VIA PADOVA LE BANLIEUES E IL FUTURO

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DI MIGUEL MARTINEZ
kelebek.splinder.com

Finalmente trovo il nome dello straniero, del ragazzo, del cittadino egiziano accoltellato a Milano: Hamed Mamoud El Fayed Adou. Passato in breve tempo da clandestino a regolare a morto a notizia.

Questo ci fa riflettere sull’impossibilità di definire giuridicamente i confini.

Il pericolo si annida tra i clandestini?

Ho conosciuto molte famiglie in cui il marito era in regola, ma non poteva regolarizzare anche la moglie, perché non aveva un reddito sufficiente o una casa abbastanza decente da poter invocare la riunificazione familiare. Lui regolare, lei clandestina, quindi.

Oppure penso a una signora ucraina, il cui figlio minorenne aveva vinto una borsa di studio per un conservatorio: è diventato un pianista affermato internazionalmente. Lei poteva seguirlo per assisterlo, quindi non era clandestina; ma la borsa bastava a malapena per il figlio, e lei per legge, non poteva lavorare, né il marito, poverissimo docente universitario di matematico in patria, poteva aiutarla. E così lei faceva le pulizie in nero. Regolare ma irregolare.

Clandestinità, lavoro in nero… anche la nazionalità ha poco a che vedere con questioni come quella di Via Padova. Se penso all’Egitto, l’ultima parola che mi viene in mente è delinquenza.

L’economista Felice Capretta (sì, è uno pseudonimo) ha un blog  – Informazione Scorretta – estremamente interessante, che rende palesi i meccanismi dell’inganno economico, in parallelo a quelli dell’inganno mediatico.

Ieri, Felice Capretta ha però scritto eccezionalmente di un altro tema – racconta come ha vissuto proprio in Via Padova, a Milano, dove si sono svolti gli scontri di ieri.

Il post descrive in maniera poetica e drammatica un’esperienza autentica: e poesia e dramma sono sempre presenti nella nostra vita reale. Le razionalizzazioni, per quanto aiutino a capire, sono sempre astrazioni.

Il post di Felice Capretta descrive una parte della realtà delle grandi migrazioni. La maggioranza dei migranti che conosco io non vive affatto in quartieri come quello da lui descritto; però quei quartieri esistono.

Il racconto di Felice Capretta sfugge completamente alla logica degli Opposti Moralismi.

Secondo il Moralismo di Destra, l’Italia un tempo sarebbe stato un paradiso in cui tutti prima di addormentarsi la sera, pensavano a come far felice il proprio prossimo (italiano). Poi sono arrivati gli Stranieri, in parte per campare a nostre spese, in parte con l’obiettivo segreto di privarci della carne di maiale e farci indossare curiosi turbanti. Una balla tre volte, perché sono i migranti che si mettono le magliette con scritte americane e non noi che ci mettiamo i turbanti; perché senza i migranti, l’Azienda Italia cesserebbe di produrre; e perché l’Italia degli anni Settanta e Ottanta era molto più violenta di quella di oggi.

Dall’altra parte, più flebile ma più rispettabile, il Moralismo di Sinistra. Che dice che tutto andrebbe benissimo, se non fosse per i  Pregiudizi, cioè i cattivi sentimenti di italiani culturalmente arretrati. Basterebbero il Dialogo e la Cultura dell’Accoglienza, nonché un apprezzamento maggiore per le spezie orientali. Ora, guarda caso, Dialogo e Cultura sono proprio il mestiere del ceto intellettuale subalterno, l’anima della Sinistra postcomunista. E gli intellettuali subalterni, padroni dei congiuntivi, sono gli unici che non lavorano a fianco di stranieri, e non temono la loro concorrenza.

Gli Opposti Moralismi hanno in comune una rimozione di fondo: la percezione del sistema globale che genera lo sradicamento, la migrazione, lo sfruttamento, la concorrenza, la violenza, l’odio – La haine, come si intitola lo splendido film di Mathieu Kassovitz.

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Per questo, i moralisti sono costretti a rifugiarsi in una spiegazione alternativa, che vede semplicemente il gioco dei Buoni e dei Cattivi. Un gioco in cui i punti vengono segnati da fatti di cronaca: se tu tiri fuori il Pakistano Malvagio che picchia la moglie, io ribatto con il Senegalese Onesto che trova un cellulare e lo riporta al suo padrone (italiano).

Sulla soluzione al Problema, ovviamente, c’è divergenza. Ma entrambi sono d’accordo sul modello dell’Integrato Moderato (participio passivo del verbo moderare) cioè il migrante che si inserisce nei meccanismi senza stridere. Certo, per i primi, è una chimera, un ideale rispetto al quale ogni immigrato reale è manchevole; per i secondi, tutti o quasi i migranti potrebbero diventarlo.

E’ irrilevante se l’integrazione in questi termini sia auspicabile o meno. Fatto sta che nella storia delle civiltà, o ci si integra aderendo a un’unica religione, o si viene integrati dallo Stato, attraverso il bastone e la carota di scuola obbligatoria, servizio militare e sistemi di sicurezza sociale.

Invece, lo Stato si sta disintegrando, per mille motivi, tra cui quello mediatico: quando un importante uomo politico deve rincorrere i media a proposito dei temi più frivoli, incrociando le dita che riprendano i suoi comunicati, vuol dire che lo Stato ha cessato di esistere. O meglio, deve dedicarsi solo ad aumentare gli apparati di sicurezza: ai telegiornali, dicono che c’è stata una rissa, ecco che un ministro corre in televisione per dire che sta mandando mille poliziotti.

In Italia, la Regione Lombardia di Formigone è all’avanguardia nell’autodissoluzione statale.

Nell’anno scolastico 2007-2008, in Lombardia, il 99,01% dei beneficiari dei sussidi scolastici regionali erano studenti delle scuole private, che si sono prese il 99,63% di 45 milioni di euro di finanziamento.

Si tratta per la maggior parte di scuole cattoliche, magari del giro di Comunione e Liberazione, ma non facciamoci accecare dall’anticlericalismo: queste cose non succedevano quando il paese era molto più cattolico e c’era la Democrazia Cristiana al potere.

Il dato fondamentale è che chi manda i propri figli a una scuola privata, anche se non è benestante, non ha bisogno di essere integrato.

Non esistono Buoni  e Cattivi nelle vicende come quella di Via Padova, per il banale motivo che gli esseri umani sono più o meno uguali, e la rabbia e il terrore di “italiani” e di “stranieri” sono entrambi giustificati, per quanto si esprimano a volte con ululati fallaciani oppure con sprangate sulle auto.

Via Padova è il risultato di forze storiche immense, che vanno dall’industrializzazione globale dell’agricoltura nel Terzo Mondo alla fame di cocaina e badanti dell’Occidente; dalla facilità di entrare in Italia alla difficoltà di legalizzarsi; dalla necessità di organizzarsi per reti familiari o per bande di giovani maschi per cavarsela in un mondo ricco ma duro, alla dalla crisi economica (esportazioni italiane calate del 20% solo nel 2009) che rende superflui tanti migranti.

Placche tettoniche in moto, come dice Felice Capretta.

Le banlieues sono uno dei due volti del nostro futuro: l’altro sono le gated community, le colonie telesorvegliate per chi se le potrà permettere.

Miguel Martinez
Fonte: http://kelebek.splinder.com/
Link: http://kelebek.splinder.com/post/22252492/Via+Padova+le+banlieues+e+il+f
16.02.2010

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