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La Redazione

 

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UNA REALTA' ESAMINATA DALL' ORLO DELL'ESTINZIONE

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A cura di Davide
Il 17 Novembre 2009
40 Views

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DI CHRIS HEDGES
commondreams.org

Possiamo seguire Bill McKibben il 24 ottobre nella protesta internazionale contro l’aumento di emissioni di CO2. Possiamo ridurre il nostro consumo di combustibile fossile. Possiamo usare meno acqua. Possiamo bandire le buste di plastica. Possiamo installare lampadine compatte e fluorescenti. Possiamo concimare il nostro cortile. Ma a meno che non smantelliamo l’intero sistema economico, tutte queste azioni saranno efficaci come le magliette per la danza dei fantasmi date ai nativi d’America per proteggersi dalle pallottole dei soldati bianchi a Wounded Knee.

“Se restiamo ad aspettare la grande, gloriosa rivoluzione, non ci resterà più niente”, mi ha detto Derrick Jensen in un’intervista telefonica dalla sua casa in California: “Se tutto quello che facciamo è riformare il lavoro, la nostra cultura si polverizzerà. Quest’operazione è necessaria ma non sufficiente. Dobbiamo usare qualunque mezzo necessario ad impedire che questa cultura uccida il pianeta. Dobbiamo puntare contro e abbattere l’infrastruttura industriale che sta sistematicamente smembrando il pianeta. La civilizzazione industriale è funzionalmente incompatibile con la vita sul pianeta e di fatto lo sta distruggendo. Dobbiamo fare qualsiasi cosa sia necessaria per fermare tutto ciò.”

Le industrie del petrolio e dei gas naturali, l’industria del carbone, quella dell’esercito e delle armi; le fattorie industriali, le industrie di deforestazione, l’industria automobilistica e gli stabilimenti chimici non accetteranno volentieri la loro stessa estinzione. Sono completamente indifferenti all’incombente catastrofe umana. Non ridurremo significativamente le emissioni di anidride carbonica asciugando i nostri panni in cortile o fidandoci ingenuamente delle élites di potere. Le multinazionali continueranno a cannibalizzare il pianeta in nome dei soldi. Devono essere fermate da forme di resistenza militanti e organizzate. La crisi del riscaldamento globale è un problema sociale e richiede una risposta sociale.

Gli Stati Uniti, dopo aver respinto il protocollo di Kyoto, hanno aumentato le emissioni di CO2 del 20% rispetto al 1990. I paesi dell’Unione Europea nello stesso periodo le hanno ridotte del 2%. Ma i recenti negoziati sul clima a Bangkok, nati per condurre ad un accordo per il vertice di Copenhagen a dicembre, hanno cestinato persino la tiepida replica di Kyoto. Kyoto è morto. La UE, come gli Stati Uniti, non rispetterà più gli obiettivi fissati per la riduzione di emissione di carbone. Le nazioni decideranno unilateralmente quanto tagliare. Semplicemente, sottoporranno i propri piani a organi internazionali di monitoraggio. E mentre Kyoto dava un carico di responsabilità maggiore ai paesi industrializzati che avevano creato la crisi climatica, il nuovo piano tratta tutti allo stesso modo. È un grosso passo indietro.

“Tutte le cosiddette soluzioni al riscaldamento globale danno il capitalismo come un dato incontrovertibile”, ha detto Jensen, autore fra l’altro di Fine del gioco: il problema della civilizzazione e La cultura del far credere. “Si suppone che il mondo naturale si conformi al capitalismo industriale. Ma è una follia! Il capitalismo non ha niente a che vedere con la realtà fisica. Quello che è reale è reale. Qualsiasi sistema sociale – non importa se stiamo parlando del capitalismo industriale o della popolazione indigena di Tolowa – il modo di vivere di una società dipende da un mondo reale e fisico. Fuori da un mondo non reale e non fisico, non si possiede niente. Quando ci si separa dal mondo concreto si comincia a vaneggiare. Si finisce per credere che le macchine siano più importanti della vita reale. Quante macchine ci sono a 3 metri da te e quanti animali selvaggi nell’arco di 100 metri? Con quante macchine hai a che fare ogni giorno? Abbiamo dimenticato che cosa è normale.”

Gli studi più recenti hanno dimostrato che i ghiacci polari si stanno sciogliendo in proporzioni record e che nel prossimo decennio il circolo polare Artico sarà un mare aperto durante le estati. Significa che non abbiamo molto tempo. Il ghiaccio bianco e la neve riflettono l’80% della luce solare nello spazio, mentre l’acqua scura riflette soltanto il 20% e assorbe una quantità molto maggiore di calore. Gli scienziati avvertono che la scomparsa dei ghiacci cambierà drammaticamente le correnti sia dei venti che delle acque intorno al mondo. E i ghiacci perenni che si stanno sciogliendo apriranno fughe di gas di metano, provenienti dal fondo dell’oceano lungo la costa russa. Il metano è un gas serra 25 volte più dannoso del diossido di carbonio e alcuni scienziato hanno stimato che il rilascio di ingenti quantità di metano nell’atmosfera può asfissiare l’intero genere umano. L’innalzamento del livello dei mari, che inghiottirà paesi come il Balngladesh e le isole Marshall e trasformerà città come New Orleans nella nuova Atlantide, si accompagnerà a dure siccità, terribili tempeste e inondazioni che costringeranno nell’eventualità a spostare oltre un bilione di persone. L’effetto sarà temibile, con malattie e morte su una scala mai vista prima nella storia del genere umano.

