DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero
Toc toc: bussano alla porta della Storia.
Non sono d’accordo con tutti coloro che già lanciano il titolo ”la nuova tangentopoli”.
Lo trovo disadatto e incongruo rispetto all’attuale situazione nel nostro paese.
Ed è fuorviante, nonché censorio, far credere che si tratti di una replica.
E’ molto peggio.
E’ molto meglio per noi.
E’ ben altra cosa.
E’ tutta un’altra storia.
E’, per l’appunto, la manifestazione del capolinea di un processo storico.
La differenza consiste nel fatto che nel 1993 (diciamo così, tanto per capirsi) i cosiddetti poteri forti, nel prendere atto del disastroso stato di corruttela generalizzato nel quale si trovava l’Italia, quando decisero di dare il semaforo verde alla magistratura perché facesse implodere la costituzione della classe politica dirigente nel nostro paese, avevano un’opzione che consentiva di salvare il Sistema: il PCI.
In teoria, se lo meritava pure.
Il celeberrimo termine coniato da Alberto Ronchey –il fattore K- che imponeva all’Italia, in quanto paese membro della Nato, di non consentire per alcun motivo l’accesso al governo da parte dei comunisti, dato che eravamo dentro la Guerra Fredda schierati con l’occidente, era caduto automaticamente l’8 novembre del 1989, con il crollo del muro di Berlino. Da quel giorno, i dirigenti comunisti italiani condussero una lunga, abile ed estenuante trattativa per garantire (mostrare e dimostrare) al resto d’occidente che la propria candidatura alla gestione del potere in Italia fosse l’unica a disposizione, e soprattutto fosse quella vincente, assolutamente necessaria per mantenere l’operatività funzionale del sistema.
Dagli incontri di Massimo D’Alema sullo yacht Britannia a quelli tra il plenipotenziario di Goldman Sachs in Italia, Romano Prodi, con i vertici delle istituzioni europee che allora contavano, ci fu una lunga trattativa con esibizione di inappuntabili credenziali che consentirono il passaggio ufficiale del potere.
Va da sé, in salsa italiana, si intende: Silvio Berlusconi fu la spezia nazionale da appaiare ai comunisti, necessaria come rappresentanza della vecchia classe dirigente sopravvissuta (già “trasformata” nel nuovo) e a tutela degli interessi consolidati delle vecchie baronìe medioevali del privilegio e dei rentiers aristocratici, legati a doppio filo agli interessi internazionali del business sostenuto dalla criminalità organizzata nostrana.
Circa dieci anni fa, l’on. Antonio Di Pietro, con il suo caratteristico stile variopinto, in una celebre puntata di Porta a Porta, aveva raccontato la vicenda a Bruno Vespa (e al popolo italiano) spiegando come un giorno avesse ricevuto, in quanto magistrato, l’ordine di recarsi a Via delle Botteghe Oscure a Roma con una richiesta ufficiale di sequestro dei libri contabili del partito e diverse comunicazioni giudiziarie da consegnare. Vespa gli chiese “e che cosa accadde?”.
E Di Pietro: “Io arrivai a Botteghe Oscure e bussai alla porta. Nessuno mi rispose. Allora telefonai a Milano e dissi a Borrelli che era il mio superiore “signor giudice, nessuno mi ha aperto la porta” e allora il giudice mi disse: “e vabbè, torna a casa e non pensiamoci più”. E’ andata così caro Vespa: io a quella porta ho bussato, ma nessuno l’ha aperta”.
L’uscita di Di Pietro cadde nel vuoto mediatico, e lì rimase.
