DI JOSE’-CHRISTIAN
El Hispano
Nei primi giorni di luglio 2005, 500 marines, con aerei, armi ed equipaggiamenti sono andati a formare una base a Mariscal Estigarribia (Paraguay), una cittá di poco piú di 30.000 abitanti a 250 km dalla frontiera con la Bolivia. Il Senato paraguayano ha approvato una legge che dá loro l’immunitá diplomatica. Viene cosí il presentimento di assistere a una storia giá nota.
PRESAGIO DI UN INTERVENTO USA IN BOLIVIA?
La maggior parte del gas naturale del Sud America si trova nel sottosuolo boliviano, nella regione di Tarija, anche se il pozzo “La Vertiente” (Bolivia) é connesso con il pozzo “Indipendencia 1” (Paraguay) nella zona Gabino di Mendoza.Alla fine di luglio, una delegazione capeggiata dal Ministro degli Esteri, la cancelliera paraguayana Leila Rashid, si incontrò a Tarija con il cancelliere boliviano Armando Loayza e il ministro delle risorse naturali Jaime Dunn. Qui il Paraguay propose la costruzione di un gasdotto che partisse da Tarija e, passando per Mariscal Estagarribia e Lomo Plata, finisse al porto fluviale di Puerto Casado. Allo stesso tempo, le autoritá paraguaiane offrirono di convertire lo stesso Puerto Casado in una zona franca boliviana cosí che i propri vicini possano a loro volta utilizzarlo per vendere gas. Con questo il Paraguay vorrebbe peró anche un accordo complementare che permetta di sviluppare il pozzo di Gabino de Mendoza da dove si estrae gas naturale a maggior profonditá che a quello di Tarija.
IL FATTORE EVO MORALES
Senza dubbio, é impensabile un accordo prima delle elezioni del 4 dicembre, che permetteranno ai boliviani di scegliere: presidente, vicepresidente e legislatori per il periodo 2006-2010. Voteranno anche per la prima volta per eleggere i prefetti dei vari dipartimenti.
Evo Morales mantiene un vantaggio di 6 punti percentuali sul suo principale avversario Quiroga, situandosi sopra il 28% delle preferenze. Se ottiene la maggioranza assoluta, Morales sará ratificato dal Congresso e in quel momento avrebbe i voti sufficienti per diventare presidente.
La condizione dell’opzione “gas via mare”, progetto che nel 2003 non fu accettato dal Cile, nell’ultima settimana Morales si é allineato con il progetto dello Stato boliviano che non vede piú prioritario associare lo sfruttamento degli idrocarburi alla domanda di uscita nell’Oceano Pacifico. La produzione che uscirebbe dal Cile sarebbe destinata al mercato nordamericano. Le negoziazioni fallirono per la forte opposizione della popolazione boliviana incitata, tra gli altri, da Evo Morales e Felipe Quispe.
Da questo il timore che incute Morales alle autoritá degli Stati Uniti, per le quali l’ascesa al potere di un presidente come lui é contraria ai propri interessi economici e politici.
Gli Stati Uniti avrebbero valutato quattro modi per evitare che possa assumere la presidenza della Bolivia: fare pressioni o per posticipare la data delle elezioni o per comporre il Congresso boliviano con lo scopo di assicurare una maggioranza contraria che non ratifichi Morales come presidente; nel caso in cui risulti vincitore assassinarlo o creare un clima sociale di tensione accentuando le divergenze tra i cambas (della pianura) e i coyas (degli altopiani), facendo leva sul sentimento secessionista dei combas, provocando nello scontro il caos che legittimerebbe un intervento militare.
Nella caduta del presidente cileno Salvador Allende, nel 1973, si trova un esempio dei limiti all’interno dei quali si muove la politica estera degli USA. Tra quelli che organizzarono quella cospirazione c’era anche un giovane Donald Rumsfeld.
Lo stabilimento del contingente militare della zona risponde al progetto statunitense di mantenere in zone strategiche truppe da dispiegamento rapido per sostenere guerre a bassa intensitá. Max Boot nella sua opera “The savage wars of peace: small wars and the rise of american power” (2002) (Le selvagge guerre per la pace: le piccole guerre e l’ascesa potere nordamericano) analizza come gli USA mantengono il potere nel mondo grazie alla capacitá di condurre con esito favorevole “piccole guerre” come la ispano-cubana nordamericana.
La motivazione reale per intraprendere queste “piccole guerre” venne espressa da Spencer Abraham, segretario alle risorse energetiche di Bush, nell’anno 2001: “L’America affronterá una grande crisi di fornitura dell’energia nelle prossime due decadi. Il fallimento in questa sfida minaccerá la prosperitá economica della nostra nazione, comprometterá la nostra sicurezza nazionale e cambierá completamente i nostri stili di vita”.
Le truppe nordamericane sono protette dagli “Accordi sullo Statuto delle Forze Statunitensi” che il Pentagono impone ai Paesi dove dispiega le truppe. La cancelliera del Paraguay, Leila Rashid, ha confermato che i soldati americani in territorio paraguagio hanno immunitá diplomatica e, per tanto, in Paraguay non si potrá investigare su eventuali crimini commessi perché non potranno comunque essere portati davanti alla Corte Penale Internazionale.
Questi accordi erano giá stati respinti da Argentina e Brasile.
UN SECOLO DI INTERVENTI
Nonostante tutto, c’é da considerare che questi fatti sono un procedimento completamente normale per gli statunitensi. Attualmente gli USA hanno basi militari in tutti i continenti salvo l’Antartide. Sono piú di 700 le basi distribuite in 130 Paesi, tra le quali piú di un centinaio si trovano in Irak. Cosí si deduce dal Base Structure Report (2003) elaborato dal dipartimento della Difesa USA.
La relazione peró omette antecedenti di Paesi come Afganistan, Irak, Israele, Kuwait, Kirghizistan, Quatar e Uzbekistan e informa in modo parziale (come nel caso di Okinawa) sicché la quantitá di basi militari, con ragionevole certezza, raggiunge le mille unitá.
Ralph Peters, nel suo recente libro “New Glory: Expanding America’s Global Supremacy” (2005) (La nuova Gloria: l’espansione della supremazia globale americana) delinea una nuova versione della dottrina Monroe per assicurare che Paesi come Argentina, Cile, Venezuela e Colombia dovrebbero sostenere la proiezione mondiale statunitense apportando le risorse umane che gli USA necessitano. Intanto il Brasile é visto come la maggior potenza dell’emisfero.
In un’epoca dove si presume che sia finita la colonizzazione, le basi nordamericane ne costituiscono una nuova forma. Gli Stati Uniti rappresentano il 23% del PIL mondiale e concentrano il 50% delle spese militari totali. Gli analisti politici hanno interpretato questa incursione in Paraguay come un duro colpo al MERCOSUR.
José-Christian Páez – El Hispano, ottobre 2005
Fonte:
Ottobre 2005
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a da EPICUREO99
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