Ci stupiamo ogni volta che si scoprono nuove meraviglie a Pompei. Come se non finisse mai di regalarci testimonianze, la città emerge dal suo silenzio millenario, e ci consegna urla, pianti, risate e grida di vita passata.
E così anche stavolta ci lascia senza fiato, perché la scoperta riguarda l’infanzia dei piccoli bimbi, che hanno lasciato una traccia commovente: i disegni di gladiatori, cacciatori e manine sul muro di una abitazione di servizio di una Domus romana, una delle tante scoperte recentemente. Gli eroi di allora, uomini d’arme, sangue e violenza, che lottano contro le bestie, restano impressi e diventano giochi e racconti immaginifici riprodotti dai piccoli con i loro carboncini.
Ce li immaginiamo facilmente mentre disegnano e raccontano, forse uno più bravo a usare il carboncino si è incaricato di rappresentare una realtà del loro immaginario infantile.
E non abbiamo il tempo di rimanere stupiti perché, da un angolo della casa, tra le scene mitologiche, spunta un quadretto singolare, senza confronti del repertorio vesuviano, con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato, forse un figlio deceduto dei proprietari.
Si tratta di uno straordinario ritratto di bimbo, vestito con un piccolo saio con cappuccio, che sembra di colore rosso chiaro, con le manichine lunghe, che gli arriva al ginocchio: è seduto in mezzo a grappoli d’uva, alcuni dei quali tenuti da un lembo di stoffa che gli serve per portarseli via, forse a casa, mentre il suo cagnolino gli siede vicino. Forse, chissà, un semplice ritratto di un figlio, o, ancora, un ricordo fedele di un bimbo che ai tempi era mancato ai suoi genitori.
Sta di fatto che questa insopprimibile umanità, prima ancora che il valore artistico, simbolico e storico del dipinto murale, ci lascia attoniti, con un pensiero triste alla portata della tragedia vissuta dalle città dell’area vesuviana, 2000 anni fa. Il bimbo è ancora lì, con la sua uva, in un presente immortale: solo noi ne vediamo il tragico destino futuro a cui è condannato.
oltre ai disegni dei bambini, per il cui studio il Parco ha avviato una collaborazione con il dipartimento di neuropsichiatria infantile dell’università Federico II a Napoli, sono stati documentati i resti di due vittime, una donna e un uomo, morti nei lapilli del Vesuvio davanti al portone chiuso della casa dei Pittori al lavoro (chiamata così in virtù del fatto che si stava ridipingendo al momento dell’eruzione); all’interno della casa, è venuto alla luce un piccolo cubicolo (“camera da letto”), allestito come studiolo in prossimità del tablinum (sala di ricevimento) della casa.
L’occasione, per gli appassionati di Storia romana, di Arte antica e di Pompei in particolare, di una visita al sito archeologico per poter vedere questa ulteriore meraviglia, è ghiotta. La direzione del Parco archeologico di Pompei si è già organizzata in questo senso.
Dal 28 maggio è possibile accedere al cantiere tutti i giorni dalle ore 10.30 alle 18:00, attraverso un percorso dall’alto che consentirà una visione innovativa e globale dell’intera insula, nonché dell’architettura delle case romane con l’alternarsi di ambienti vari adibiti ad usi diversi, dal produttivo al commerciale all’abitativo, oltre che dell’attività di cantiere in atto, nell’ottica di una rinnovata e migliore fruizione al pubblico. L’ingresso, da via dell’Abbondanza, sarà contingentato allo scopo di garantire un’ottimale accessibilità e fruizione in sicurezza del percorso, anche in considerazione delle attività in essere al livello archeologico.