Oggi, vent’anni dopo, anche i sassi (intendo dire perfino i più faziosi) hanno capito che la tragedia sociale che si è consumata in questo paese è stata la furibonda delusione provata dal popolo della sinistra italiana nell’accorgersi quanto fosse falso avere presentato se stessi come alternativi, oppositivi, antagonisti a quelle forze reazionarie e retrive con le quali è stata invece condivisa la spartizione clientelare del bene comune collettivo. I comunisti italiani, divenuti poi PDS e DS e infine PD, sono diventati l’estremo baluardo di difesa del sistema corporativo medioevale italiano. I democristiani almeno avevano al loro interno anche correnti di dissenso forte, c’era anche un vigore fortemente democratico e popolare che davvero voleva modernizzare questo paese e che fieramente si opponeva alle vecchie e stantìe truppe cammellate del regime democristo.
Nel 1993 c’era il nuovo ordine mondiale di un patto di Yalta non ufficiale ma reale.
Oggi, non c’è. Anzi.
Noi, oggi, febbraio 2013, ci troviamo nel nodo storico che ci impone il pagamento della situazione precedente: nel 1993 crollò il comunismo per inefficienza, inefficacia, corruzione, autoritarismo, libertinismo. Vent’anni dopo, il capitalismo occidentale –modello vincente nel 1993- sopravvive ammalato di cancro perché è diventato inefficiente, inefficace, inconcludente, anti-pragmatico, non più funzionale neppure a se stesso.
Stiamo entrando, quindi, in quello che io ho definito “l’era post Maya”, ovverossia la fine di un lunghissimo percorso storico: ci attende un salto nel buio.
In Italia non esiste ricambio dirigenziale per il momento. Le forze in campo investono la loro energia e le loro risorse per puntellare un sistema che è ormai smangiucchiato dalle termiti e non ha nessuna possibilità di sopravvivere a se stesso.
Può anche essere divertente per alcuni aspetti: si tratta, infatti, di una novità.
Le notizie di oggi, infatti, sono un chiaro simbolo-termometro di questa fase e pochissimi e rari soggetti politici hanno avuto il coraggio di prenderne atto. Il povero Oscar Giannino, povero perché bravo e interessante (gli dedicai anche un post su questo blog, tempo fa) ma vive dentro una nuvola irreale; il nome della sua organizzazione “Fare- Fermare il declino” è obsoleto: appartiene a una società che già non esiste più. Non è più possibile fermare il declino dell’Italia: è già declinata. E non c’è niente da fare per metterci una pezza. L’Italia non va riformata: è un trucco demagogico di chi vuol raccattare qualche briciola prima dell’annuncio ufficiale “signori, la torta è sparita, quindi neanche le briciole ci stanno”.
L’Italia va ricostruita: è tutta un’altra cosa. E’ una rivoluzione epocale (in questo senso il nome della lista di Ingroia è più appropriato) che sta già avvenendo, si sta già manifestando, ma di cui non arrivano gli echi a tutti perché non esiste un nemico esterno, non esiste un movimento, gruppo, partito, istituzione che è al comando della rivoluzione; non c’è nessuno che sta abbattendo il sistema.
E’ l’edificio che crolla da solo per l’eccessivo peso strutturale; si tratta di una questione che va compresa non usando le inutili categorie ideologiche destra/sinistra, ecc. Basta vederlo con la logica di un bravo ingegnere o di un saggio architetto: il peso e il sovraccarico del sistema sulla massa dei cittadini è arrivato a un punto tale per cui la massa degli schiavi non è più in grado di reggere e sopportarne il peso, quindi il sistema crolla. E non avviene neppure perché la massa è diventata consapevole e si ribella. No. Avviene perché i detentori del potere hanno sbagliato i loro calcoli, non hanno capito che il mondo stava cambiando, oppure se l’hanno capito hanno cercato di fermare il cambiamento nel timore di non riuscire a conservare ciò che avevano e quindi hanno peggiorato la situazione. I sistemi socio-politici funzionano come i meccanismo biologici: ogni specie biologica quando arriva dinanzi al punto di crisi della specie stessa ha solo e soltanto due possibilità: a) si fa prendere dal panico e lotta per sopravvivere senza sapere che così facendo finisce per scomparire; b) muta, e così facendo si evolve, diventa qualcosa d’altro e di nuovo. La nuova specie si adatta alle diverse condizioni eco-mentali e trova la forza naturale per vivere bene nella nuova realtà socio-ambientale che si è andata prefigurando. Chi non accetta la mutazione, l’evoluzione e il cambiamento, soccomberà: è una legge della biologia animale.