Possiamo salvare interi boschi, proteggere specie in pericolo, bonificare fiumi, il che è buono, ma evitare di lanciare una sfida alle multinazionale significherebbe aver vanificato i nostri sforzi. Questi piccoli accorgimenti e crociate ambientali possono trasformarsi facilmente in medaglie per la purezza morale, una scusa per l’inazione. Ci possono assolvere dal più arduo compito di fronteggiare le multinazionali.

Il danno arrecato all’ambiente dai privati è niente confronto a quello arrecato dalle multinazionali. I comuni e i cittadini usano il 10% delle risorse d’acqua nazionali mentre il 90% è consumato dal settore agricolo e industriale. Il consumo individuale di energia equivale a circa un quarto del consumo totale di energia; il restante 75% viene consumato dalle multinazionali. Negli Stati Uniti
i rifiuti municipali costituiscono il 3% della produzione totale dei rifiuti. Possiamo, e dovremmo, vivere in modo più semplice, ma non sarà sufficiente se non trasformiamo la struttura economica del mondo industrializzato.

“Se il tuo cibo proviene dalla drogheria e l’acqua da un rubinetto, difenderai fino alla morte il sistema che ti fornisce tutte queste cose perché la tua vita dipende da esse”, ha detto Jensen, il quale sta tenendo seminari in tutto il paese chiamati Deep Green Resistance per costruire un movimento militante di resistenza. “Se il tuo cibo proviene dalla terra e la tua acqua da un fiume, difenderai invece fino alla morte questi sistemi. In un sistema abusivo, sia che parliamo di un uomo che commette abusi su di un suo partner, sia che ci riferiamo ad un sistema abusivo in senso più ampio, costringi le tue vittime a dipendere da te. Siamo arrivati a pensare che il capitalismo industrializzato sia più importante della vita stessa.”

Coloro che gestiscono il nostro sistema di multinazionali hanno ostacolato una regolamentazione climatica altrettanto tenacemente di quanto hanno fatto con la regolamentazione finanziaria. Sono responsabili del nostro impoverimento personale così come dell’impoverimento dell’ecosistema. Siamo dipendenti, grazie sia all’industria del petrolio, gas e automobili sia dei sistemi di governo legati alle multinazionali, al combustibile fossile. Le specie si stanno estinguendo, le riserve di pesci si stanno esaurendo. L’enorme flusso di migrazione umana dalle coste verso i deserti è ormai iniziata. E poiché le temperature continuano ad innalzarsi, larghe parti del pianeta diventeranno inabitabili. Il climatologo della NASA James Hansen ha dimostrato che una quantità di diossido di carbonio superiore alle 350 particelle per milione nell’atmosfera non è compatibile con il mantenimento della biosfera “sul pianeta in cui si è sviluppata la civiltà e la vita si è dovuta adeguare.” Lo scienziato ha stimato che il mondo dovrebbe smettere di bruciare carbone entro il 2030 – e il mondo industrializzato ben prima di questa data – se vogliamo avere una qualche speranza di portare le emissioni di CO2 al di sotto di quelle 350 particelle. Il carbone fornisce metà dell’elettricità negli Stati Uniti.

“Dobbiamo separarci dal sistema di multinazionali che sta uccidendo il pianeta”, ha detto Jensen, “dobbiamo davvero diventare seri. Stiamo parlando della vita sul pianeta. Dobbiamo chiudere le infrastrutture petrolifere. Non mi interessa, e tantomeno interessa agli alberi, se lo facciamo attraverso azioni legali, boicottaggi di massa o sabotaggi. Ho chiesto a Dahr Jamail quanto durerebbe un ponte non sorvegliato in Iraq. Ha risposto probabilmente dalle 6 alle 12 ore. Dobbiamo rendere ingestibile il sistema economico, che è responsabile per tutta questa distruzione.
Il Movimento per l’Indipendenza del Delta del Niger è riuscito a ridurre la produzione nigeriana di petrolio del 20%. Dobbiamo fermare il mercato del petrolio.”

La ragione per cui l’ecosistema sta collassando non è perché noi abbiamo ancora un’asciugatrice in cantina. È perché le multinazionali guardano a tutto, dai bisogni umani all’ambiente, come risorse da sfruttare. È perché il consumo è la ragion d’essere delle aziende. Abbiamo permesso alle multinazionali di vendere la crisi ambientale come una questione di scelta personale, quando invece esiste la necessità di un profondo rinnovamento sociale ed economico. Ci hanno lasciati impotenti.

Alexander Herzen un secolo fa, rivolgendosi a un gruppo di anarchici che volevano rovesciare lo zar, ricordò ai suoi seguaci che non erano lì per salvare il sistema.

“Crediamo di essere i dottori”, disse Herzen, “invece siamo la malattia.

Chris Hedges
Fonte: www.commondreams.org
Link: http://www.commondreams.org/view/2009/10/19
19.10.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di VIOLA CAON

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