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UN PECCATO DI OMISSIONE

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A cura di Bosque Primario
Il 22 Luglio 2012
166 Views
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DI ERNESTO CELESTINI
peacelink.it
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Ormai seguire una rassegna stampa di un qualsiasi telegiornale, può suscitare forti dubbi sulla propria capacità di intendere.

Forse insistiamo a non volerlo capire, ma deve pur esistere un limite che stabilisce dove finisce l’arroganza, che permette ad alcuni uomini di effettuare scelte insensate, evidentemente dettate da interessi di parte e da profonda malafede, e dove cominci invece la vera ottusità, quella causata dalla presunzione di chi vive fuori dal mondo reale, convinto che il suo “sapere” basti per spiegare come funziona il mondo.

Ma esiste un altro problema ben più grave, perché è conseguenza della nostra scarsa capacità di avvertire e superare tutti gli ostacoli sottintesi e imprevedibili che continuamente ci vengono sbattuti in faccia.

Si, credo che sia molto preoccupante anche il “peccato di omissione” che continuamente viene perpetrato da tutti quei popoli che consentono a pochi potenti lestofanti di opprimerli. Opprimerli con la mistificazione dell’informazione, con falsi legislativi, amministrativi e sociali con cui è stato dirottato il corso della vita e della felicità loro e dei loro figli. 

Non posso fare a meno di chiedermi come mai solo sporadiche minoranze riescano a prendere coscienza che è insensato continuare a non reagire. Eppure si tratta di una massa di persone con una educazione scolastica media o superiore, tutte consapevoli di essere vittime di un sistema economico ormai soggiogato da una finanza speculativa che ha cancellato dai propri obiettivi sia l’importanza della qualità della vita, sia quella del lavoro come mezzo per raggiungerla.

La stessa storia ormai si ripete, sempre uguale da migliaia di anni, e nemmeno la possibilità di usare strumenti come Internet, Skype, Twitter o Facebook riesce a creare una indignazione collettiva capace di esprimere vigorosamente una giusta reazione a comportamenti ingiusti e dannosi, i cui effetti sono già evidenti guardando le immagini di milioni di nuovi poveri che aumentano ogni mese nei “moderni paesi democratici”.

Forse siamo stati affascinati per troppi anni dalla potenza che ci infondevano nuove conoscenze come “marketing e psicologia” che hanno permesso a sofisticati ragionamenti commerciali di orientare le scelte dei consumatori e, presi dall’ebbrezza di questo “potere di guidare le masse”, abbiamo tollerato che gli stessi strumenti fossero usati anche per conquistare spazi nella gestione della Democrazia.

Abbiamo sottovalutato l’importanza che può assumere la commistione di interessi quando affidiamo la guida di un paese, che continua a definirsi democratico, a “personalità politiche” progettate e lanciate sul mercato, come un qualsiasi prodotto commerciale, con lo scopo di realizzare l’obiettivo per cui sono state create.

Non possiamo pretendere che un buon imprenditore vada contro i propri interessi e non possiamo quindi aspettarci che un “prodotto politico / capo-popolo”, eletto con una maggioranza di voti procacciati con le stesse tecniche con cui si conquistano quote di mercato,   prenda  posizione come difensore dei diritti dei cittadini-clienti, che lo hanno eletto.

È proprio qui il divario culturale, ormai incolmabile, che si è creato tra le popolazioni e le caste politiche. Si è stabilito una specie di codice che, anziché unire, serve a divaricare sempre più la distanza tra le parti. Questo codice è costituito dal significato delle parole. Tradizionalmente ogni parola ha un suo significato comunemente accettato da tutti, anche se in qualche momento questa interpretazione può essere estesa o circoscritta.

Ebbene oggi assistiamo costantemente a frequenti e inutili esternazioni di politici (purtroppo non solo italiani) che usano, impunemente, parole nobili per esprimere concetti tanto vili da suonare stridenti alle orecchie di chi ascolta, perché evidentemente travisati e falsi.

