DI JACQUES SAPIR
In questo inizio d’anno, le ultime peripezie, per non dire capriole, di François Hollande hanno avuto il ruolo di nascondere per un momento la gravità della situazione nel paese. È vero, che il nostro Presidente col casco si recasse di notte nel letto della sua bionda riproduce, in un modo derisorio e un po’ ridicolo, i grandi miti dell’Antichità. Il fatto che quel letto fosse nell’appartamento di una persona legata alla gang de “la Brise de Mer” (ndt: storica banda criminale corsa) aggiunge alla parodia quel che serve di sordido. Tuttavia, ciò che importa non è questo; ma l’importante esiste comunque.
Ci si può domandare se, in Francia, noi non stiamo vivendo le premesse di una guerra civile. Questa domanda in apparenza assurda merita tuttavia di essere posta, in considerazione degli avvenimenti che abbiamo conosciuto in questi ultimi anni.
In una nota datata autunno 2012, evocavo la possibilità di una crisi di legittimità del potere. Ormai ci siamo. L’anno 2014 rischia fortemente di essere marcato da un’accumulazione di movimenti sociali, la cui convergenza metterebbe direttamente in causa il potere. Adesso, la crisi di legittimità ha questo di particolare, che essa cioè pone direttamente la questione non tanto della politica seguita, che si può considerare giusta o sbagliata in funzione delle opinioni, ma piuttosto del fatto stesso che il potere sia abilitato a portare avanti una politica. Questo è il motivo per cui bisogna attendersi che nel corso di quest’anno la contestazione del potere possa prendere un tono violento.
Di fatto, l’esercizio del potere, la Potestas, dipende dalla legittimità conferitagli dalla Auctoritas.
Queste nozioni, comuni sulla penna dei giuristi di ispirazione cristiana, non sono comunque in alcun modo legate obbligatoriamente a questa sfera. Si comprende bene, perfino intuitivamente, la necessità di separare la capacità di esercitare un potere politico dalla legittimità, o dalla giustezza, che sussiste nel praticarlo. Non è quindi necessario essere cristiani, né credere in Dio, per rimarcare la pertinenza della distinzione tra Auctoritas e Potestas.
Questa questione viene normalmente passata sotto silenzio, affinché niente contesti la legittimità del potere, soprattutto di un potere proveniente da istituzioni teoricamente democratiche. È chiaro che l’opposizione, che venga da destra o da sinistra, è ormai un’opposizione a ciò che fa questo potere, piuttosto che un’opposizione alla sua capacità stessa di fare.
La violenza politica, figlia dell’illegittimità
Da qualche anno, la vita politica francese è effettivamente marcata da un’incontestabile aumento del livello dei conflitti, siano essi verbali, simbolici e, qualche volta, perfino fisici. Noi viviamo, in realtà, l’equivalente delle premesse di una guerra civile “fredda”, che minaccia ad ogni istante di riscaldarsi. L’ex presidente, Nicolas Sarkozy, ne ha fatto esperienza durante il suo mandato, in particolare a partire dal 2009-2010. Egli fu oggetto di attacchi il cui carattere d’odio non è discutibile e che provenivano, fatto di cui prendere nota, tanto dalla sinistra, cosa che può essere comprensibile, che dalla destra. Questi attacchi sono stati messi nel conto dello “stile” imposto da questo Presidente, le cui intemperanze verbali e i cui eccessi erano legione, e che tendeva a riportare ogni azione, e quindi ogni malcontento, a se stesso. Non è per caso che si parlava di un “hyper-presidente” che, nel disprezzo della costituzione, spingeva nell’ombra il suo Primo Ministro. Ciò nonostante, l’elezione del suo successore, François Hollande, che si presenta come un Presidente “normale”, non ha cambiato niente a questa situazione. Si può, per altro, interrogarsi sulla qualificazione “normale” attribuita al Presidente. La funzione presidenziale è tutto tranne che “normale”. Che lo stile dell’uomo possa volersi modesto, è plausibile, soprattutto dopo gli eccessi, i Fouquet’s (ndt: Hotel 5*) et i Rolex del suo predecessore. Ma bisogna constatare che niente è servito. L’opinione pubblica, mai affascinata dall’uomo che dalla sua elezione non ha avuto uno “stato di grazia” come gli altri Presidenti, si è rapidamente allontanata. Ed eccolo in fondo ai sondaggi, destinato alle critiche senza mai essere stato lodato. Tutto è un pretesto, a torto o a ragione, di rimproveri e critiche. Egli si vede contestare da alcuni la possibilità stessa di governare. Come il suo predecessore, egli è oggetto di critiche devastanti, a volte dal suo stesso campo politico, che vanno ben aldilà della sua semplice persona. I movimenti sociali, che sono naturali in un paese e in una società divisa, prendono ormai dimensioni sempre più violente e radicali. Dopo la “manifestazione per tutti” (ndt: grossa manifestazione a Parigi nel 2013 a favore dei matrimoni e adozioni omosessuali), ecco “i berretti rossi” (ndt: riferimento alla rivoluzione francese).