E noi siamo, prima di ogni altra cosa, degli animaletti.
E’ un momento epocale per tutti noi.
Non si tratta, quindi, di nuova tangentopoli: questa è l’utopia dei conservatori che venderebbero l’anima al diavolo per poter sapere che è così. Si tratta, secondo me, di qualcosa di più profondo, radicato e davvero molto complesso che non è più possibile (né tantomeno consigliabile) eludere, altrimenti non si riuscirà ad adattarsi al nuovo.
Tanto vale, quindi, accettare la inevitabile mutazione stappando lo champagne.
La società antica più belligerante e competitiva che sia mai esistita al mondo (quella romana) non si accorse di ciò che il cristianesimo avrebbe potuto provocare alla loro stessa essenza, non vollero prendere atto che erano arrivati a un punto di crisi sistemica e che avrebbero dovuto modificarsi, evolvere, mutare. E così sono stati spazzati via, lasciandoci per fortuna una grandiosa eredità e memoria storica.
Stessa cosa sta avvenendo oggi in Europa, e soprattutto in Italia, una delle più arretrate nazioni continentali dal punto di vista culturale e civile. Siamo il paese più ricco d’Europa, la seconda nazione più industrializzata con un pil intorno ai 1.600 miliardi di euro (otto volte superiore a quello della Grecia o del Portogallo) ma siamo un paese fermo, ingessato, assolutamente privo di dinamismo, di ottimismo, di apertura verso il nuovo. Il che vuol dire la nazione che avrà più problemi nel saper riconoscere, identificare e infine prendere atto delle modificazioni epocali che determineranno l’inevitabile processo di mutazione evolutiva.
Il web è stato un fenomenale catalizzatore, il più gigantesco boomerang sociale mai inventato sul nostro pianeta. E’ stato costruito a tavolino per portare al massimo livello possibile l’espansione globale del capitalismo aggressivo, con il dichiarato obiettivo di inondarci di merci inutili da acquistare, giochi, distrazioni e conseguente annebbiamento delle capacità pensanti; ma allo stesso tempo ha consentito l’accesso al mondo della socialità (per il momento soltanto virtuale) a quelle centinaia di milioni di schiavi –che siamo tutti noi- portatori sulle spalle del gigantesco peso del costo collettivo sociale degli stati: i veri e autentici produttori di ricchezza economica, depredata da una classe di predatori prenditori, mascherati da “imprenditori”. Silenziate da sempre, isolate, marginalizzate, queste centinaia di milioni di persone hanno cominciato a esprimersi, scambiandosi idee, progetti, notizie, informazioni. Soprattutto pensieri.
E il consueto meccanismo del potere oligarchico si è inceppato.
Grazie al loro giocattolo.
Come avvenne alla fine del ‘400, quando Gutenberg inventò i caratteri a stampa, pensando che l’avrebbero comunque scampata perché la stragrande maggioranza del mondo era analfabeta e quindi nessuno avrebbe mai potuto leggere i libri incorporando la tradizione sapienziale trasmessa nei millenni. Trecento anni dopo, grazie a una invenzione all’inizio gestita come scambio di notizie e informazioni tra pochi eletti privilegiati, il sapere acquisito provocava e determinava la rivoluzione francese, gettando i semi di una nuova evoluzione della specie umana, basata sul riconoscimento del Diritto Civile e dell’eguaglianza tra individui e popoli.
Proprio perché analfabeti, allora, i popoli impiegarono un tempo lunghissimo, dovuto anche alle enormi difficoltà economiche e logistiche nel poter scambiare informazioni.
