VENTI DI GUERRA

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DI CARLOS A. PEREYRA MELE
Novo Press

La situazione internazionale tende verso un vicolo cieco: lo scontro bellico tra gli USA e l’Iran, annunciato dalle notizie che giungono frammentarie da numerose fonti e dagli specialisti di Medio Oriente. Ormai cominciano ad osservarsi piccole schermaglie che rendono più prevedibile il confronto annunciato ed in preparazione: numerosi esperti avvertono che si potrà giungere persino ad una escalation nucleare. Il dubbio è se gli USA, impantanati tanto in Iraq quanto in Afghanistan, possano permettersi il lusso d’aprire un nuovo fronte, che a nostro avviso sarebbe molto più pericoloso e rischioso non solo per la regione, ma persino per il mondo in generale.

Dobbiamo perciò analizzare gli sviluppi della politica statunitense dall’11 settembre in poi, la quale rappresenta il concretizzarsi non sole delle idee-forza dei neoconservatori, bensì pure degl’interessi del complesso militare-industriale nordamericano; sviluppi che s’inquadrano nella decisione di controllare le risorse energetiche al fine di ridisegnare il mondo garantendosi una superiorità tanto in campo strategico-militare, quanto in quello economico. Se non vi sarà alcuna azione di carattere diplomatico o politico in grado di stemperare il confronto, la crisi si concretizzerà in poco tempo.Ritengo che la situazione tenda al conflitto, fondamentalmente perché tale scontro è risolutivo e decisivo per modellare un nuovo ordine mondiale. In gioco c’è il controllo geopolitico del Vicino Oriente e delle sue risorse: con questo si può spiazzare la strategia russa di cartellizzazione delle potenze energetiche, un’eventualità che gli USA non possono assolutamente permettersi. Per esempio: l’Iràn potrebbe impedire il dislocamento della flotta petrolifera che oggi naviga per il Golfo Persico (e raccoglie il 40% del petrolio vicino-orientale) sbarrandole il passaggio per lo Stretto di Hormuz; inoltre l’Iran possiede la quarta riserva mondiale di petrolio e la seconda di gas, sicché la Russia necessita del suo accordo strategico per poter esportare la propria produzione idrocarburica e quella delle repubbliche postsovietiche dell’Asia Centrale tramite i porti iraniani. Dunque, un attacco all’Iran servirebbe a spezzare la strategia di Putin, impedendogli di consolidare un nuovo asse contrario agl’interessi imperiali del Nordamerica.

Un altro aspetto geopolitico da tenere in considerazione è che l’Iràn si trova in una posizione geografica determinante per controllare il triangolo petrolifero (Mar Nero – Mar Caspio – Golfo Persico), ed è perciò di capitale importanza per i Nordamericani impedire che l’Iràn si trasformi in una potenza regionale grazie all’influenza sul mondo musulmano sciita, anche perché già vanta un invidiabile sviluppo delle forze armate convenzionali, con armamento altamente tecnologico d’origine russa ed una possibile futura componente nucleare: allo stato attuale l’Iràn dispone di missili in grado di raggiungere il sud dell’Europa (Turchia e Grecia) ed altri vicini (Afghanistan e Pakistan), oltre all’Iraq ed allo stesso Israele – situazione quest’ultima inaccettabile da parte degli USA.

Per quanto finora detto, appare quasi certo che la situazione stia volgendo ad un conflitto armato di vaste proporzioni: ci troviamo in una situazione molto simile alla vigilia della Prima Guerra Mondiale quando, in presenza d’un sistema d’accordi strategici di mutua difesa, l’assassinio d’un principe austro-ungarico da parte d’un terrorista serbo a Sarajevo bastò a scatenare la Grande Guerra. Già allora si diceva: da entrambe le parti si mettono in mostra tanti cannoni, che inevitabilmente prima o poi si finisce per spararsi e dopo non c’è modo di tornare indietro. Oggi la flotta statunitense sta muovendo verso la zona, sono state varate due nuove portaerei, si stanno per inviare nuovi contingenti militari in Iraq, è stato richiesto un contributo straordinario per la Difesa (700 miliardi di dollari)… Evidentemente sono pronti a consolidare la politica della guerra infinita, ideata dai tecnocrati neocons quale mezzo per rimodellare a proprio piacere il mondo successivo alla disgregazione dell’URSS, accaparrandosi il controllo delle risorse ed impedendo agli avversari d’accedervi. Il solo metodo per realizzare questa strategia è quello d’utilizzare l’argomento della guerra preventiva.

