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“RIVOLUZIONE” – Il film documentario

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UNO SGUARDO DA TEHERAN

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A cura di Davide
Il 5 Settembre 2013
56 Views

DI FRANKLIN LAMB
counterpunch.org

Da Teheran

A dire la verità, in questi giorni la situazione è un po’ tesa a Teheran, come nella maggior parte degli altri paesi di questa regione, e il vostro osservatore abbastanza presto potrebbe imbarcarsi su quello che per qualche tempo potrebbe essere l’ultimo volo Teheran-Damasco, alla luce di ciò che forse accadrà nei prossimi giorni.

Non è che io abbia fretta di lasciare la Repubblica islamica. Amo l’Iran e la sua gente, che nei loro valori fondamentali e nella visione della vita sono americani quanto la torta di mele. Gli iraniani pensano un po’ come me ed i miei amici a casa, e gli americani pensano un po’ come loro, questo nonostante le loro rappresentazioni estremiste e motivate dalla politica, progettate dai loro governi.Ho frequentato il Congresso su Terrorismo e  vittime del terrore a Teheran dell’Associazione Habilian (familiari delle vittime del terrorismo iraniano) e ho continuato anche un impegno con gli studenti dell’Università di Teheran per esaminare gli effetti delle sanzioni economiche promosse dagli Usa.

Entrambe le attività hanno presentato un’ottima occasione per ascoltare le opinioni degli iraniani su una serie di eventi in corso. Gli studenti stanno esaminando il sistema di sanzioni diretto contro le loro famiglie e i loro connazionali, e una parte del loro lavoro comporta una definizione di “terrorismo economico” (un termine impiegato dal Pentagono se fatto da qualcuno di diverso dal governo degli Stati Uniti o dai suoi alleati). Piuttosto sorprendentemente nella loro chiarezza di pensiero, mostrano un ottimismo e un’umanità davvero stimolanti in questi tempi minacciosi.

Come spesso accade, il terrorismo economico è stato anche uno dei temi del Congresso iraniano sul terrorismo e la delegazione americana ha deciso di concentrarsi esclusivamente su questo tema nel corso della sua presentazione, una presentazione che ha richiesto mesi di preparazione. Come parte del suo lavoro, la delegazione ha presentato un progetto di convenzione internazionale che vieta l’uso di sanzioni economiche contro i civili per scopi politici, tra cui il cambio di regime. Elaborando la storia del terrorismo economico, il gruppo ha esortato il movimento dei non allineati con base a Teheran ( NAM ) ad usare il suo ritrovato potere politico internazionale per guidare la campagna per la ratifica globale del nuovo progetto di convenzione, e di presentarlo alle Nazioni Unite durante la sessione di apertura dell’Assemblea Generale del prossimo mese. I leader del NAM hanno promesso di studiare il progetto e di organizzare una riunione consultiva di follow-up.

Le sanzioni inflitte a una popolazione civile per lo scopo politico di forzare un cambiamento di regime costituiscono un atto di terrorismo come definito da diversi enti del governo degli Stati Uniti – questa era la posizione della delegazione americana, e ciò si applica a qualsiasi governo, incluso il loro, con una lunga storia di popoli colpiti dalle sanzioni economiche (vengono in mente, tra gli altri, Cuba, Vietnam, Cina, Corea, Iran e Nicaragua ).

Per amor di precisione, va detto che, inaspettatamente, a causa di problemi di visto dell’ultimo minuto, l’intera delegazione USA al Congresso ha finito per essere composta da un numero totale di un solo avvocato internazionale. Uno sforzo dell’ultimo minuto è stato effettivamente fatto per convincere Jeffrey Feltman, che a quanto mi risulta non ha problemi di visto, e che alloggiava nello stesso albergo, a partecipare al Congresso sul Terrorismo, raddoppiando così le dimensioni, il peso e l’autorità della delegazione degli Stati Uniti. A Mr. Feltman è stato anche offerta la presidenza della delegazione americana come incentivo, ma, purtroppo, il signore ha rifiutato, citando altri impegni.

Ottenere i visti per visitare l’Iran e la Siria, soprattutto di questi tempi non è un’impresa facile per gli americani, date le ritorsioni e i cambiamenti reciproci nella politica del ministero degli esteri dei due paesi. L’anno scorso, nuovi orientamenti sono stati inviati da entrambi i governi su come elaborare le richieste di visto presentate dagli americani. In questi giorni i cittadini degli USA che vogliono recarsi in alcuni paesi pagano un prezzo alto per le azioni del loro governo.

Parlando con l’iraniano medio, i negozianti, e in particolare gli studenti, si ha un’idea abbastanza buona di quanto l’opinione pubblica in Iran è coinvolta dagli eventi attuali. Viene offerto un quadro molto diverso da quello presentato dai media occidentali, allineati come sono con chi paga il loro stipendio, ma questo sta cominciando a essere vero anche per gran parte dei media non occidentali. Qui nelle strade si trova, anche a fronte del sempre crescente costo della vita, dell’inflazione quasi dilagante e della sofferenza che esse generano, l’orgoglio per come questo paese ha resistito alle sanzioni volute dagli Usa.

