DI MEHREEN KHAN
I nuovi spaventosi dati del mercato del lavoro rivelano che l’Eurozona ha ancora molto da lottare se vuole salvare una generazione perduta
La crisi della disoccupazione è la minaccia più grande per il tessuto sociale delle moribonde economie europee.
Nonostante il gran parlare che si sta facendo di una ripresa ciclica della moneta unica – tenuta a galla dai prezzi particolarmente bassi del petrolio, di un Quantitative Easing senza precedenti e dai bassi tassi d’interesse – colpisce al cuore il disagio politico ed economico dell’Eurozona.
La disoccupazione nell’Unione Monetaria è leggermente aumentata nel mese di Agosto, all’11 %. E ora i nuovi dati delle statistiche Eurostat mettono a nudo la portata della battaglia che l’Europa deve affrontare per combattere la disoccupazione persistente.
Dei quasi 18 milioni di disoccupati dell’Eurozona del primo trimestre dell’anno, solo il 18.6 % è riuscito a trovare un lavoro in quello successivo. Tutti gli altri non ce l’hanno fatta a ricongiungersi alla forza-lavoro.
I numeri non sono che l’ennesimo scorcio sul problema cronico della ‘disoccupazione a lungo termine’ che affligge l’Eurozona.
Definita come ‘lo stare senza lavoro da più di un anno’, la ‘disoccupazione di lunga durata’ è uno sviluppo molto pericoloso che tiene svegli di notte gli economisti [http://www.telegraph.co.uk/finance/economics/11767891/Four-charts-that-show-why-the-euro-isnt-working-for-Germany-or-Greece.html]. È in aumento nonostante la buona sorte abbia recentemente avvantaggiato l’euro. In Europa, il 15 % dei disoccupati non ha un posto di lavoro da più di quattro anni.
La graduale perdita delle preziose competenze necessarie per rientrare nella forza-lavoro, porta ad un fenomeno che gli economisti hanno chiamato ‘isteresi’. Ovvero quando i prolungati periodi di disoccupazione diventano permanenti.
I dati Eurostat indicano che la Grecia, in particolare, sembra aver completamente ceduto a questa malattia. Solo un ridicolo 8.6 % dei disoccupati greci è riuscito a trovare lavoro nel secondo trimestre di quest’anno rispetto a quello precedente. Un dato che è ancora più basso rispetto a quello di alcuni dei paesi più poveri dell’Europa non-UEM – Slovacchia, Bulgaria e Macedonia.
I numeri riflettono un periodo particolarmente tumultuoso per il futuro dei paesi dell’Eurozona, quando tutte le chiacchiere che si stanno facendo sulla crisi avranno portato l’economia ad una battuta d’arresto.
La tendenza a lungo termine è piuttosto chiara. Atene detiene, fra le altre cose, anche il titolo ignominioso di ‘capitale della disoccupazione di lungo termine’ dell’Europa.
Ma questo processo sclerotico sta prendendo piede in tutte le economie europee in stato di recessione permanente. La Grecia ne costituisce, probabilmente, il miglior esempio – avendo sofferto per una flessione ancor più grande di quella degli Stati Uniti durante la ‘Grande Depressione’ del 1930.
Il Governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ha invitato i politici occidentali ad impegnarsi in una ‘corsa contro l’isteresi’. Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, ha espresso il timore che il processo di ‘disoccupazione ciclica’ possa diventare strutturale.
Ma la disoccupazione persistente non è una piaga che riguarda solo chi è senza lavoro.
Larry Summers – che ha ripreso il concetto di ‘stagnazione secolare’ – ha parlato di ‘isteresi’ come effetto concomitante del declino a lungo termine dei ‘tassi di crescita potenziali’ in tutto il mondo sviluppato.
Sono due facce della stessa medaglia.
Secondo il Sig. Summers, le ‘forze dell’isteresi’ non sono che “un’ombra proiettata in avanti dell’attività economica”. Elevare il tasso naturale di disoccupazione ha effetti di ricaduta che possono distruggere lo sviluppo di un’economia negli anni a venire. Auto-rafforza il ciclo di stagnazione e distrugge la forza-lavoro.
Il ‘potenziale di crescita a medio termine’ dell’Eurozona è stimato per essere, mediamente, appena dell’1 %, secondo il Fondo Monetario Internazionale, che ha avvertito: “Questo livello è ben al di sotto di quello che sarebbe necessario, in molti paesi, per ridurre la disoccupazione a livelli accettabili”.
E ha aggiunto: “Considerando che le prospettive di crescita sono piuttosto tenui e che lo spazio politico è anch’esso molto limitato, l’Eurozona è vulnerabile sia agli shocks negativi che ad una prolungata bassa crescita, con ricadute palesemente negative”.
Il problema non è nuovo. Forze simili hanno ghermito gli Stati Uniti durante la Grande Depressione e sono state viste all’opera anche in Europa nel corso degli stagnanti anni ‘70 e ‘80.
Dopo poco più di tre decenni esse affliggono di nuovo il continente. Questa volta hanno lasciato i responsabili politici a grattarsi la testa. Secondo i calcoli della Banca Centrale Europea il tasso di disoccupazione vicino all’11 % è qui per restarci. Anche ad essere ottimisti potrà ridursi al 9 %, ma solo nel 2020, quando il ristagno economico dell’Eurozona avrà fine, secondo il FMI.
Sia il Sig. Summers che il FMI hanno chiesto alle autorità dell’Eurozona di utilizzare gli strumenti fiscali per combattere l’isteresi. Ma la prospettiva di un’espansione fiscale di massa non è fra gli obbiettivi di un’Unione Monetaria che ancora considera il conseguimento di certi obbiettivi di bilancio come il modo migliore per isolarsi da una nuova crisi globale.
Per quanto riguarda la politica monetaria, gli ‘economisti accademici’ teorizzano l’innalzamento degli obiettivi d’inflazione della Banca Centrale e l’aggiunta al suo mandato [che è la stabilità dei prezzi] anche di quello volto a ‘combattere la disoccupazione’.
Questi dibattiti, tuttavia, sono assolutamente slegati dalla realtà politica dell’Eurozona, nell’ambito della quale ci sono voluti anni e anni di dispute istituzionali perché la BCE potesse effettuare il suo QE.
Ma la nuova malattia dell’Europa, l’isteresi, si è ormai diffusa. Tanto più a lungo dovesse restare, tanto più difficile sarà il salvataggio di un’altra generazione perduta.
Mehreen Khan
Fonte: www.telegraph.co.uk
26.10.2015
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO