DI ALESSANDRO ROBECCHI
Noi non discendiamo dalla scimmia. La scimmia, intendo, discende per i cazzi suoi. Noi fummo creati eccetera eccetera da un disegno superiore: le grandi opere durarono sei giorni e il settimo, vacanza. A Topeka (Kansas) una commissione di repubblicani bushisti, eletta dai cittadini, sta decidendo se continuare a raccontare le vecchie frottole di Darwin o fidarsi di più della Bibbia. Nella stessa America si nomina Dio in ogni discorso mentre si fa la guerra, che è la solita vecchia variante del «Dio è con noi» che ogni guerra tende a sventolare. Va bene l’uso della forza e i cannoni (e pure D’Alema), ma se c’è anche Dio è meglio, è un po’ come avere l’arbitro dalla tua parte. Il nuovo papa tuona contro la dittatura del relativismo, la cosa non stupisce e lui fa il suo mestiere. Stupisce un po’ di più che tuonino contro il relativismo certi intellettuali italiani che sono stati comunisti, craxiani, berlusconiani e ora teo-con, gente che senza relativismo non apriva nemmeno una pizzeria. Il manifesto fa un titolo sul «pastore tedesco» ed ecco che arriva l’esposto alla magistratura. Il Diario fa una copertina con la Madonna che dice sì all’eterologa e, apriti cielo, il signor Volonté dell’Udc chiama le guardie e chiede l’intervento dei giudici.
Mi aspetto da un momento all’altro retate tra chi si ostina a mangiare la carne al venerdì e rastrellamenti per portare la gente a messa. Al cinema spopolano Le Crociate e la propaganda ci mostra i marines che leggono la Bibbia, presumibilmente prima di sparare al ferito disarmato in una moschea ed essere assolti per aver rispettato le regole d’ingaggio. Una poveretta ridotta a vegetale viene rimpallata tra corti di giustizia e manifestazioni di piazza per settimane, con la sua vita (e la sua morte) ridotte a macchietta dai sostenitori della «vita», gli stessi peraltro che sparavano ai medici abortisti (dimostrando così di essere favorevoli all’aborto ben oltre i quarant’anni del feto, ormai laureato in medicina). Qui, nell’imminenza del referendum, si parla di embrioni come se fossero già maggiorenni, con la patente e il telefonino. Insomma, anche per non continuare con l’elenco, che sarebbe lungo, la sensazione è che siamo finiti nella macchina del tempo e stiamo tornando indietro di decine se non centinaia di anni. Ora, fermo restando l’amore per la discussione teorica, non vorrei che si perdesse troppo tempo. Se bisogna tornare indietro conviene farlo senza indugi, non è serio impiegare cinquant’anni per tornare indietro di cinquecento. Potremmo, che so, decidere fin da subito, che il sole gira intorno alla terra, e magari dare fuoco, nel corso di una toccante cerimonia, agli astronauti in missione, appena tornano. Oppure decidere (con un referendum?) che le ragazze non hanno l’anima, il che spiegherebbe molte cose, oltre alle veline della tivù.
Abbandonare la dittatura del relativismo non è poi così difficile: basta diventare fessi tutti in un botto e vedrete che si risolve ogni cosa. Una volta ripristinato il senso dell’assoluto e rispolverata l’estetica del dogma, oggi tanto à la page, si risolveranno un sacco di problemi. Ad esempio quello della ricerca, che costa soldi ed è una seccatura: perché diavolo farsi delle domande scientifiche quando ci sono risposte già confezionate sugli scaffali dei neo-teo-con? Ad esempio quello della guerra: perché scandalizzarsi se andiamo ad ammazzare gente che prega un altro Dio e persino che nel nome di un altro Dio si schianta con l’aereo contro i grattacieli?
Date retta, cercate il lato positivo della faccenda: pensate a quanti problemi in meno si avrebbero se fossimo tutti, all’improvviso, liberati dal nostro ottuso relativismo. Se fossimo tutti convinti che c’è un’intelligenza superiore che tutto decide e sovrintende – dall’evoluzione dell’umanità al risultato delle partite di pallone – faremmo molta meno fatica e ci accapiglieremmo molto meno. Persino le grandi questioni del presente ci sembrerebbero meno urgenti e vergognose e, se capita il peggio, tipo la peste, o la guerra, o Storace alla sanità, potremmo sempre sederci lì a dire che è stata una punizione divina, nel contempo però aspettando la provvidenza e la giustizia nell’aldilà, visto che l’aldiquà fa un po’ schifo.
Dunque, nella ben nota ottica che fare un cazzo è meglio che lavorare, perché sforzarci tanto con i nostri cervellini quando c’è chi si offre di consegnarci a casa, in pacco anonimo, le Grandi Verità della Vita? Dopotutto lo fanno per il nostro bene, per sottrarci alla dittatura del relativismo. Non sarebbe male, no? Cosa ci costa? Almeno sarebbe un buon modo per non vedere più prelati, vescovi e teologi dell’ultim’ora in tivù a parlare di ovuli e embrioni. Che – diciamocelo – fuori da matrimonio sono pur sempre una gran zozzeria.
Alessandro Robecchi
Fonte: www.ilmanifesto.it
10.05.05