Si dice, e non è affatto falso, che la presenza della crisi più importante che il capitalismo abbia conosciuto dagli anni ’30, spieghi questa tensione. Ma se questa crisi è esemplare, il paese ne ha conosciute altre dagli anni ’80. Per ritrovare questo stesso stato di tensione, bisognerebbe ritornare alla fine degli anni ’50 e alla guerra d’Algeria. Ma si sa, anche, che la IV Repubblica era diventata largamente illegittima. Egualmente, si spiega spesso e non a torto, Internet è diventato un luogo ambiguo, tra spazio privato e spazio pubblico, che è particolarmente propizio alla liberazione di una parola altrimenti repressa. Questa spiegazione, anche se contiene la sua parte di verità, non regge comunque di fronte alla specificità della crisi francese. In effetti, gli effetti di Internet sono gli stessi in tutti i paesi sviluppati. O, dal punto di vista della violenza politica, per il momento essenzialmente simbolica ma di cui si intuisce che potrà svilupparsi in una violenza reale, c’è effettivamente una differenza tra la Francia e i suoi vicini. Bisogna quindi andare a cercare più a
monte le fonti di questa radicalizzazione e soprattutto vedere che, aldilà dell’uomo (o degli uomini), per ridicolo o detestabile che possa essere, essa tocca la funzione e il sistema politico nella sua interezza. Noi viviamo, in realtà, una crisi di legittimità.
Questa crisi si manifesta nel fatto che viene contestata non più la politica perseguita, cosa normale in democrazia, ma l’esercizio stesso della politica, tanto da parte dell’UMP che dal PS. Ormai, la distinzione, largamente fittizia per la maggior parte del tempo, tra potere e paese reale, diventa una realtà. Questa opposizione non è senza rimandi a quella tra “loro” e “noi” (Oni e Nachi) che era stata inserita nel regime sovietico quando il sistema aveva cominciato a bloccarsi. Ogni persona che abbia lavorato sugli ultimi anni del sistema sovietico, tanto in URSS che nei paesi europei, non può non essere sensibile a questo confronto. La perdita di legittimità era, laggiù, legata alla combinazione di problemi economici (la “stagnazione”) e politici, la cui origine proviene dallo schiacciarsi del riformismo sovietico a Praga, nell’Agosto del 1968.
In Francia, questa perdita di legittimità del sistema politico e del potere, di cui noi vediamo gli effetti dispiegarsi in maniera sempre più disastrosa davanti ai nostri occhi, ha una causa e un nome: il referendum del 2005 sul progetto della costituzione europea. I referendum sull’Europa sono stati sempre momenti forti. Contrariamente a quello sul trattato di Maastricht, nel quale il SI non aveva vinto che di poche lunghezze, il NO fu largamente maggioritario nel 2005, con il 55% dei suffragi. Pertanto, quel voto fu immediatamente violato con il Trattato di Lisbona, firmato nel Dicembre 2007 e ratificato dal Congresso (unione dell’Assemblea Nazionale e del Senato) nel Febbraio 2008.
Da questa negazione della democrazia, che apre simbolicamente alla presidenza di Nicolas Sarkozy, si può far risalire l’inizio della deriva politica di cui noi constatiamo, adesso, la pienezza deglieffetti. La democrazia detta “pacifica” di cui Jacques Chirac e Lionel Jospin volevano essere gli araldi, è morta. Noi siamo entrati, che se ne abbia coscienza o meno, in una guerra civile “fredda”.