La vita de “l’homo electronicus”, invece, è immediata.
In tutti i sensi.
Basta scegliere di essere inter-attivi e non più soltanto passivi recettori.
Nell’attuare un nuovo sistema di comunicazione si stabilisce automaticamente ln fondazione di un sistema “altro”, che si auto-alimenta ed esclude quello mainstream, il quale, giocoforza, si trova nella strabiliante situazione di non avere più la possibilità usuale di manipolazione del fruitore passivo.
In un contesto velocissimo come questo , in tempo reale, le informazioni, le notizie, le suggestioni, le opinioni, non possono più essere analizzate, decodificate e quindi filtrate dai mediatori politici e dagli agenti pubblicitari partitici. Il cittadino, quindi, comincia a sperimentare la sensazione (per il momento puramente virtuale) di una inter-comunicazione diretta con i propri simili, che elimina la funzione dei partiti storici, per costituzione i Grandi Filtri e Mediatori nella gestione e organizzazione del consenso collettivo. Il rapporto tra il Potere e i Servi (cioè noi) viene quindi capovolto. I dettami governativi non ottengono più come risultato quello di un’accettazione passiva o di una opposizione passiva -l’opposizione è passiva in quanto filtrata da “mediatori” che è lo stesso Potere a legittimarli stabilendo se siano funzionali o meno- bensì avviene il contrario: il web e i social networks diventano l’aggregazione collettiva della somma di esigenze autentiche delle persone e quindi il messaggio (se sgradito) ritorna al mittente provocando un effetto boomerang.
E’ ciò che nella Teoria dei Mass Media viene definito democrazia diretta.
Non può essere filtrata, né ammorbidita, né ammansita.
Può soltanto essere interrotta e cancellata, come fanno in Cina e in Corea del Nord, per fare due esempi.
Una condizione che non si può prevedere, pilotare, manipolare in anticipo, perché tutto finisce sotto la lente di ingrandimento e sotto al microscopio di chiunque, dall’idiota di turno al genio incompreso, dal frustrato invidioso al geniale intellettuale, anonimo perché timido ma vivo e fulminante nella prontezza delle sue analisi.
Bersani, Berlusconi, Monti, Casini, Maroni, sono tutti emblemi e simboli di un mondo che già non esiste più nella realtà quotidiana dello scambio sociale. Parlano tra di loro, asserragliati dentro a un castello demodè, usando un tipo di linguaggio e una modalità di relazione che non ha più alcun riferimento con la realtà degli accadimenti, si capiscono soltanto tra di loro.
Per questo il sistema sta implodendo.
Perché la classe politica dirigente è composta da vecchi (non anagraficamente ma culturalmente) che rappresentano istanze, modelli, simboli, progetti, ambizioni, che non corrispondono più all’immaginario collettivo della nazione.
Da noi le riforme sono impossibili perché la classe dirigente autentica (ovverossia le famiglie e i poteri che davvero contano) non vuole riformare nulla: il suo obiettivo consiste semplicemente nel mantenere le rendite di posizione e i privilegi corporativi conquistati nei secoli. L’Italia è l’unico paese in occidente in cui perfino i sindacati sono conservatori, invece di occuparsi del lavoro e dell’occupazione incitando l’imprenditoria a investire, investono la propria energia nel salvaguardare risultati già raggiunti, applicando una logica corporativa settoriale che impedisce al mercato di essere dinamico ed espandersi.
Il sistema non funziona più neppure per se stesso, per questo implode.
Nell’agonia degli ultimi momenti della loro esistenza storica, le mummie dei partiti tentano di evocare simboli di aggregazione ideologici per agguantare un consenso che tuttavia non sono in grado di poter ottenere, se non in maniera clientelare. Ma anche questo non funziona più. Nei momenti di crisi economica i clientes sono i primi a essere spazzati via.
Bisogna saperlo vedere il cambiamento, perché è già iniziato.
