DI CHARLES SULLIVAN
Carolyn Baker blog
Oggi in tarda mattinata ho sentito due orioli del nord cantare lungo il margine del bosco dietro casa mia. L’acchiappamosche dalla grande cresta svolazza fra le chiome degli alberi alla ricerca di insetti, e cinguetta a voce alta da un trespolo nascosto molti piedi al di sopra del terreno. Non vedevo l’uccello ma ne conosco il richiamo. Il tordo dei boschi e il cardellino scarlatto stanno cantando nella foresta, e il suolo è rinfrescato dall’ombra per la prima volta quest’anno. Come risultato, le piante che preferiscono l’ombra sono in fiore, e una moltitudine di eventi associati si sono messi in moto. Ed una stagione passa in un’altra così come l’anno spiega le vele di continuo, come le foglie di una giovane felce.
Trasportando la mia macchina fotografica e il mio treppiede mi sono avviato verso le orchidee che crescevano lungo il corso d’acqua. Sarebbe stato meglio avventurarsi fuori prima, quando la luce era più favorevole. Ora è troppo forte, sebbene abbondantemente filtrata dalle foglie. Tuttavia, ho fatto le mie 29 fotografie, delle quali nessuna particolarmente buona. Forse domattina mi avventurerò fuori un po’ prima per approfittare della luce, sempre che il tempo sia sereno. Continuo a lamentarmi del fatto che avrei dovuto smettere di scrivere prima per addentrarmi nel bosco. La luce buona non aspetta nessuno, uomo o donna che sia. Oramai avrei dovuto imparare questa lezione basata sulle conoscenze che ho acquisito.
Esiste fra i fotografi naturalisti una specie di Giuramento di Ippocrate. Primo non nuocere all’ambiente. Sebbene io tenti di stare attento ed essere rispettoso mentre faccio fotografie, sono sempre a disagio riguardo l’impatto ambientale di essere su un pendio con tutto il mio equipaggiamento, specialmente poco dopo che ha piovuto. Fare fotografie di questo tipo, specialmente macrofotografie, causa un movimento nel suolo e questo può portare ad un’erosione, generando un’indesiderabile catena di eventi in successione. Una persona deve riflettere molto ed essere attenta a quello che fa in un bosco. Se l’atto di preservare l’immagine di un bel fiore causa la sua morte, non vale la pena di farlo.
Una delle cose più attraenti a proposito della storia naturale e della fotografia naturalistica non è solo avere il privilegio di fotografare oggetti e paesaggi bellissimi, ma che essa ci consente l’opportunità di stare da soli in posti sacri vicino a essi. Ci permette di sentirci connessi a loro, e da questa associazione deriva un senso di appartenenza. Non siamo solo una famiglia umana: facciamo parte di un’unica famiglia biologica che condivide spazio e tempo con tutti gli esseri viventi. Alcune tribù native americane di Turtle Island un tempo si riferivano a ciò come un camminare sacro. Questo è quel che cerco di fare, ma non riesco sempre, nonostante le mie migliori intenzioni.
Appartenere ad una famiglia comporta delle responsabilità, proprio come lo implica appartenere a una comunità. La conoscenza dell’interdipendenza e della connettività richiede che tale conoscenza venga condivisa, e che si agisca responsabilmente sulla base di essa. Sarebbe considerato irresponsabile e immorale sfruttare i beni della propria famiglia per un guadagno personale. Tutto quel che facciamo ci ritorna indietro e ciò è ben intuito dalla frase: “raccogliamo quel che abbiamo seminato”. Questa perla biblica miseramente parafrasata è anche una verità ecologica: tutte le cose sono connesse e interdipendenti. Ciò che fa il giro ritorna indietro (“chi la fa l’aspetti”), senza eccezioni.
