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DI ERNESTO CELESTINI
peacelink.it

La grande truffa è l’illusione di libertà e potenza che si prova navigando in rete, ma siamo solo attori che recitano una parte dentro una nuvola.

È semplicemente folle pensare di uscire dall’enorme truffa in cui siamo piombati, senza condannare a pene vigorose chi le ha provocate, ma diventa un insulto presentare il conto di questo olocausto mediatico e finanziario alle vittime e non agli imputati.
Ci sembra di vivere una di quelle atmosfere magiche in cui ci trasportavano le parole delle favole che ascoltavamo da bambini e che solo pochi artisti ispirati sono riusciti ad esprimere con parole o immagini.

Ci sembra di camminare sospesi nell’aria poggiando i piedi su qualcosa di soffice ma che inspiegabilmente riesce a sostenerci, intorno a noi sentiamo la presenza di corpi e di persone che sono molto vicine e che potremmo quasi toccare ma che vediamo sfocate.

Tanto sfocate da non riuscire a capire se la nostra presenza in questo mondo ovattato sia frutto di uno stordimento che lascia un senso di torpore in una testa vuota di pensieri, oppure al prolungarsi di un momento di stupore che ci fa esitare come se avvertissimo un pericolo imminente ma ancora confuso.

È uno stato innaturale quello che stiamo vivendo oggi, in un mondo che, dopo 30.000 anni di storia sonnolenta durante i quali l’evoluzione delle idee e il progresso della conoscenza tecnica sono andati di pari passo, improvvisamente si è verificata una accelerazione frenetica all’evoluzione dei mezzi tecnici con cui conviviamo e da cui ormai, improvvisamente, dipendiamo.

Ma questo, in assoluto, non sarebbe un problema anzi dovrebbe permettere una migliore qualità della vita e una semplificazione del lavoro dell’uomo, se non che l’accelerazione che ha subito la tecnica non è stata affiancata e sostenua da una altrettanto rapida evoluzione del pensiero. Anzi il pensiero dell’uomo si sta impigrendo, tende ad adagiarsi e a cercare collaborazione per sviluppare qualsiasi nuova idea e risulta sempre più essenziale l’uso di sistemi informatici per proiettare qualsiasi intuizione nel mondo reale.

Ricordo quanto fosse complicato,solo pochi anni fa, cercare di analizzare pochi dati, recuperati dalle scritture contabili annotate a macchina o a mano, per preparare un preventivo di bilancio e quanto fosse difficile stimare correttamente l’evoluzione delle vendite, del mercato, del lavoro, delle spese correnti e degli investimenti. Improvvisamente in pochissimi anni, abbiamo cominciato a riempire con le nostre informazioni i sistemi informatici e oggi, nella stessa situazione di previsione del bilancio, qualsiasi intuizione di un buon imprenditore viene “valutata” secondo le proiezione di un sistema informatico.

In poche parole oggi siamo tutti più “bravini” ma non c’è spazio per chi stona, è l’informatica ad avere sempre l’ultima parola.  Nulla di più semplice quindi che a toglierci tutti i dubbi, che da sempre hanno assillato i nostri circuiti mentali, siano quelli più razionali di un circuito informatico.

Se non che: un computer deve essere impostato con tutti i requisiti necessari per valutare correttamente e dare la risposta giusta, perché qualsiasi risultato di un computer è sempre funzionale ai sistemi di valutazione che sono stati impostati, quindi per definizione: il computer è  parziale. Chi elabora il sistema, inserisce o imposta l’inserimento dei dati è umano e una qualsiasi dimenticanza, un errore nelle formule o il mancato aggiornamento automatico di alcuni parametri, possono falsare un risultato presentato e accettato, come indiscutibile.

Tutto questo per dire semplicemente che l’evoluzione delle idee ha sempre avuto dei tempi molto più lenti di quelli delle azioni, le idee, le filosofie sono le risposte che l’uomo ha sempre cercato di dare ai suoi dubbi reconditi, ancestrali e che ha iniziato a spiegarsi riconoscendosi come una piccolissima parte della natura a cui doveva rispetto e devozione e poi con le sue prime credenze religiose che hanno accomunato da sempre, anche se con forme evolutive diverse, tutte le popolazioni.

Ma il ragionamento dell’uomo in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi religione e in qualsiasi filosofia ha espresso poche forme di Stato sociale e tutte comunque facenti capo a un sistema gerarchico basate sulle capacità e sull’etica di chi è comandato a governare.
Da quando la storia è documentata abbiamo visto che le varie civiltà sono nate, si sono sviluppate e decadute per merito o per colpa di chi era a capo dello Stato, per motivi religiosi o per eccessiva rilassatezza dei costumi del popolo. C’è sempre stato un cattivo consigliere, una congiura di palazzo, un imperatore pazzo o un faraone visionario, ma oggi stiamo assistendo ad una nuova esperienza di “manipolazione dell’opinione pubblica con un uso politico improprio e subliminale  di sistemi di marketing e di psicologia delle masse”.