La sovranità, la legittimità e la legalità
Questa negazione ha riattivato un dibattito fondamentale: quello che porta sulle usurpazioni costanti alla sovranità della Nazione e, per questa via, alla realtà dello Stato. Queste usurpazioni non datano il 2005 né il 2007; sono cominciate dal trattato di Maastricht. Ma, il rifiuto della democrazia che ha subito il referendum del 2005 ha reso la popolazione francese più ricettiva a queste questioni. Questo è anche dovuto alla particolare storia politica del nostro paese. La costruzione della Francia in Stato-Nazione è un processo che rimonta di fatto all’inizio del XIII secolo, se non più lontano. Si può prendere come avvenimento fondatore la battaglia di Bouvines (27 Luglio 1214), che ha marcato il trionfo di un Re “imperatore nel suo reame” di fronte ai nemici, i tre più potenti principi d’Europa (Ottone IV di Brunswick, Giovanni Senza Terra e Ferdinando del Portogallo). La cultura politica francese ha integrato questo fatto e identifica il popolo e il suo Stato. Più precisamente, il processo storico della costruzione della sovranità della Nazione francese non è stato che l’altra faccia del processo di costruzione della comunità politica (e non etnica o religiosa) che è il popolo francese. (1) A questo proposito, bisogna comprendere la necessità di una Storia Nazionale, fondatrice della legittimità per tutti i paesi, e lo scivolamento, se non il tradimento, di questa storia in un romanzo nazionale. Seguendo i casi e gli autori, questo “romanzo”, che tradisce sempre tanto o poco la storia, può prendere la forma di una menzogna (attraverso delle libertà prese per ignoranza o per conoscenza della realtà storica). Ma questa menzogna è necessaria e, a volte, è perfino salvatrice, quando costruisce dei miti che sono, essi stessi, necessari al funzionamento della comunità politica.
Ogni comunità politica ha bisogno di miti, ma la natura di questi ultimi ci informa sulla natura della comunità.
La sovranità è indispensabile alla costituzione della legittimità e quest’ultima è necessaria affinché la legalità non sia il velo del diritto sull’oppressione. Da questo punto di vista, esiste un disaccordo fondamentale tra la visione generata dalle istituzioni europee di una legalità definentesi per se stessa, senza riferimento alla legittimità, e la visione tradizionale che fa della legalità la figlia della legittimità. Questa visione delle istituzioni europee sfocia nella neutralizzazione della questione della sovranità. Si comprende il meccanismo. Se legale può dirsi giusto di per se stesso, senza che abbia bisogno di una istanza capace di produrre il giusto prima del legale, allora ci si può sbarazzare della sovranità (2). Ma, eccetto che dichiarando il legislatore onnisciente e perfettamente informato, come si può pretendere che la legge sia sempre “giusta” e adatta? Questo è, per altro, lo stretto simmetrico del pensiero neoclassico in economia, che per funzionare ha bisogno di produrre il neo-liberalismo, della doppia ipotesi dell’onniscenza e della perfetta informazione 3. Il tentativo di negazione se non della sovranità quantomeno della sua possibilità di esercizio, è uno dei punti costanti dei giuristi dell’Unione Europea. Ma nel caso francese questo produce effetti devastanti.
La questione dell’identità
La rimessa in causa della sovranità francese, pertanto, prende la dimensione di una crisi identitaria profonda ma largamente implicita, per una maggioranza di francesi. Dentro questa crisi, l’agitarsi dei gruppuscoli “identitari” non sono che la schiuma delle onde. Le radicalizzazioni, che siano religiose o razziste, che possono essere il risultato di alcuni di questi gruppuscoli, restano largamente minoritarie. I Francesi non sono più razzisti (e di fatto piuttosto meno) dei loro vicini, e noi restiamo un popolo assai lontano dalle derive settarie religiose che si osservano, per esempio, negli Stati Uniti.
Ma il sentimento di essere attaccati nell’identità politica di ciò che fa di noi dei “francesi” è un sentimento ormai ampiamente condiviso. La perdita di legittimità di coloro che esercitano il potere, che siano di destra o di sinistra, si può leggere come un effetto diretto dell’indebolimento dello Stato che discende dalla perdita di una parte della sua sovranità. Si vede allora assai bene ciò che la legittimità deve alla sovranità. Non che l’illegittimità sia sempre legata alla perdita della sovranità. Alcuni poteri sovrani possono rendersi illegittimi. Oppure, la legittimità comanda la legalità. Si vede qui precisamente l’impasse del legalismo come dottrina. Affinché ogni misura presa, nel quadro delle leggi e dei decreti, possa essere considerata come “giusta” a priori, bisognerebbe ipotizzare che i legislatori siano al tempo stesso perfetti (non commettono errori) e onniscienti (hanno una conoscenza perfetta del futuro). Si vede immediatamente l’impossibilità di queste ipotesi.