Ogni cosa che facciamo si riverbera attraverso l’intero sistema perché esso è chiaro e interconnesso; è un mondo dalle dimensioni circoscritte. Perfino il cosmo, vasto e impenetrabile, ha dei limiti, stando a quel che sappiamo. Un altro modo per descriverlo è parlare di causa ed effetto. Il riscaldamento globale e la sovrappopolazione sono esempi di questo fenomeno. Tutti gli impatti ambientali sono cumulativi. Mentre impatti individuali possono sembrare piccoli e insignificanti, combinati sono grandi e globali. Dunque, bisogna capire che l’impatto non rimane locale. Tutto si muove attraverso il sistema ecologico. Gli effetti locali non rimangono circoscritti per molto tempo; si riverberano per tutta l’intera ecologia, e con conseguenze diffuse. Ecco perché dobbiamo meditare bene ed essere etici in tutto quello che facciamo.
Tutti gli esseri hanno un impatto, e perciò ognuno di loro lascia un’impronta ecologica. Alcuni di questi impatti sono in armonia con la biosfera e per tale ragione sono in conformità con i principi organizzanti della vita; mentre altri sono discordanti. Un esempio di armonia è la raccolta sostenibile delle noci, poiché ne lascia abbastanza all’uso degli altri animali per la riproduzione perpetua della specie; mentre un taglio netto e la rimozione della cima di una montagna sono esempi di eccesso e discordanza. Alcune azioni rafforzano la vita, altre la indeboliscono.
Consumo e rifiuti eccessivi, e l’espansione economica senza fine che essi causano, sono il principio governante del capitalismo e della sovrappopolazione; e, piaccia o no, essi sono fondamentalmente in conflitto con l’ordine naturale delle cose. Tale ideologia si trova all’opposto del principio organizzante della vita e ha l’effetto di diminuire la biodiversità e i processi ecologici da cui tutta la vita dipende.
Capitalismo e riduzionismo ritengono che tutte le componenti della biosfera siano una risorsa quando, nei fatti, esse sono fonti di vita. A un certo punto della Storia dell’uomo, egli ha cominciato a fare a pezzi le cose in un tentativo di guadagnare una conoscenza e una comprensione scientifiche dettagliate; tuttavia, qualunque cosa allontanata dall’insieme organico è destinata a morire. E’ facilmente comprensibile che se qualcuno rimuove il cuore di un altro/a dalla cavità pettorale, quella persona morirà rapidamente. Il cuore è un organo vitale che pompa sangue verso ogni parte del corpo: è una parte di un tutto connesso. Recidi questa connessione e il corpo collasserà, con conseguente morte.
Analogamente, la natura non ha parti che non contano. Le Terra funziona come un singolo organismo vivente dalle proporzioni planetarie. Ogni cosa sotto il sole esiste per un proposito; ogni organismo gioca un ruolo vitale nell’ecologia locale, regionale e globale. Rimuovere o distruggere una parte significa far soffrire tutto il sistema; si ha minori possibilità, opzioni precluse, e processi naturali sovvertiti, con conseguenze per un incalcolabile numero di specie, incluso l’Homo sapiens.
L’uomo occidentale tende a dare valore alle parti della natura che possono essere sfruttate economicamente, e a non darne a quelle che non possono. Districando continuamente le parti separate della natura e isolandole dal loro insieme organico, stiamo disfacendo la reale struttura della vita; stiamo giocando a fare dio. Di conseguenza, stiamo vivendo nel pieno del sesto episodio di grande estinzione in 4.5 miliardi di anni di Storia terrestre, e ne siamo la causa primaria. Pochi Statunitensi sono consapevoli di questo fatto. Non è doveroso pubblicizzare che il capitalismo sta uccidendo la biosfera; non è buono per gli affari. Chi vuole essere un cancro? E gli sciocchi credono siano gli affari, invece che l’ecologia, a far girare il mondo. Dopo tutto, le indicazioni autostradali per la West Virginia, lo Stato dove vivo, sono seguite da queste parole rivelatrici: aperta agli affari. Che cosa ne è di ciò che è selvaggio e meraviglioso?
