UNA TEORIA: UN ESEMPIO DI OPERAZIONE FALSE FLAG NELL’INVASIONE ITALIANA DELLA GRECIA AVVENUTA NEL 1940

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DI UGO BARDI

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L’attacco italiano alla Grecia dell’ottobre 1940 è stato uno dei più grandi errori militari della storia e si potrebbe addirittura sostenere che sia costato alle forze dell’Asse l’intera guerra. Qui, discuto come questo attacco sia uno dei pochi casi documentati di un’operazione “false flag” strategica implementata per creare un pretesto per l’intervento militare.

Gli attacchi false flag sono argomento popolare ai nostri giorni: operazioni segrete portate avanti dai governi per gettare discredito sui propri nemici militari e politici. In ogni caso, provando ad analizzare la questione più approfonditamente, si incontra un’incredibile varietà di tesi e contro-tesi. Da un lato ci sono quelli che semplicemente si fanno beffe dei cospirazionisti e delle loro teorie e dall’altro quelli che elencano casi e casi di presunti attacchi false flag, dall’affondamento del Titanic all’esplosione della gomma del furgone dello zio Joe. Dunque, questi attacchi esistono? E se sì, quanto sono comuni?

Ci sono molti casi di false flag strategici che possono essere definiti quasi certi, o almeno, molto probabili. Forse il miglior esempio di un attacco false flag documentato è l’ “Incidente di Gleiwitz” del 31 Agosto 1939, quando le forze naziste finsero che i Polacchi avessero attaccato una stazione radio tedesca, per giustificare l’invasione della Polonia. Un caso più recente è l’ “Operazione Northwood”, la quale, però, non è mai stata portata a termine. Ci sono molti altri esempi in cui si grida al false flag, ma mancano le prove. Il miglior esempio è l’incendio del Reichstag, a Berlino, nel 1933, molti dettagli del quale sono tutt’ora oscuri.

Data la scarsezza di esempi storici dimostrati, penso sia il caso di aggiungere un caso di attacco false flag che possa essere dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio e che non sia ben conosciuto nel mondo inglese. Si tratta dell’operazione false flag che ha preceduto l’attacco italiano in Grecia, iniziato nell’ottobre 1940 su ordine del governo Mussolini.

La storia della guerra italo-greca è ben descritta da Mario Cervi nel suo libro del 1969 “Storia della guerra di Grecia” (tradotto in inglese come “The hollow legions”). Non scenderò nei dettagli del perché il governo italiano avesse voluto imbarcarsi in questa campagna senza senso. Diciamo solo che le persone al comando non avevano rispettato le più elementari regole del diritto internazionale e persino quelle dell’umana decenza. In aggiunta, avevano creato un vero supermercato di esempi di stupidità strategica. È spesso sostenuto che la campagna di Grecia sia costata la guerra all’Asse, forzando i Tedeschi ad intervenire per salvare gli italiani, ritardando di alcuni mesi l’attacco alla Russia.

C’è un’ampia documentazione circa questa guerra da parte italiana. Le minute delle riunioni dell’alto comando del governo italiano furono vidimate da Mussolini e poi archiviate. Questi documenti ci sono giunti intatti e ci raccontano molti dettagli circa le origini della decisione di iniziare la campagna e circa l’operazione false flag che l’aveva preceduta.

La storia comincia con l’occupazione dell’Albania da parte dell’Italia nel 1939, la quale si rivelò un’operazione militare piuttosto semplice. Da lì, il governo italiano iniziò a considerare un attacco alla confinante Grecia, come parte di uno sforzo che portasse al controllo dell’intera regione balcanica. Ciò coinvolse un certo sforzo di propaganda e, nel 1940, la stampa italiana iniziò a scrivere che gli abitanti albanesi della regione della Ciamuria, parte del territorio greco, volessero la secessione dalla Grecia, per riunirsi con l’Albania e che fossero vittime di aspra repressione da parte del governo greco. Il viceré italiano in Albania, Francesco Jacomoni, fornì resoconti – la maggior parte dei quali inventati di sana pianta – che gettarono benzina sul fuoco di questa operazione di propaganda.

Cervi mostra come, il 17 Agosto 1940, lo stesso Jacomoni avesse proposto al Duce di creare un pretesto per attaccare la Grecia, per mezzo di un attacco false flag, che venisse eseguito da “personale a noi fedele, contro uno dei nostri avamposti di confine”. L’idea non fu approvata immediatamente, ma, a Ottobre, quando venne deciso l’attacco alla Grecia per il 26 Ottobre (successivamente posticipato al 28), lo stesso Mussolini richiese “un incidente al confine che sembri una provocazione per giustificare le nostre azioni”. La risposta fu data immediatamente da Galeazzo Ciano, Ministro degli Esteri e genero del Duce, “l’incidente avverrà il 24 Ottobre”.

