UNA SUPER POTENZA UN PO’ MENO SUPER

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DI JONATHAN SCHELL

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Uno dei più difficili compiti al giorno d’oggi è quello si valutare correttamente le dimensioni della potenza americana. Da una parte non c’è dubbio che gli Stati Uniti siano in possesso del più grande arsenale di armi del mondo, che l’economia americana sia la più grande, e che i suoi film e programmi televisivi siano i più diffusi. Tutti sono d’accordo nel considerare gli Stati Uniti come “l’unica superpotenza”, e sia i suoi detrattori che i suoi sostenitori la ritengono la prima vera potenza della storia con estensione mondiale. D’altra parte però non è molto chiaro che cosa l’America riesca a ottenere con tutte queste doti piuttosto appariscenti. Perché la potenza, come ha scritto Hobbes in una delle sue più succinte e durevoli definizioni mai fatte, sono “ i mezzi attuali che servono per ottenere alcuni presunti vantaggi futuri”. La potenza, dopotutto, non deve essere solo una dimostrazione di energia, ci devono essere anche i risultati.Se misuriamo la potenza secondo il metro di Hobbes la superpotenza appare un po’ meno super. L’esercito è allo stremo, quasi al punto di rottura, a causa dell’occupazione di un piccolo e debole paese, l’Irak. L’economia è ostaggio di un debito esterno di dimensione Himalaiane, di cui la maggior parte sta in mano a un rivale strategico come la Cina, che possiede circa 200 miliardi di dollari in Buoni del Tesoro americano. Il debito interno, aggravato anche dalle spese della guerra, arriva ad altezze stellari. Gli Stati Uniti non sono drammaticamente riusciti ad ottenere alcun progresso nella loro principale dichiarazione di politica estera, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Hanno perso tempo inutilmente a indagare i programmi nucleari dell’Irak, che non esistevano, mentre hanno temporeggiato con la Corea del Nord, dove sembra che esistano, ed ora non sanno che pesci prendere per l’Iran che si trova sulla stessa strada. Il Presidente ha appena annunciato che il suo obiettivo è la “fine della tirannia” nel mondo, però durante il suo primo mandato il movimento per la democrazia globale ha subito uno dei più duri colpi del post- guerra fredda, la deriva autoritaria della Russia.

Nell’ultimo viaggio del Presidente si è visto chiaramente come il suo potere sia fondato su basi malferme. Poco prima che Bush arrivasse a Bruxelles, il Cancelliere tedesco Gerhard Schroeder ha respinto con calma ma con fermezza, l’approccio militare e USA negli affari internazionali. Ha annunciato, ereticamente, che la Nato non può essere più la “sede principale” delle relazioni atlantiche. Significa che l’Europa continuerà a ricevere le direttive da Washington in un’altra sede? Non proprio. Schroeder stava formulando la politica tedesca “in Europa, per l’Europa e dall’Europa”. E’ stata respinta anche la preferenza militare della superpotenza. Il Cancelliere ha aggiunto: “Le sfide che ci attendono non si trovano più nella vecchia zona di mutua difesa della Alleanza Atlantica, e non richiedono come risposta principale quella delle armi.”

Schroeder parlava su un terreno ben solido. Un sondaggio condotto dal giornale Die Welt ha rivelato che: “Vladimir Putin è più affidabile di Gorge W. Bush, la Francia è un alleato molto più importante degli Stati Uniti per la politica di sicurezza tedesca. Una armonizzazione più stretta della politica estera tedesca con l’America non è più richiesta.”

Intanto, fuori scena, dietro l’apparenza di lavori extra per la redazione della costituzione, l’Europa era a capo nella costruzione di strumenti di cooperazione globale, come il protocollo di Kyoto sul riscaldamento globale e la Corte Internazionale. Il Presidente non ha fatto in tempo ad arrivare che, per un momento, gli si stava aprendo una trappola economica sotto i piedi, la Banca Centrale della Corea del Sud aveva annunciato che intendeva diversificare parte delle sue riserve in dollaro con altre valute, provocando così una caduta della media Dow Jones di 174 punti. Il giorno dopo la banca ha sconfessato la dichiarazione e il dollaro ha potuto recuperare, però era ormai evidente a tutti come fosse debole la posizione economica dell’America nel mondo. In un’atmosfera di sorrisi programmati e di celebrazioni, i pranzi e i brindisi presidenziali hanno compensato piuttosto che rispecchiato il vero sentimento dei presenti. Meno Bush era popolare in un certo paese, più festosi erano gli incontri. Anche nella piccola Slovacchia, dove i festeggiamenti sembravano un po’ più spontanei che altrove, un sondaggio ha rivelato che la maggioranza consideravano gli Stati Uniti un pericolo maggiore per la democrazia di Mosca.

Nel suo incontro con Putin, Bush è sembrato piuttosto ossequioso, gli si è rivolto amichevolmente più volte, senza che un Putin piuttosto accigliato (si tratta di una espressione che si adatta perfettamente alla sua faccia) lo ricambiasee, chiamandolo il “mio amico Vladimir.” Per quanto riguarda la democrazia in Russia,l’uomo che dovrebbe porre “fine alla tirannia” in ogni parte del mondo, ha potuto solo sussurrare “Ho potuto condividere le nostre preoccupazioni sull’impegno della Russia per il raggiungimento di questi principi universali.”

Dagli incontri è emersa un’immagine particolare delle relazioni con l’Europa. Di fronte a un Bush Don Chisciotte che va incontro, per ordine di Dio, a mali immaginari, l’Europa sembrava Sancho Panza, che davanti dava ragione al Cavaliere Errante ma dietro lo prendeva in giro. Forse è più adatta quell’altra relazione inversa di Wodehouse ,fra il padrone e il servo, la coppia Bertie Wooster, della alta società, e il suo sagace, potente maggiordomo Jeeves, che trova sempre il modo di tirar fuori dai guai il padrone a causa delle sue ridicole gaffes nell’alta società. La differenza è che il soccorso dell’Europa è solo apparente. Si, la Francia darà il suo aiuto in Irak, con un solo ufficiale, che rimarrà nel quartier generale della Nato in Europa.

Storicamente l’ascesa di qualche pretesa imperiale è sempre stata contrastata da alleanze militari contrarie. E’ il caso, per esempio, della passata repubblica imperiale di Napoleone, che prima ha conquistato quasi tutta l’Europa ma poi è stata sconfitta da una strana alleanza fra Gran Bretagna, Russia e Austria Ungheria. Oggi non più lo stesso caso. L’Europa preferisce ignorare piuttosto che combattere la minaccia americana. E la sua potenza? Il genere americano sembra a corto di “beni futuri”. C’è aria di rivalità, però non è più tempo di prendere le vie delle armi. Per adesso l’Europa preferisce fondare la propria costruzione su basi economiche per poi integrarsi politicamente, preparando così, sembra, un altro tipo di potenza, basato più sulla cooperazione, sia all’interno che all’esterno, che sulla forza delle armi.

Jonathan Schell
Fonte: www.tomdispacht.com
Link: http://www.tomdispatch.com/index.mhtml?pid=2235

L’articolo verrà riprodotto il 21 marzo nella rivista: The Nation Magazine

Traduzione per www.comedonchisciotte.net a cura di Vichi.

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