Ed ecco la mia interpretazione sui fatti di oggi, venerdì 15 febbraio 2013.
1). Antonio Baldassarri, ex direttore finanziario di MPS, un uomo davvero potente, di quelli che contano sul serio, viene arrestato. L’aspetto clamoroso è che viene fermato mentre, pare, sta scappando via di casa con il passaporto in tasca e 1 milione di euro in contanti. Lo portano via in manette. Segno dei tempi, ma soprattutto segnale che comincia a incrinarsi il supporto MM, l’omertà di appoggio della Mafia Mentale dei funzionari di partito, quelli che per 50 anni hanno garantito alla classe dirigente politica italiana l’immunità, per il solo fatto di essere in quota PD, in quota PDL, in quota Lega Nord, ecc. Baldassarri –uomo che sa come stanno le cose- non perde tempo a chiedere aiuto. Lo sa benissimo che sta saltando tutto e quindi cerca di scappare via. Deve aver commesso qualche errore banale, del tipo: andare via senza la moglie o senza aver lasciato cash sufficiente all’amante o essersi rifiutato di fare un piacere a qualcuno che si è stizzito ed è quindi rimasto vittima di una soffiata, o (ancora più credibile) gli avversari politici hanno avvertito la finanza. Fino a tre mesi fa, avrebbe avuto l’opportunità di dileguarsi in tutta tranquillità come è avvenuto ai Riva dell’Ilva di Taranto. Il messaggio è chiaro: si salvi chi può. Stanno perdendo la testa, stanno saltando gli appoggi. Lo capiamo tutti. E così, noi cittadini diventiamo testimoni di una vera e propria guerra tra bande: i faccendieri dei diversi partiti dai roboanti nomi professionali tipo presidente di, direttore generale di, manager di, ecc.
2). Orsi, presidente di Finmeccanica, fondamentale azienda strategica italiana, viene arrestato. Ma non si rende conto della situazione, non ha davvero capito come si mettono le cose. Se ne va in galera pensando forse che ne uscirà di lì a qualche ora. Ma le ore passano e nessuno lo fa uscire. Alla fine, dopo 48 ore, in galera convoca i giornalisti e in presenza del suo legale comunica che si dimette. Un evento surreale. Uno che sta in galera annuncia che ha deciso di non fare più il presidente perché si sono dimenticati di destituirlo. Che cosa ci racconta questo evento? Ci spiega che Orsi era abituato a vivere in un sistema di lavoro dove la Legge non esiste per alcune persone, le quali sono al di sopra degli altri. Quindi, invece di fare ciò che lo statuto impone –mi risulta che per Legge le 15 aziende strategiche militari italiane non possono stare senza presidente e senza amministratore delegato per più di 24 ore ed è prevista una immediata sostituzione in casi di emergenza- Orsi non si dimette, prima che se lo portino via. Ma ciò che più conta, neppure dopo. Spera ancora. Viene scaricato da tutti e quindi alla fine capisce l’antìfona e cede.
Ecco come Il Sole 24ore dà lo spettacoloso annuncio surrealista:
Finmeccanica: Orsi si e’ dimesso da presidenza e da Cda (RCO)
(Il Sole 24 Ore) – Busto Arsizio, 15 feb – Giuseppe Orsi si e’ dimesso da presidente e consigliere di amministrazione di Finmeccanica. Lo ha annunciato l’avvocato Ennio Amodio al termine dell’interrogatorio di garanzia del manager, accusato di corruzione internazionale.
Fine dell’articolo.
Non viene spiegato nulla, non viene detto nulla, e l’evento viene presentato come “norma”. Non viene neppure ricordato che sta in galera e che l’annuncio è stato dato a Rebibbia.
Nulla.
3). In compenso, Milano Finanza, in joint venture con Dow Jones news (l’agenzia di stampa di Wall Street che opera in Italia) pubblica on line il seguente articolo:
MF Dow Jones – News Italia
*B.Mps: Mussari sta rispondendo a domande Pm (fonti ufficiali)
Dowjones
(END) Dow Jones Newswires
February 15, 2013 07:43 ET (12:43 GMT)Copyright (c) 2013 MF-Dow Jones News Srl.
