DI MICHAEL LEMONICK
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Gli epidemiologi hanno notato già da diverso tempo una possibile correlazione tra il diabete di tipo 2 – quello che è associato all’obesità, e che spesso compare in età adulta – e il morbo di Alzheimer. Ora, un certo numero di studi molto recenti presentati ad una grande conferenza sull’Alzheimer tenuta a Madrid ha rafforzato questo legame. In uno di questi studi alcuni ricercatori svedesi hanno osservato 1173 persone oltre i 75 anni, concludendo che chi è affetto da diabete di tipo 2 – ovvero iperglicemia cronica – è nel 70% dei casi più facilmente a rischio di sviluppare l’Alzheimer rispetto a chi ha i valori glicemici nella norma.
Un altro studio effettuato negli Stati Uniti ha esaminato 22.852 analisi mediche sul diabete di tipo 2 che non riportavano alcun sintomo di demenza allo stadio iniziale, rilevando che quanto più il livello di glicemia tendeva ad essere alto, tanto più era elevato il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Diversi altri studi suggerivano, pur in assenza di prove fattuali, che una certa classe di farmaci antidiabetici chiamati glitazoni potrebbero ridurre il rischio di Alzheimer.Non emerge ancora chiaramente il motivo per cui il diabete e l’Alzheimer dovrebbero essere correlati. Una possibile spiegazione può essere che l’insulina in eccesso che l’organismo produce per cercare di controllare il tasso di glicemia possa infiammare i vasi sanguigni – il che spiegherebbe anche come il diabete generi vari tipi di cardiopatie. Ma se da un lato non è ancora stato stabilito con certezza che cosa succede, il risultato può contenere in sé una notizia buona e una cattiva. La cattiva notizia è che il diabete di tipo 2 si è esteso in maniera allarmante, parallelamente ad un popolo americano che nell’ultima ventina d’anni è diventato sempre più obeso – il che significa che l’epidemia dell’Alzheimer che è prossima a dilagare come semplice risultato dell’invecchiamento di tutta la generazione Baby Boom potrebbe imperversare molto più di quanto ci si possa immaginare. La buona notizia è che se si va più a fondo nella comprensione di quali siano le cause precise dell’Alzheimer – o anche individuando da vicino una causa possibile – i dottori potrebbero essere in grado di evitare questa piaga in tempo prima che la generazione Baby Boom arrivi all’età di 70 e 80 anni.
Michael D. Lemonick
Fonte: http://www.time.com
Link: http://www.time.com/time/health/article/0,8599,1215243,00.html
17.07.2006
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RUGGERO ORLANDI