Commentatori ed analisti della politica di Bush (rappresentanti del pensiero unico e del politicamente corretto) affermano ch’essa incontra una resistenza interna al suo paese, tra la popolazione come tra i politici democratici, troppo forte perché possa continuare a guerreggiare per il mondo; cosa questa che diminuirebbe le possibilità d’un conflitto bellico. Tali riflessioni non vanno prese in considerazione, giacché tutti questi elementi, al momento di prendere le decisioni, sono completamente irrilevanti per la Casa Bianca. Come ho già detto in precedenza, è in gioco la grande partita per il dominio geopolitico ed energetico mondiale, ed in più – almeno secondo i neo-cons – anche la sopravvivenza dello Stato d’Israele: e gl’interessi strategici nordamericani nella regione stanno al primo posto per qualsiasi amministrazione, repubblicana o democratica che sia. È solo di poche settimane fa l’allarme di Zbigniew Brzezinski, secondo cui alcuni settori degli Stati Uniti potrebbero organizzare (o quantomeno non ostacolare) un nuovo attentato terrorista per sfruttarlo quale pretesto d’una guerra già pianificata contro l’Iràn. La storia torna a ripetersi, col leit motiv della “vendetta”: proprio come quando il “giorno dell’infamia” (l’attacco giapponese a Pearl Harbour) o l’11 settembre permisero di lanciare guerre “preventive” ed “infinite”.

Pochi giorni fa, generali russi hanno avvertito che il conflitto è imminente. La cattura d’incursori britannici da parte della Guardia Rivoluzionaria iraniana ricorda i primi passi che portarono al conflitto dell’Atlantico Meridionale [Guerra delle Malvinas, NdT], quando alcuni lavoratori argentini furono arrestati mentre si trovavano su di un’isola contesa dalle due parti.

È inoltre importante sapere che esiste una nuova dottrina nucleare statunitense per l’utilizzo preventivo delle armi atomiche tattiche, conosciuta come CONPLAN 8022, che fu posta in essere dall’ex segretario alla difesa Donald Rumsfeld ed è tutt’oggi in vigore. Quasi sicuramente essa s’applica alla situazione bellica e geopolitica del Vicino Oriente, perché fa parte d’una tattica militare della guerra preventiva, come fu il lancio delle bombe atomiche sul Giappone (paese già praticamente arreso) per spaventare l’URSS.

Dobbiamo infine accennare alle conseguenze di questo conflitto sulla nostra regione sudamericana, considerando che la Repubblica Bolivariana del Venezuela ha stretto accordi strategici con l’Iran e con la Russia, e neppure va dimenticato che l’Argentina è entrata nella partita nel momento in cui, attraverso la sua giustizia federale, ha accusato l’Iràn d’aver commesso attentati nel suo territorio. Certo ciò ci pone nello scenario bellico solo in secondo piano, ma pur sempre dentro lo scenario bellico: dunque, per la nostra sicurezza, sarà bene mostrare la massima attenzione per i prossimi eventi nel Vicino Oriente. Non potremo fuggirne le conseguenze.

Riassumendo: alla luce degli argomenti strategici sopra enumerati, il duo USA-Israele, con l’appoggio delle potenze alleate, s’avvia – nel breve o nel medio periodo – ad una resa dei conti bellica contro il programma nucleare e lo sviluppo militarista dell’Iràn. Il confronto è inevitabile perché in gioco vi sono gl’interessi strategici ed il consolidamento dell’impero americano (o il suo declino), tanto che l’opzione militare è praticamente inevitabile. Ancora è in dubbio come agiranno, questa volta, la Russia in primis ed anche la Cina: tuttavia, questi due paesi sanno d’essere i più esposti in caso di conflitto e si potrebbe ripetere la situazione dei missili a Cuba negli anni ’60, a parti invertite però. In definitiva, è in gioco il disegno del nuovo ordine internazionale che, a seconda di chi uscirà vincitore da questo conflitto, sarà quello d’un mondo unipolare o d’un mondo multipolare.

Il dr. Carlos A. Pereyra Mele è analista politico presso il Centro de Estudios Estratégicos Suramericanos (CeeS), specializzato in geopolitica del Sudamerica.

Versione originale:

Carlos A. Pereyra Mele
Fonte: http://es.novopress.info
Link: http://es.novopress.info/?p=1019
28.03.2007

Versione italiana:

Fonte: http://www.eurasia-rivista.org
Link: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/Venti_di_guerra.shtml

Traduzione di Daniele Scalea

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