Questa è una vera rivoluzione culturale, molto più pericolosa di quella del “libretto rosso di Mao”, perché imposta senza violenza e senza coercizione ma solo con una insidiosa e continua presenza e ripetitività di informazioni da trasmettere come “notizie per titoli” in modo fazioso, con piccole omissioni e con enfasi su particolari minori, quasi minimizzando il vero contenuto della notizia che potrebbe avere un impatto reale sulla società o sulle scelte della politica e della democrazia o sull’indirizzo della ecologia o dei comportamenti in pace e in guerra.

Stiamo vivendo un cambio radicale del nostro modo di vivere, siamo in possesso di strumenti tecnologici che permettono a chiunque di noi di comunicare istantaneamente con tutto il mondo in rete, possiamo ricevere in tempi reali immagini, notizie e voci che ci fanno vivere gli eventi in contemporanea, ma mai siamo stati così soli e così lontani dal nostro prossimo.

Restiamo sempre più spesso chiusi nelle nostre stanze a lavorare in “Team-working” o in “Conference Call” con tutti i nostri colleghi e sempre meno usciamo per prendere un caffè insieme. Ci indigniamo e protestiamo con tutti i nostri amici in Facebook e qualcuno manda anche messaggi su Tweeter per sentirsi partecipe di un movimento culturale illudendosi di provare a cambiare il mondo.

Ma non ci rendiamo conto di far parte solo di una superba squadra di calcio parrocchiale che sa giocare bene e divertire un pubblico che applaude compiaciuto,  ma non avrà mai abbastanza soldi per arrivare a giocare in un campionato nazionale, dove qualsiasi avversario incassa e spende milioni e gode anche di sponsor, sovvenzioni statali e stampa amica.

E’ qui la grande truffa, l’illusione della libertà offerta dalla rete, che fa sentire tutti al centro di un mondo virtuale.  Siamo caduti in una grande tela di ragno che è stata studiata per far sentire un senso di onnipotenza mediatica a miliardi di persone, anestetizzandole con una quantità di informazioni facili da ricevere e quasi tutte gratis, e dandoci la possibilità di farle sapere subito a tutti ( i pochi che definiamo amici).

Tecnicamente tutti hanno la possibilità di mobilitare la rete per creare una opinione pubblica capace di influenzare le scelte politiche che dovranno essere funzionali alla volontà di tutti quelli che hanno espresso la loro opinione in rete.

Praticamente però dobbiamo tornare alla metafora delle squadre di calcio per comprendere che non riusciremo mai a confrontarci alla pari con quelli che, usando i nostri stessi strumenti, hanno alle spalle tutta la forza occulta dei loro sponsor per schiacciare facimente chiunque metta in dubbio le regole del gioco.

La grande illusione è stata quella di credere che essendo in tanti non saremmo rimasti chiusi nella nostra solitudine ma è qui che si percepisce la vera distanza che si è creata tra le idee e la tecnologia, è qui che bisogna trovare un modo che permetta all’uomo di riprendere il controllo del pensiero, dell’informazione, dell’economia.

Proviamo a fare un gioco che forse molti si sono già visti proporre in qualche corso di addestramento professionale: noi siamo su un altro pianeta e osserviamo quello che accade sulla terra, a grandi linee, senza particolari e senza faziosità. Si vedono movimenti di merci che vengono spostate da un posto all’altro per poi tornare al posto da cui sono partite. Si vedono coltivare e allevare delle quantità di generi alimentari superiori alle reali necessità e che una parte viene votata al macero, anche se quasi un quarto della popolazione soffre la fame. Si vedono imprenditori e uomini di Stato riuniti per dibattere come trovare una soluzione agli ostacoli burocratici che loro stessi hanno inventato per compiacere le lobby che li hanno finanziati. Si vedono fiumi, montagne, ghiacciai e foreste che stanno scomparendo sotto nuvole di gas tossici, mentre non si utilizzano le risorse energetiche non inquinanti del sole e del vento.

È questa la foto (e qualcuno avrà facoltà di definirla qualunquista o, a scelta, populista)  del nostro pianeta, visto da fuori.

Tutta la nostra “intelligentia politica e economica” si sta affannando per trovare soluzioni a problemi che non esistono, proprio perché si insiste a far funzionare certi sistemi che non hanno nessun motivo di essere, se non quello di procurare meschini vantaggi a chi gestisce.

Chissà cosa penserebbe un essere alieno e inesperto delle questioni della terra nel sentirci parlare, non del surriscaldamento della superficie terrestre, non del miliardo di persone che soffre la sete ogni giorno, non delle persone che non lavorano perché espulse dal sistema produttivo, non dei milioni di persone che non lavorano perché è più conveniente investire in borsa che nell’industria, non le guerre fatte per aumentare il PIL ma, incomprensibilmente di parole astratte e vuote come derivati e finanza.

Come può un essere razionale e non contagiato da un’informazione invasiva e deformante comprendere che il mondo occidentale sta per implodere perché ha inventato un sistema finanziario capace di vendere infinite volte la promessa di un credito, garantita da altre promesse di credito, basate su un capitale di una azienda che vale centinaia o migliaia di volte meno del volume dei titoli emessi ?

È semplicemente folle pensare di uscire dall’enorme truffa in cui siamo piombati, senza condannare a pene vigorose chi le ha provocate, ma diventa un insulto presentare il conto di questo olocausto mediatico e finanziario alle vittime e non agli imputati.

Ernesto Celestini
Fonte: www.peacelink.it
22.06.2012

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