecito, che rileva della criminalità politica, Livia Turco: la ministra della Sanità di un governo sconfitto e odioso, che come ultimo atto ha consentito per decreto la diagnosi pre-impianto dell’embrione, misura eugenetica, senza l’approvazione del Parlamento, e contro la volontà popolare, che aveva già bocciato il referendum autorizzatore dell’eugenetica.
E’ «golpe di mano» anch’esso ben fuori dei limiti della amministrazione corrente che spetta a un governo uscente e seppellito dalle elezioni.
Con i loro ultimi schizzi di veleno, Visco e la Turco hanno inteso vendicarsi della volontà popolare che li ha seppelliti, e prolungare – nei suoi effetti odiosi – un governo già condannato dalla cittadinanza. Ciò è palesemente fuori da ogni concetto di democrazia, anche della «democrazia» fra virgolette.
Maurizio Blondet
Fonte: www.effedieffe.com
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3.05.08