DI GUNTER TEWS
diepresse.com
La crisi della Grecia viene spesso imputata ai suoi cittadini, definiti spendaccioni e irresponsabili. Ma a guardare da vicino la loro vita è ormai un sacrificio senza fine.
Da 16 mesi ho una seconda casa ad Atene, e ho vissuto questa drammatica situazione sul posto. Ci si lamenta che i piani di risparmio non funzionano perché i redditi fiscali diminuiscono. Si rimette in discussione la volontà dei greci di fare economie. Ma diamo qualche cifra concreta:
– Riduzione degli stipendi e delle pensione fino al 30 per cento.
– Taglio dello stipendio minimo a 600 euro.
– Drastico aumento dei prezzi (gasolio e benzina, 100 per cento; elettricità, riscaldamento, gas, trasporti pubblici, 50 per cento).
– Un terzo delle 165mila imprese commerciali è fallito, un terzo non è più in grado di pagare gli stipendi. Ovunque ad Atene si possono vedere cartelli gialli con la scritta “Enoikiazetai” in rosso – “Affittasi”.– In questa miseria i consumi (l’economia greca è stata sempre molto incentrata sui consumi) si sono ridotti in modo catastrofico. Le coppie con un doppio stipendio (il cui reddito familiare arrivava fino a 4mila euro) si trovano improvvisamente ad avere solo due sussidi di disoccupazione di 400 euro, che per di più cominciano a essere versati con due mesi di ritardo.
– I dipendenti statali o delle imprese parastatali, come l’Olympic Airlines o gli ospedali, non sono più pagati da mesi e il versamento del loro stipendio è stato rimandato a ottobre o all'”anno prossimo”. Il record è del ministero della Cultura: molti dipendenti che lavoravano all’Acropoli non sono pagati da 22 mesi. E quando hanno occupato l’Acropoli per manifestare (pacificamente), sono stati subito caricati e gassati dalla polizia.
– Tutti concordano nel dire che i miliardi dei versamenti dell’Ue ripartono per il 97 per cento direttamente verso l’Unione e le banche, per rimborsare il debito e i nuovi tassi di interesse. Così il problema è con discrezione rigettato sulle spalle dei contribuenti europei. Intanto le banche continueranno a incassare alti interessi fino all’eventuale bancarotta, mentre i crediti sono tutti a carico del contribuente. Di conseguenza non c’è ancora denaro per le riforme strutturali.
– Migliaia e migliaia di piccoli imprenditori, autisti di taxi o di camion, hanno dovuto sborsare migliaia di euro per le loro licenze, e per ottenerle hanno fatto dei debiti, ma oggi si vedono confrontati con una liberalizzazione che permette ai nuovi arrivati di non pagare quasi nulla.
– Si continuano a inventare nuove tasse. Adesso per sporgere denuncia alla polizia bisogna pagare 150 euro sull’unghia. La vittima deve tirare fuori il portafoglio se vuole che la sua denuncia sia presa in considerazione. Nel frattempo i poliziotti sono obbligati a pagare di tasca propria per fare il pieno delle macchine di servizio.
– È stata creata una nuova imposta fondiaria associata alla fattura dell’elettricità. In caso di mancato pagamento viene interrotta l’elettricità.
– Ormai da diversi mesi le scuole pubbliche non ricevono più i libri di testo. Lo stato ha accumulato un debito enorme con le case editrici e di conseguenza le consegne sono state bloccate. Gli studenti ricevono ormai dei cd e i loro genitori devono comprare dei computer per permettere loro di seguire le lezioni. Nessuno sa come le scuole, soprattutto quelle del nord del paese, potranno pagare le spese di riscaldamento.
– Tutte le università sono di fatto paralizzate fino alla fine dell’anno. Molti studenti non possono né presentare la loro tesi né sostenere gli esami.
– Il paese si prepara a un’ondata di emigrazione di massa e spuntano sempre più agenzie specializzate in questo settore. I giovani si rendono conto di non avere alcun futuro nel paese. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 40 per cento fra i giovani laureati e il 30 per cento fra i giovani in generale. Chi lavora lo fa per uno stipendio da fame e a nero (senza alcuna forma di previdenza sociale): 35 euro per dieci ore di lavoro al giorno nel settore della ristorazione. Le ore di straordinario si accumulano senza essere pagate. In questa situazione non rimane più nulla per settori come l’istruzione. Il reddito che il governo greco riceve dalle imposte è quasi nullo.
– Le riduzioni di massa di impiegati della funzione pubblica sono state fatte in modo del tutto antisociale. Si è pensato soprattutto a sbarazzarsi delle persone qualche mese prima del loro pensionamento, così da dover versare solo il 60 per cento di una pensione normale.
La domanda è sulla bocca di tutti: dove è finito il denaro degli ultimi decenni? A quanto pare non nelle tasche dei cittadini. I greci non hanno nulla contro il risparmio, ma ormai non ce la fanno più. E chi ha un impiego si ammazza di lavoro (cumulando due, tre o addirittura quattro lavori diversi).
Tutti i miglioramenti sociali degli ultimi decenni sulla protezione dei lavoratori sono stati cancellati. Lo sfruttamento è ormai senza regole; nelle piccole imprese è soprattutto una questione di sopravvivenza. E quando si sa che i dirigenti greci hanno cenato con i rappresentanti della troika [la Commissione europea, la Bce e l’Fmi] per 300 euro a persona, ci si può chiedere quando la situazione finirà per esplodere.
La situazione in Grecia dovrebbe rappresentare un importante campanello di allarme per la vecchia Europa. Nessun partito favorevole all’ortodossia di bilancio sarebbe in grado di applicare il suo programma, non sarebbe neanche eletto. Bisogna combattere il debito finché è ancora relativamente sotto controllo, prima che diventi una sorta di genocidio finanziario.
Versione originale:
Günter Tews
Fonte: http://diepresse.com/
21.09.2011
Versione Italiana:
Fonte: www.presseurop.eu/it
Link: http://www.presseurop.eu/it/content/article/978451-verso-un-genocidio-finanziario
22.09.2011
Traduzione a cura di ANDREA DE RITIS
via http://crisis.blogosfere.it/