Fine dell’articolo.
Praticamente un avvertimento mafioso. Nessuna spiegazione, nessun commento, nessuna ipotesi.
4). Questa è una vera chicca.
Qualche giorno fa avevo scritto un articolo sulla vicenda della Banca Popolare di Spoleto che era stata commissariata. Finita la prima ispezione, il risultato si è rivelato una catastrofe per l’intera economia umbra, marchigiana e toscana. Oggi, a Wall Street, il titolo è stato squalificato e ridotto a “titolo spazzatura”. Ecco l’articolo pubblicato dall’agenzia di stampa di Wall Street attraverso Milano Finanza on line:
B.P.Spoleto: Moody’s taglia rating a Caa2
MILANO (MF-DJ)–L’agenzia di rating Moody’s ha tagliato il rating di B.P.Spoleto da B3 a a Caa2, valutazione che resterà sotto osservazione vista l’incertezza sul risultato dell’amministrazione della Banca.
Il downgrade, informa una nota, segue l’intervento della Banca d’Italia, che ha messo la banca in amministrazione straordinaria, ed e’ dovuto al fatto che l’attuale livello di capitale e’ significativamente piu’ debole rispetto al Core Tier 1 al 7,2% riportato a settembre 2012. Quindi, la probabilita’ che la Banca Popolare di Spoleto avra’ bisogno di un aiuto esterno nei prossimi 12 mesi, e’ molto alta.
Tuttavia, la revisione potrebbe risultare in un upgrade nel caso in cui la banca sia ricapitalizzata oppure acquistata da un partner forte. com/bca
(END) Dow Jones Newswires
February 15, 2013 06:09 ET (11:09 GMT)
Neanche a dirlo neppure una parola al riguardo sulla stampa. E c’è anche una sorpresa. La notizia arriva alle 11 del mattino. Vado a controllare in borsa e vedo che il titolo, in borsa, invece di crollare va su. Aspetto un po’ e alla fine della giornata, mentre tutti i bancari perdono, l’unico ad andare al rialzo è quello della banca di Spoleto. Come mai nessuno parla di ciò che sta accadendo in questa banca? In una banca gestita da persone che politicamente fanno riferimento a persone candidate nella lista Monti.
Perché non è l’unica. La banca di Spoleto si porta appresso delle altre associate che in questi giorni pre-elettorali vendono al miglior offerente. Intendiamoci: tutta robbetta fatta in casa; banche francesi, tedesche, inglesi, olandesi. Tutto ben controllato dalla BCE che approva, nel disperato tentativo di mettere una pezza allo sconquasso di un sistema bancario espoliato dalla corruzione politica.
Anche questo è un sintomo dell’implosione del sistema.
Non vengono più diffuse notizie relative all’andamento delle nostre banche, perchè le “bande” dei partiti-azienda hanno deciso di rimandare il tutto a dopo le elezioni, quando faranno i conti.
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E se le elezioni le perdessero tutti?
Che cosa accadrebbe?
Esperti del settore mi hanno detto: “Oh beh, allora vorrebbe dire che a dirigere le banche ci andranno esperti bancari. L’Italia, se è per questo, è piena di ottimi manager indipendenti dalla politica dei partiti, tenuti in frigo proprio perché sono indipendenti”.
Così funziona questo sistema.
O meglio: così funzionava.
Che cosa fa e che cosa dice la Associazione Bancaria Italiana?
Che cosa fa e che cosa dice Bankitalia?
Come mai sui giornali mainstream non è apparsa la notizia che il titolo della Banca Popolare di Spoleto è diventato “spazzatura”?
Sergio Di Cori Modigliani
Fonte: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/02/una-nuova-tangentopoli-una-replica.html
15.02.2013