USA E DOLLARO CONTRO ORO ED EURO. COMINCIA LA CAMPAGNA D’AUTUNNO

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DI ANTONIO DE MARTINI
corrieredellacollera.com

ANTEFATTO E DISINFORMAZIONE

Il saudita capo dei servizi segreti Bandar Sultan Bush – apparentemente solo lui – sembra avere serie difficoltà ad assorbire le sconfitte.
Appena spentisi – ahimè solo sui media – gli echi degli scoppi di bombe in Siria, i protettori di Assad cioè l’Iran ( al confine), la Russia ( a Volgograd) e la Cina ( in piazza Tien An Men), hanno subìto nell’arco di quarantotto ore attentati mortali ed attacchi alla frontiera da parte di gruppi terroristici sunniti nuovi e sconosciuti o anonimi.

Il governo degli Stati Uniti di fronte a questi fatti terroristici sembra inerte e concentrato sulla difensiva specie sui rumors collegati alle vicende Snowden e Assange anche se nei confronti di nessuno di questi due personaggi sono stati emessi mandati di estradizione e nessun tentativo è stato fatto di bloccare la pubblicazione sul ” Guardian”, mentre il governo britannico fece il diavolo a quattro per coprire le non ragguardevoli tette della principessa ereditaria Kate, ricorrendo alla D notice in patria e alla magistratura in Francia.
Si può ipotizzare che la diffusione delle notizie dei due transfughi non sia completamente sgradita, anche se l’ aver centellinato le stesse può aver creato irritanti e/o non previsti effetti collaterali.

Assange ha reso noto al mondo che “un ministro UE collabora attivamente” con la CIA ( uno solo?) e molti diplomatici annidati nelle ambasciate non solo USA smerciano, con la stampigliatura “confidential” milioni di chiacchiere del tipo che i cardinali non usano internet o che la Merkel viene intercettata.
Edward Snowden, invece, ci dice che sono state ascoltate in un mese 46 milioni di telefonate italiane e sessanta milioni in Spagna.

La Merkel, romantica come tutte le tedesche, c’è rimasta male e se per questo, anche la presidentessa Brasiliana e l’Argentina non l’hanno presa benissimo.

Compiango il computer che ha selezionato e decifrato le vacuità veicolate nell’etere e invidio la società Palantir che pare abbia fatto la fornitura. A tutt’oggi, questi “sforzi antiterrorismo” non hanno provocato arresti. I galeotti di Guantánamo sono sempre gli stessi.

Il solo risultato è consistito nella cessazione immediata delle litanie accusatorie americane contro “gli hacker cinesi” colpevoli di ogni male.
I governi che si indignano conoscono bene le potenzialità tecniche del governo USA che le utilizza da anni assieme a loro in molti casi e se oggi si offuscano per la mancata condivisione di qualche dato, fanno i finti ingenui per non dover ammettere davanti alle rispettive opinioni pubbliche quello che si sa da decenni, ma che oggi impressiona particolarmente a causa delle prove esibite.
Che le proteste ufficiali siano fasulle è provato ( oltre che dal fatto che non ci sono incriminazioni) dalla constatazione che nessuno se la prende con gli altri quattro complici dei cosiddetti “cinque occhi” (Canada, Nuova Zelanda, Australia e Inghilterra) che collaborano dal 1945 con un sistema mondiale di intercettazione anglosassone creato su proposta di Winston Churchill cui si è poi aggiunto Israele.
A gennaio 2012, un sottotenente della marina canadese ( Paul Jeffrey Delilah) membro dei “Five eyes”, fu arrestato per aver passato – per denaro e per quattro lunghi anni – i segreti del sistema “Five eyes” ai russi, ma la notizia non valicò il cerchio degli iniziati, anche se qualcuno iniziò a interrogarsi su quanto fosse utile un sistema ormai noto ai russi in ogni dettaglio.

Gli scandali di questi giorni erano stati profeticamente (?) previsti dall’ufficio del budget della Casa Bianca che a inizio anno ha vistosamente ridotto lo stanziamento della intelligence community americana nell’anno fiscale 2013. Se ben ricordo, 5 miliardi.
Adesso ridurranno i controlli telefonici “antiterrorismo” con cui sorvegliavano la Merkel e colleghi di governo o forse smantelleranno il sistema Five eyes ormai “bruciato” dalla spia canadese.

Nel baillamme generale, l’unica cosa che i capi di stato e di governo hanno certamente capito è che persino le loro telefonate più private – anche quelle sentimentali delle signore – sono registrate e che un leak potrebbe tradire i loro più riposti rapporti con il governo americano e che faranno meglio a tenerlo a mente in occasione della prossima importante crisi e che è già arrivata: la crisi dell’Euro.

IN COSA CONSISTE

L’attuale quotazione dell’Euro non è così forte da provocare una grave crisi diplomatica con gli USA, ma è abbastanza forte da provocare un restringimento della base occupazionale e delle esportazioni dei paesi europei. Questa crisi, che si aggiunge alla crisi della bolla internet, a quella dei subprime, a quella immobiliare, a quella bancaria, a quella produttiva e a quella occupazionale, rischia di spezzare il processo di unificazione europeo che – per quanto criticabile e imperfetto – è l’unico ( se emendato e realizzato) in grado di competere con gli USA a livello mondiale e mettere in crisi lo strumento di dominio mondiale in mano agli USA: il dollaro.

