Uno strano suicidio

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di Costantino Ceoldo
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Ci sono eventi che sono veri e propri fulmini a ciel sereno e che lasciano stupefatti e interdetti coloro che ne vengono a conoscenza. Tra questi, c’è sicuramente l’apparente suicidio del dottor Giuseppe De Donno che secondo i rapporti della polizia si sarebbe tolto la vita impiccandosi il 27 di questo luglio.

Chi era Giuseppe De Donno? È un nome che non dirà nulla a molti italiani dalla memoria corta eppure il dottor De Donno è stata la prima luce di speranza nel periodo più buio del 2020, quando l’epidemia di coronavirus stava spazzando l’Italia e sembrava che la nostra fine fosse dietro l’angolo.

Giuseppe De Donno era un medico, primario di pneumologia presso l’ospedale “Carlo Poma” di Mantova. Profondamente religioso. Cattolico. Era evidente che sentiva il peso etico della sua professione. Si era sforzato di trovare un modo per salvare gli ammalati di Covid, spinto dalle sue convinzioni e dal dovere imposto dal suo giuramento di medico.

Quelli erano i giorni in cui molti italiani, carne e sangue della nostra terra, morivano come mosche mentre la medicina era paralizzata e un governo destinato a durare un solo anno brancolava nel gestire la situazione.

Facciamo un piccolo passo indietro.

La missione di aiuto cinese in Italia. Arriva su un aereo cargo carico di mascherine, ventilatori polmonari, farmaci antivirali che i cinesi avevano sperimentato a casa loro, erbe curative della tradizione cinese (Artemisia?) e alcune… sacche di plasma sanguigno di pazienti guariti dal Covid.

Dev’essere stata quella la scintilla che ha acceso il pensiero di De Donno e che lo ha portato a somministrare ai suoi pazienti il plasma sanguigno dei primi guariti italiani. Come è oramai noto, molte persone guariscono dal Covid anche senza l’uso di farmaci particolari. Se il sistema immunitario di un ammalato sconfigge la malattia da solo, allora il plasma sanguigno dei guariti, opportunamente trattato, potrebbe essere, forse, una giusta soluzione in attesa di un vaccino efficace, un’arma nelle mani di chi sembra disarmato. Potrebbe. Purtroppo, in un mondo ideale, ma non nell’Italia di oggi.

De Donno non era un “no-vax”: era un medico che voleva fare fino in fondo il proprio lavoro. Quindi si organizzò per massimizzare i risultati. Anche su Facebook, con il suo profilo e una pagina dedicata. Tenne svariate video conferenze con colleghi all’estero, in cui spiegava le ragioni della sua idea e ne discuteva limiti e possibilità. Una sacca di plasma poteva bastare per uno o due pazienti i quali guarivano in pochi giorni. De Donno li mostrava guariti e sorridenti: che io sappia, nessuno di loro ha avuto ricadute o manifestato effetti collaterali. I pazienti guariti lo ringraziavano felici.

Quando sembrava che questa strada fosse in discesa e che l’Italia fosse oramai pronta a liberarsi dalla morsa della paura, partì un fuoco di sbarramento di una incredibile intensità: De Donno fu attaccato da tutti i media ufficiali che misero in dubbio il suo curriculum, le sue competenze, i suoi scopi. Saltò fuori un sito estero che riportava un numero di telefono collegato ad una segreteria telefonica a cui rispondeva una voce che “sembrava” la sua. Gli fu in breve riservato lo stesso trattamento che era già capitato al professor Giulio Tarro, allievo scientifico del grande Albert Sabin, e al filosofo Giorgio Agamben. Tarro aveva avanzato dubbi, da un punto di vista medico, sulla gestione italiana della pandemia mentre Agamben aveva coraggiosamente sollevato non poche perplessità sull’impatto sociale e giuridico delle disposizioni governative, affermando con forza un principio più alto nell’esistenza umana affinché essa non fosse semplicemente ridotta a “nuda vita”.

Fu ordinata un’ispezione ufficiale nel reparto di cui De Donno era primario: non fu trovato nulla e non ci fu nessuna denuncia contro di lui.

Infatti, come incriminare qualcuno che poteva facilmente chiamare come testimoni a suo favore proprio i pazienti guariti e dimessi senza danni alla loro salute?

Tuttavia, il dottor De Donno finì stretto in una morsa senza speranza e la sua terapia fu prima dileggiata e poi abbandonata perché “non convalidata da studi ufficiali”.

In piena epidemia sono state proibite tutte le cure e i famaci che potevano salvare vite umane, vite italiane, carne e sangue della nostra terra. Con inaudita decisione politica, si sono prevaricati i metodi usuali della Scienza stabilendo politicamente a priori cosa dovesse o meno essere efficace e riducendosi così, spesso, semplicemente a guardare gli ammalati e a sperare che non morissero.

Per De Donno fu davvero un percorso in discesa, ma verso la rovina: deve essersi sentito come isolato nel suo stesso, amato, ospedale. Poche settimane fa, da primario ospedaliero a semplice medico di famiglia. Ora suicidato.

Mi chiedo: perché un medico dovrebbe suicidarsi impiccandosi? Per esempio, che io sappia, un poliziotto si suicida sparandosi e un medico sa bene quali sono gli effetti dell’asfissia con una corda al collo. Perché De donno non ha usato qualcuno dei farmaci che conosceva bene e che sicuramente lo avrebbero ucciso velocemente e senza sofferenza?

Chi ha familiarità con certe cose, dovrebbe riconoscere un modus operandi ben collaudato… Io non credo si tratti di un “semplice” suicidio.

Giuseppe De Donno non aveva capito subito la reale natura di questa pandemia, gli interessi geopolitici che stava e sta proteggendo, quelli economici che stava e sta rafforzando, il mostruoso e disumano stravolgimento sociale di cui dovrebbe essere apripista nella mente di uno sparuto ma potente gruppo di pazzi criminali.

No: Giuseppe De Donno aveva pensato di essere solo un uomo che doveva fare il suo dovere di medico fino in fondo. Quando un barlume di verità gli si è palesato davanti, era già troppo tardi:

La terapia con il plasma costa poco, funziona benissimo, non fa miliardari. E io sono un medico di campagna, non un azionista di Big Pharma.”

Queste sue parole, in una intervista del 15 giugno 2020 a “La Verità”, rappresentano il suo testamento umano e, ora, il suo epitaffio.

blankGrazie per tutto il suo impegno, dottor De Donno, noi tutti le siamo debitori. Spero che la terra le sia lieve e che un Dio misericordioso l’attenda in qualche cielo, amandola. Non la dimenticheremo. Mai.
Costantino Ceoldo

Pubblicato da Tommesh per Comedonchisciotte.org

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