L’ “azione” fu posticipata al 26, ma avvenne come da programmi. Mario Cervi mostra come la stampa italiana avesse riportato che “una banda greca ha attaccato con armi automatiche e bombe a mano un avamposto albanese vicino a Corizia, ma l’attacco è stato respinto: sei degli attentatori greci sono stati catturati e le truppe albanesi hanno subito due perdite e tre uomini sono stati feriti”.

Cervi commenta riguardo i tre morti albanesi che questi sono stati “sacrificati, se veramente sono mai esistiti, sull’altare dell’impietoso dovere di stato”. Sicuramente, non possiamo escludere che l’attacco sia stato ingigantito, o addirittura inventato: creato dal nulla dal viceré d’Albania e dal suo staff. Tuttavia, anche se non c’è certezza circa le vittime dichiarate, è chiaro come qualche tipo di attacco sia comunque avvenuto: le autorità greche allestirono una Commissione d’Indagine e dichiararono che erano estranee all’accaduto, ma non smentirono mai l’attacco.

Sia che avesse causato vittime o meno, l’attacco servì ai suoi scopi. In Albania, fu seguito da manifestazioni contro l’ “aggressione greca” e in Italia da una campagna stampa di insulti e accuse alla Grecia. Poi seguirono l’ultimatum italiano contro la Grecia e lo sventurato attacco. Qui sotto, un esempio di come l’incidente fu presentato nella stampa italiana (“La Stampa”) il 28 Ottobre 1940.

Cervi scrive inoltre come Mussolini avesse commentato l’attacco false flag dicendo che “Nessuno crederà a questa fatalità, ma per una ragione di carattere metafisico sarà possibile dire che era necessario giungere ad una conclusione” – la quale, casualmente, mostra come quasi 20 anni di governo senza opposizione avessero trasformato Mussolini da un capace politico ad un idiota totale.

Da questi documenti possiamo apprendere che le operazioni “false flag” erano un’accettata ed ovvia componente delle strategie del tempo. Notiamo come nessuno avesse messo in dubbio di fronte a Mussolini la necessità di tale operazione. Tutto era sembrato ovvio a tutte le persone coinvolte e ciò ci fa capire come prima e durante la seconda guerra mondiale, i false flag segreti fossero parte dell’arsenale strategico almeno di alcuni governi e come fossero comunemente sfruttati.

Da notare anche come Mussolini non abbia riflettuto molto sul firmare ed archiviare documenti che provavano come avesse ordinato ed approvato un’azione che può essere descritta solo come un crimine di guerra. Per di più questa sembra essere considerata la normalità – non qualcosa che avrebbe potuto condurre chiunque al patibolo come criminale di guerra. (Casualmente questa fu effettivamente la fine che fece Mussolini, ma con lui nessuna delle altre persone coinvolte nel false flag, nemmeno Francesco Jacomoni).

Ovviamente, questa vecchia operazione false flag non ci dice nulla di specifico riguardo le innumerevoli false flag ipotizzate ai giorni nostri. Tuttavia è un caso dimostrato che si aggiunge ad altri. Le cospirazioni governative sono esistite in passato e sarebbe veramente troppo ottimistico pensare che non esistano più. In futuro forse sapremo di più a riguardo degli eventi che hanno plasmato molto di come vengono percepiti i conflitti dei nostri tempi.

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Come nota finale, penso che questa storia ci possa dire qualcosa circa i pericoli dell’approccio “narrativo” alle decisioni strategiche, come avevo già commentato in un mio post precedente. Questo è un tipo di stima basata sull’assegnazione di parti ai vari attori coinvolti, che vengono poi fatti recitare in mondo che sembra un teatro. In questo caso, Mussolini e i suoi collaboratori avevano deciso che il ruolo dell’Italia fosse quello di una “grande potenza” e, di conseguenza, che fosse in competizione con le altre grandi potenze del tempo. Da questo punto di vista, aveva senso che l’Italia espandesse la sua sfera di potere ai Balcani per contrastare la crescente espansione di Germania e Gran Bretagna. Questo darebbe senso anche ad un altro madornale errore del governo italiano di quel tempo, quello di dichiarare guerra agli Stati Uniti nel 1941. Se l’Italia fosse stata una grande potenza, infatti, il Mediterraneo avrebbe dovuto essere visto come un lago italiano e gli Stati Uniti non avrebbero dovuto avere alcun interesse in esso, così come l’Italia non aveva interessi nel Golfo del Messico. Il problema era che la definizione di Italia come “grande potenza” era tristemente sbagliata in termini quantitativi, come gli eventi successivi hanno chiaramente dimostrato. Tutto ciò è relegato nel passato, ma sfortunatamente la narrativa continua ad essere il modo tipico di prendere decisioni strategiche anche ai giorni nostri.

Ugo Bardi

Fonte: http://cassandralegacy.blogspot.it/

Link: http://cassandralegacy.blogspot.it/2015/10/when-conspiracy-is-not-theory-example.html

29.10.2015

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione FA RANCO

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