DI ROBERT FISK
independent.co.uk
Movimenti finanziari di così ampia portata avranno importanti effetti politici in Medio Oriente
Il piano di “sdollarizzare” il mercato del petrolio discusso sia pubblicamente che in segreto da almeno due anni e ampiamente negato ieri dai soliti sospetti – prima tra cui, come ci si poteva aspettare l’Arabia Saudita – riflette l’aumento del risentimento in Medio Oriente, in Europa e in Cina per le decadi di predominio politico ed economico mondiale dell’America.
In nessun altro luogo ciò ha maggiore importanza simbolica che in Medio Oriente, dove solo gli Emirati Arabi detengono $900 bilioni di riserve di dollari e dove l’Arabia Saudita ha tranquillamente coordinato la propria difesa, gli armamenti e le sue politiche del petrolio con i Russi dal 2007.
Questo non indica una guerra commerciale contro l’America – non ancora – ma da molti anni i regimi del Golfo Arabo sono diventati sempre più insofferenti alla dipendenza politica da Washington. Dei $7,2 trilioni di dollari di riserve internazionali, $2,1 trilioni di dollari sono dei paesi arabi – la Cina ne possiede circa $2,3 trilioni – e si crede che tutte le nazioni interessate a discostarsi dal commercio del petrolio in dollari detengano oltre l’80 per cento delle riserve di dollari internazionali.
I banchieri arabi hanno considerato le negazioni dell’Arabia Saudita in merito a tali ambizioni come una parte normale delle politiche del Golfo. I Sauditi, certamente, sono riusciti a negare che l’Irak avesse invaso il Kuwait nel 1990 – persino quando le legioni di Saddam Hussein erano dispiegate lungo la frontiera saudita, fino a quando gli Stati Uniti hanno annunciato al mondo la notizia dell’aggressione dell’Irak.
I banchieri sauditi sono ben consapevoli che tra nove anni – l’attuale spazio di tempo per una transizione dal dollaro nel commercio del petrolio alle valute giapponesi e cinesi, all’euro, all’oro e ad una possibile nuova valuta del Golfo – la Cina avrà raddoppiato il suo reddito nazionale fino a $10 trilioni di dollari (presumendo un tasso di crescita del 7 per cento), e a questo punto gli USA non potrebbero detenere più del 20 per cento del reddito mondiale lordo.
Dei movimenti finanziari così massicci, incoraggiati dalla “sdollarizzazione” del petrolio avranno enormi effetti politici in Medio Oriente, particolarmente se la rivalità di superpoteri tra l’America e la Cina arriverà a dominare il mondo arabo. Israele potrà ancora far affidamento sul sostegno economico dell’America tra nove anni se saranno la Cina e gli Arabi a determinare l’andamento dei mercati finanziari globali? Certo – forse pensando a questo – negli ultimi due anni alcuni finanzieri israeliani hanno espresso interesse per gli investimenti non in dollari di banche arabe. Ogni qual volta che ha luogo un cambiamento di tale portata per un certo numero di anni deve essere iniziato in segreto.
E non può essere neanche negato che il progetto stesso di sottrarre il commercio del petrolio al dollaro abbia profonde radici politiche. Il crollo dell’Unione Sovietica ha permesso agli USA di dominare il Medio Oriente più di qualunque altra regione del mondo, e gli Arabi – che non possono più contemplare un boicottaggio del petrolio del tipo che hanno imposto all’Occidente dopo la guerra in Medio Oriente del 1973 – sono ancora ansiosi di provare che possono esercitare il loro potere economico per effettuare dei cambiamenti.
L’offerta panaraba dell’Arabia Saudita di riconoscere Israele e la sua sicurezza in cambio del ritiro di Israele dalle terre arabe occupate non è – secondo gli stessi Sauditi – indefinita. Se saranno ignorati o respinti potranno cercarsi altri alleati attraverso nuove istituzioni finanziarie per imporre una nuova pace nel Medio Oriente. La Cina sarà contenta di aiutare.
Robert Fisk
Fonte: www.independent.co.uk
Link: http://www.independent.co.uk/opinion/commentators/fisk/robert-fisk-a-financial-revolution-with-profound-political-implications-1798712.html
7.10.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICAELA MARRI