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La Redazione

 

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UN'EUROPA DA CAMBIARE

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A cura di Davide
Il 3 Giugno 2005
23 Views

DI GIULIETTO CHIESA

Francia e Olanda hanno detto un no secco, drammatico, al Trattato Costituzionale. E’ stata una scelta popolare molto importante, storica, che influenzera’ non solo la velocita’ (rallentandola) del processo d’integrazione europa, ma anche le forme e i contenuti. E poiché l’Europa é ormai un gigante da quasi mezzo miliardo di persone e la cui moneta influenza in modo determinante la finanza e l’economia mondiale, influenzerà il mondo intero.
Che succederà ora? Nessuno lo sa esattamente, ma si puo’ procedere per gradi di probabilità nel cercare di indovinare.

La Costituzione doveva entrare in vigore nel 2006, dopo la ratifica dei 25 stati membri. E’ probabile che cio’ non si verificherà più. Non, almeno, in questi tempi. Ma è altrettanto probabile, io credo, che il processo di ratifica non si fermerà. Infatti, perchè dovrebbe fermarsi? In fondo sarà utile conoscere il parere di tutti, non solo dei francesi e degli olandesi. Inoltre nove paesi hanno già ratificato il Trattato Costituzionale: alcuni, come la Spagna, mediante referendum, altri, come la Germania e l’Italia (e questo è male), con pronunciamento parlamentare.

Indietro, comunque, non si andrà, perchè l’Europa è una grande macchina che nessuno intende veramente fermare, perchè nessuno dei suoi membri è interessato a fermarla. Ma la battuta d’arresto deve indurre a una profonda riflessione. Prima di tutto perché essa rende palese un abissale distacco tra le rispettive istituzioni politiche, tra i partiti e coloro che dovrebbero – e non sono – essere da loro rappresentati.
Essa dice, in primo luogo, che i popoli europei sono stati lasciati in disparte, che non hanno contato. E sono divenuti diffidenti. La maggioranza dei partiti francesi, e olandesi, era favorevole al si . Il pubblico ha votato no . E’ ben vero che i cittadini europei sanno poco o niente dell’Europa, ma appare di peggio: che i partiti sanno poco o niente dei loro cittadini.

In questo senso Chirac è stato audace e, nella sua sconfitta, anche personale, va lodato. Per suo merito oggi i francesi (e, di riflesso; anche gli altri europei) sanno di più della loro nuova casa europea di quanto non sapessero tre mesi fa. Cio’ aiuterà, in prospettiva, il cammino europeo comune. Meglio farebbero tutti e 25 i paesi europei (meno quelli che l’hanno già fatto) a indire analoghi referendum anche se non ne sono obbligati dalle rispettive Costituzioni.

Ma i due voti francese e olandese dicono molte altre cose, importanti e niente affatto negative.
Una di queste è che gli europei non intendono rinunciare al modello della “vecchia Europa”, fatto di sicurezza sociale, di certezze conquistate da tempo. Bruxelles ha offerto finora un’immagine troppo neo-liberista, troppo “americana”. I francesi e gli olandesi vogliono un’Europa “europea”. Credo che siano in vasta compagnia.

E poi ci sono europei che non vogliono l’Europa, e bisogna tenerne conto. Ci sono europei che vorrebbero un’Europa che non perda la sua – ancorchè provvisoria – identità. E ciò che temono è l’allargamento dei suoi confini oltre i limiti dell’Europa che sanno riconoscere, per esempio fino alla Turchia. E ci sono quelli che vorrebbero un’Europa che non comporti alcun prezzo da pagare, e nessun rischio, cui non piace la delocalizzazione a est delle imprese (che ci sarebbe ancor peggio, se non ci fosse l’Europa).

Nei referendum francese e olandese sono confluiti molti motivi diversi, non tutti, anzi in minoranza, antieuropeisti. Il no ha raccolto consensi, specie a sinistra, anche tra coloro che volevano saldare i conti con Jacques Chirac. Cioè è stato anche il risultato della lotta politica interna francese. Niente a che vedere con l’Europa e la sua Costituzione.

In ogni caso non è una tragedia. E’ un dato che dev’essere considerato normale in un processo estremamente complicato e difficile, pieno di quelle stesse contraddizioni che l’hanno reso possibile, fino ad ora. Chi si strappa i capelli per la disperazione, oggi, mostra di non avere ben compreso le difficoltà e la grandezza del compito, e mostra di essersi illuso di poter mettere impunemente il carro delle istituzioni davanti ai cavalli, che sono i popoli d’Europa.

Giulietto Chiesa
Fonte:www.giuliettochiesa.it
2.06.05

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