Ormai al cambio, per avere un euro bisogna pagare un dollaro USA e trentanove centesimi: l’euro è considerato troppo forte dagli acquirenti mondiali di beni industriali e le esportazioni UE ne soffrono e quelle USA , no.

In pratica è come se le imprese americane vendessero col 40% di sconto rispetto a noi.
L’inflazione nella zona euro ( 1,5%) è praticamente inesistente. Il tasso di interesse della BCE ( Banca centrale Europea) è ormai dello zero per cento e quindi non è in grado di stimolare l’economia alla crescita. Bloomberg da ieri fa notare che “nelle ultime tre settimane i bond italiani danno cenni di cedimento.” I francesi continuano a perdere cinquantamila posti di lavoro al mese. ( la ripresa occupazionale di agosto era provocata da un inconveniente tecnico che si è riflesso sulla statistica, ma è stato corretto).

La sola possibilità di dare ossigeno alle imprese ed ai consumatori europei consiste nel realizzare una forma di quantitative easing che questo blog consiglia da tre anni e che il patrio governo rifiuta di attuare preferendo una politica di incremento delle tasse e riduzione ( mai attuata) della spesa pubblica patrocinato dalla Germania.

Sola eccezione, Mario Draghi che ha aggirato il divieto germanico stampando un nuovo taglio da cinque euro, ma si è trattato di un escamotage di corto respiro.

La Germania, forte di un surplus commerciale quasi triplo in termini reali e assoluti rispetto alla stessa Cina, vuole tornare al Gold Standard e opera in questa direzione anche se questa scelta antinflazionistica, attuata alla teutonico-talebana, penalizza molti paesi della Unione Europea, tra cui il nostro, che si trova ad avere la quarta riserva aurea del mondo, ma i conti devastati dal regime democristiano e socialista anni settanta e ottanta, ad essere legato politicamente agli USA e economicamente alla Germania.

Questa persegue un disegno egemonico mondiale in campo economico, puntando ad ancorare la moneta all’oro. Non compete direttamente con gli USA, ma la sua scelta comporta il crollo americano. E’ la replica del secondo conflitto mondiale con il Giappone che ha imparato la lezione.

La classe dirigente tedesca si nasconde dietro una massaia alla cancelleria, un omosessuale agli esteri e un handicappato alle finanze, ma persegue un disegno di respiro mondiale, questa volta non in uniforme e non attacca la Russia che ha una posizione arbitrale sia nel contenzioso strategico con la Cina che in quello economico con la Germania.

Gli Stati Uniti abbandonarono il collegamento del dollaro con l’oro nel 1971 e da allora hanno attuato il quantitative easing ( nome nuovo per una pratica già attuata con successo da Adolf Hitler per uscire dalla grande inflazione del primo dopoguerra) consistente nello stampare tanto denaro quanto necessario al rilancio dell’economia considerando che “la vera ricchezza su cui misurare un paese è il suo apparato produttivo e la sua capacità di penetrazione commerciale nel mondo” e ignorando l’ancoraggio all’oro-misura del valore.

Certo, attuare il quantitative easing per quasi mezzo secolo ( in questo momento stampano 85 miliardi al mese…) potrebbe creare un problema di credibilità nell’ipotesi di una richiesta di rientro dal debito, ma nessuno si sogna di chiedere il rientro a un debitore manesco che domina i mari del globo con diciannove portaerei.

Durante la recente crisi per l’approvazione del bilancio americano in cui si parlava di default i tassi di interesse del debito USA non si sono mossi di un millimetro. Chi spera nel default del dollaro si disilluda: la legge per i forti non è la stessa nostra. Il ferro pesa più dell’oro.

Su questa scelta di inflazione gli Stati Uniti marciano assieme all’Inghilterra ed al Giappone che dopo un ventennio di ostinata politica deflazionistica, si è recentemente convertito ed ora ha un tasso di crescita impressionante. Alla lunga, dicono gli economisti ortodossi il default è inevitabile. Alla lunga, dicono in molti ( ed anche io) saremo tutti morti.

Allo scontro geopolitico tra Cina, Russia e USA si aggiunge lo scontro economico ed ideologico tra la triade del quantitative easing appena citata, da una parte e la Germania dall’altra, attorniata dai vari paesi della UE alcuni dei quali stanno dando segnali di esaurimento economico e politico.

La Russia non sfida apertamente il dominio del dollaro, mentre i cinesi cercano di affermare la loro moneta come moneta per gli scambi internazionali ( per ora solo bilaterali) con India, Indonesia e Giappone tra gli altri.

La Germania ha trascinato gli europei fino al traguardo elettorale tedesco facendoci soffrire in attesa di un momento di sollievo. Adesso vuole aspettare le elezioni europee per distinguere gli alleati buoni dai cattivi e i fedeli dagli infedeli, ma sono in molti a ritenere che stia tirando troppo la corda.

Gli USA hanno scelto questo momento per attaccare nuovamente e l’Italia come lo swerpunkt dell’attacco. L’anello debole, al solito.

Antonio De Martini
Fonte: http://corrieredellacollera.com
Link: http://corrieredellacollera.com/2013/10/28/usa-e-dollaro-contro-oro-ed-euro-comincia-la-campagna-dautunno-di-antonio-de-martini/#more-20834
29.10.2013

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