Ormai dovrebbe essere evidente che è stupido pensare alla Terra come a una risorsa piuttosto che come a una fonte. Tutte le cose, compreso l’Homo sapiens, sono connesse da un groviglio di catene alimentari sovrapposte e di processi naturali; e noi siamo legati ad essi inestricabilmente. Lontane da questo tutt’uno, le cose periscono e riducono la biodiversità; connesse, fioriscono e lo migliorano. C’è abbastanza sovrapposizione in queste catene alimentari interconnesse che se una parte della rete è recisa o danneggiata, essa continua a funzionare ragionevolmente bene, seppur con una capacità minore. Se un numero sufficiente di queste catene alimentari viene compromesso, le conseguenze saranno disastrose con un derivante collasso ecologico finale.
La nostra intera cultura riduzionistica è impegnata a distruggere cose che non potranno mai più essere riassemblate e riportate alla vita. L’ambientalista Aldo Leopold ha saggiamente osservato: “La prima regola di un riparatore fai da te intelligente è di conservare tutte le parti”. Forse però non c’è riparatore intelligente che tenga quando la grande rete della vita non può essere riassemblata e ricostituita interamente di nuovo. La moderazione potrebbe essere la via più saggia. L’intelligenza senza saggezza è una cosa sia pericolosa che brutta.
Il grande pericolo nel vedere la natura come una moltitudine di oggetti e processi isolati sta nel fatto che niente vive in isolamento o distante da niente. Stiamo vedendo il mondo attraverso una lente che contraddice la realtà; un modo che ignora come funziona la natura. La comprensione fondamentale dell’ecologia è che tutte le cose sono connesse, e tale è la maniera in cui dovremmo vederle. Forse questo è il ruolo più vitale che gioca l’educazione ambientale: di insegnarci non solo il rispetto per tutti gli esseri viventi, ma anche a ripristinare l’abilità di vedere tutte le cose in termini di inter-connettività. Questo è il modo in cui le culture sostenibili hanno sempre visto il mondo, e faremmo bene a imitare il loro esempio; per ricreare un nuovo e vecchio paradigma che è in armonia con i ritmi della vita, e rispettoso degli altri esseri e delle culture diverse; e i processi naturali che li e ci accompagnano, dentro l’esistenza.
Quindi la prossima volta che vai in un campo a vedere un albero, prova a vedere tutti i processi e tutti gli organismi viventi che cooperano per produrre quell’albero. Vedrai un qualcosa (in effetti, molte cose) che è più grande della somma delle sue parti. Vedrai più che un albero; molto di più: vedrai un’aura di vita interdipendente.
Pensa agli insetti che impollinano i suoi fiori, agli uccelli migratori che si nutrono di essi. Pensa ai microbi nel suolo che permettono alle sue radici di ottenere azoto, e ai vermi che lavorano e aerano il suolo permettendo alla pioggia di penetrare profondamente nelle fresche cantine della Terra. Rifletti per un momento sugli agenti decomponenti che spostano sostanze nutrienti attraverso il suolo, rendendo possibile la vita in superficie. Pensa alla respirazione delle foglie degli alberi che emettono umidità nell’aria, e pensa ai cicli idrologici che circolano intorno al globo e come risultato producono pioggia. Considera anche gli alisei e le grandi correnti oceaniche che regolano la temperatura globale. Pensa anche al sole che fornisce l’energia per il riscaldamento che guida l’intero processo. Pensa agli insetti che si muovono sotto la corteccia e il picchio che se ne mangia qualcuno, e alleva i suoi piccoli in cavità create nel suo tronco; o lo scoiattolo grigio che raccoglie le noci da quell’albero, e ne semina alcune in altri luoghi. Questa è una visione ecologica, e riflette la realtà, il modo in cui il mondo funziona.
Se l’economia deve ancora diventare una scienza reale, piuttosto che il volo stravagante dell’immaginazione che spesso è, dovrà essere costruita intorno a principi ecologici, e dovrà essere tinta di etica. Immaginalo, se puoi.
Charles Sullivan è un fotografo naturalista, un educatore ambientale e uno scrittore free-lance che risiede nella provincia Ridge and Valley della West Virginia. Accoglierà i vostri commenti al csullivan@(no spam)copper.net
Charles Sullivan
Fonte: carolynbaker.net
Link: http://carolynbaker.net/site/content/view/491/
14.05.08
Traduzione per www.comedonchisciotte.org di MESPE