Insomma, considerare che il “giusto” fondi il “legale” impone che il “legale” non possa definirsi in maniera autoreferenziale. Questo è stata per altro il giudizio della corte costituzionale tedesca, che è stata molto chiara nella sua sentenza del 30 giugno 2009. in quest’ultima, constatando l’inesistenza di un “popolo europeo”, la corte sentenziava che il diritto nazionale aveva preminenza, in ultima istanza, sul diritto comunitario nelle questioni di bilancio. È importante comprendere che, per la corte di Karlruhe, l’UE resta un’organizzazione internazionale il cui ordine è derivato, perché gli
Stati restano i padroni dei trattati (4), essendo i soli ad avere un reale fondamento democratico. Adesso, gli Stati sono oggi e per molto tempo ancora degli Stati-Nazione. È la sovranità che hanno acquisito che da loro il potere di “dire il giusto”. Certo, uno Stato sovrano può essere “ingiusto” o, in altri termini, illegittimo. Ma uno Stato che non sia più pienamente sovrano non può produrre il “giusto”. Da questo punto di vista, la sovranità fonda la legittimità anche se quest’ultima non vi si riassume.
Questo permette di comprendere perché si dovrà ritornare su queste tre nozioni Sovranità, Legittimità e Legalità, tanto dal punto di vista delle loro conseguenze sulla società come da quello della loro gerarchia. Queste tre nozioni permettono di pensare un Ordine Democratico che si opponga tanto all’ordine centralizzato delle società autoritarie che all’ordine spontaneo della società di mercato. Si può avere, per altro, un’ibridazione tra i due ordini, quando l’ordine pianificato venga a organizzare in maniera coercitiva e non democratica il quadro in cui l’ordine spontaneo va poi a agire. È peraltro molto comune il caso nella costruzione dell’Unione Europea, la cui legalità è sempre più autoreferenziale. La nozione di Ordine Democratico che risiede sulla gerarchizzazione di Sovranità, Legittimità e Legalità sfocia in una critica profonda e radicale delle istituzioni europee.
Ma il problema non si ferma qui. In effetti, ci fa pensare anche queste tre nozioni aldifuori di ogni trascendenza e di ogni aporia religiosa, poiché la società francese, come ogni società moderna, è una società eterogenea dal punto di vista delle fedi religiose e dei valori. Questo è il motivo per cui la “cosa pubblica”, la Res Publica, è profondamente legata all’idea di laicità, intesa non come persecuzione dei fatti religiosi ma come accantonamento di questi nella sfera privata. Ecco qua ciò che permette di ristabilire al suo giusto posto il dibattito sulla laicità. Ciò vuole anche dire che la separazione tra sfera privata e sfera pubblica debba essere percepita come costitutiva della democrazia e evidenzia tutti i pericoli che esistono a voler far scomparire questa separazione. Ma poiché egli ha rinnegato i principi di quest’ultima, poiché egli vive in realtà nell’ideologia del post- democratico, il nostro Presidente è ormai proprio l’ultimo che abbia il diritto di adontarsene.
Jacques Sapir
I suoi lavori come ricercatore sono orientati in tre direzioni: lo studio dell’economia russa e della transizione, l’analisi delle crisi finanziarie e delle ricerche teoriche sulle istituzioni economiche e sulle interazioni tra i comportamenti individuali. Egli ha condotto le sue ricerche a partire dal 2000 sulle interazioni tra il regime di cambio, la strutturazione dei sistemi finanziari e le instabilità macroeconomcihe. Dal 2007 è impegnato nell’analisi della crisi finanziaria attuale e in particolare nella zona Euro.
Fonte: http://russeurope.hypotheses.org
Link: http://russeurope.hypotheses.org/1907
12.01.2014
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SOKRATICO
1. Ci si riferirà qui al libro di Claude Gauvart, Histoire Personnelle de la France – Volume 2
Le temps des Capétiens, PUF, Paris, 2013. [↩]
2. Maccormick, Neil, Questioning Sovereignty, Oxford, Oxford University Press, 1999 [↩]
3. Sapir, Jacques, Les trous noirs de la science économique, Paris, Albin Michel, 2000. [↩]
4. M-L Basilien-Gainche, L’Allemagne et l’Europe. Remarques sur la décision de la Cour
Constitutionnelle fédérale relative au Traité de Lisbonne, CERI-CNRS, novembre 2009,
http://www.sciencespo.fr/ceri/sites/sciencespo.fr.ceri/files/art_mbg.pdf [↩]