Una visione comune, espressa in discussioni informali e anche al Congresso, è che mentre ci sono molti stati che praticano il terrorismo di un tipo o di un altro, tra cui il terrorismo economico, gli USA sono insoliti, in quanto il loro record di relazioni estere sostiene fermamente quanto siano ufficialmente impegnati nel terrorismo economico internazionale. Inoltre ciò avviene su una scala molto superiore a tutti gli altri attori della scena mondiale.

Un professore mi ha riassunto la sua analisi degli effetti delle sanzioni volute dagli Usa, sottolineando il grave impatto sui consumatori iraniani quando vanno al negozio di alimentari, riducendo drasticamente il loro reddito reale, così come gli sforzi del governo per mantenere alcuni sussidi per ridurre il loro impatto. Ha inoltre spiegato i metodi innovativi con cui sia il settore privato che il governo sono stati in grado di ridurre l’impatto di alcune delle sanzioni, mentre ne hanno evitate completamente altre, parlando anche di uno spirito pubblico da “cerchio dei carri” che è emerso in modi inaspettati, portando tra l’altro, a iniziative di quartiere progettate per aiutare i propri vicini di casa con problemi economici.

Tra gli iraniani si trova anche una rabbia crescente per l’attuale questione della ‘linea rossa’ per le armi chimiche in Siria, insieme con la consapevolezza che questo potrebbe portare a una guerra regionale. La campagna americana per bombardare la Siria è vista qui come estrema ipocrisia del governo americano. Più di un interlocutore esprime disprezzo, ricordando azioni dell’amministrazione Reagan durante la fine degli anni 1980, quando non solo la Casa Bianca non interveniva quando Saddam Hussein usava armi chimiche contro le forze iraniane, nonché il “suo popolo”, ma gli Stati Uniti hanno anche aiutato gli attacchi, fornendo intelligence e coordinate di tiro. In altre parole, trovare gli iraniani da uccidere, e fornire i gas per ucciderli.

Il Tehran Times ha scritto ieri: “Funzionari dell’intelligence USA fornivano la posizione delle truppe iraniane in Iraq, pienamente consapevoli che l’esercito di Saddam Hussein le avrebbe attaccate con armi chimiche, compreso il sarin, un agente nervino letale.” Gli effetti di questi attacchi col gas favoriti dagli Stati Uniti si vedono ovunque in Iran oggi, nelle cicatrici cutanee e nelle cattive condizioni di salute delle sue centinaia di migliaia di vittime.

“Come può il popolo americano accettare questo doppio standard, dove va bene e il vostro governo aiuti a gasare gli iraniani e la popolazione del vostro nemico?” È una domanda comune che mi viene fatta.

C’è stata emozione visibile e anche una sorta di gioia questa mattina che il Parlamento del Regno Unito, con suo grande merito, ha appena votato per respingere la mozione del governo Cameron che autorizzava le forze britanniche a bombardare la Siria. Un tassista ha espresso la speranza che “Il vostro Congresso seguirà l’esempio del Parlamento britannico?” Gli iraniani sembrano vedere il voto parlamentare come una vittoria per loro stessi. Dato il ruolo della Repubblica Islamica come un pilastro fondamentale della resistenza all’occupazione sionista della Palestina e agli obbiettivi egemonici nella regione di Stati Uniti e Israele, pochi qui, se ci sono, ritengono che l’attacco degli Stati Uniti contro la Siria non sia in realtà rivolto a loro.

Mentre in alcune capitali i tamburi di guerra diventano quasi assordanti, le espressioni pubbliche in Iran per quanto riguarda le gravi prospettive che si profilano, mi sembrano una retorica meno istintiva rispetto agli ultimi anni. Senza dubbio ci sono molte ragioni per questo, tra queste i risultati delle recenti elezioni in Iran, viste qui come un segnale incoraggiante di stabilità e di democrazia nella regione. Teheran ha chiarito a Jeffrey Feltman questa settimana che è pronta per una cooperazione seria al fine di risolvere pacificamente la crisi in Siria.

Come ha recentemente sottolineato Hossein Mousavian, ricercatore presso l’Università di Princeton, la cooperazione tra Stati Uniti e Iran nel 2001 per quanto riguarda l’Afghanistan, che ha provocato la caduta dei talebani e di Al Qaeda (almeno per un po’), è lo schema per un nuova collaborazione. Scrive Mousavian: “Questa collaborazione non dovrebbe essere limitata alla Siria. Il Medio Oriente richiede una gestione del tempo, e di conseguenza, la gestione delle crisi (di questa e di altre crisi) sarebbe un cammino utile per questa collaborazione.” Egli ritiene che gran parte del pubblico iraniano e americano sarebbe d’accordo, e che ci sono segni di speranza durante questo temuto periodo apocalittico.

Franklin Lamb
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/2013/08/30/a-view-from-tehran

31.08.2013

Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di REMULAZZ

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