Si ricorre spesso a termini come Democrazia o Libertà senza nessuna umiltà e senza nessun rispetto per il costo che esse hanno rappresentato per la conquista dei Diritti Umani. Si invoca il diritto alla libertà per imporre un sistema basato su una deregolamentazione finanziaria e su una speculazione insensata che è ormai prospera e che ha messo tutti contro tutti, in concorrenza feroce, per tutelare i propri interessi personali, indifferenti a qualsiasi conseguenza che questi causano o potrebbero causare alla natura e alla società.

L’abbiamo visto purtroppo con le troppe scelte di “pace” effettuate negli ultimi sessant’anni dai nostri governi occidentali che, con la forza assassina delle armi hanno esportato, millantandoli per democrazia, gli interessi insensati di pochi miopi commercianti.

L’abbiamo visto nei feroci tagli alla spesa pubblica che ha tolto fondi a ospedali, scuole, pensioni e cultura senza nulla togliere alla spesa militare per la difesa del paese, mentre si bombardano paesi a cui non si è dichiarata guerra.

L’abbiamo visto con la grave indifferenza con cui si sta minimizzando la portata dello scandalo LIBOR, del quale esistono tutti gli elementi che già dimostrano che le grandi banche di affari mondiali hanno truffato miliardi e miliardi di euro e di dollari manipolando i tassi di interesse ai danni dei loro clienti, sia creditori che debitori.

In virtù del libero mercato, quindi nel rispetto della libertà di tutti, abbiamo dato mandato a pochi miserevoli politici conniventi o corrotti o imbecilli di accettare, legalizzandoli, certi comportamenti che hanno consentito l’avvio di una spirale infinita di conteggi finanziari con cui sono stati ingannati, per piccoli importi, tutti i piccoli clienti delle banche e, con lo stesso meccanismo, per importi vertiginosi, hanno fatto esplodere tutti i debiti pubblici.

Se andiamo ad esaminare infatti la composizione del debito pubblico di una qualsiasi nazione salterà evidente che l’incremento progressivo della quota capitale chiesta in prestito è minima, discontinua o pari a zero, mentre l’aumento degli interessi sul debito pregresso non tende mai a diminuire ed ha una evoluzione scalare.

Se i governi prendessero atto che il tasso di interesse annuo applicato dalle banche è stato ogni anno alterato, perché gli organi di controllo hanno accettato per buoni i documenti falsi prodotti dalle banche e su questi hanno stabilito le regole del mercato, potremmo con serenità renderci conto che tutti i drammi sociali e umani che si stanno vivendo in paesi come Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia e continuando fino agli Stati Uniti, sono dovuti ad un malinteso che non può restare insoluto: La Libertà esiste solo se integrata dall’Uguaglianza nei diritti e nei doveri per tutti e senza distinzioni. Se così non fosse, si dovrebbe definire prevaricazione o abuso di potere.

Trattandosi di un malinteso e chiarito l’equivoco, non dovrà essere impossibile porre fine alle inutili sofferenze di popolazioni a cui si stanno chiedendo “rinunce sociali e sacrifici economici” per rimpinguare le casse del tesoro di filibustieri che continuano illegalmente a depredarli con le loro ininterrotte scorribande quotidiane.

Non ci si può più permettere di rispondere con iniziative locali ad una politica che agisce a livello globale, incurante dei piccoli problemi che riesce a risolvere semplicemente ignorandoli o decentrandoli. Si dovrà combattere pensando che esiste un solo popolo e pretendendo che i Diritti Umani siano considerati in blocco come inalienabili, che il nostro pianeta sia considerato un bene di cui si ha solo l’usufrutto e che la qualità della vita dell’uomo sia l’unico obiettivo da perseguire.

La crescita o il risanamento delle finanze sono i falsi problemi con cui ci stanno annebbiando la vista, ma accettarli come unica via percorribile per uscire dalla crisi, ci permette di adagiarci ancora nella nostra indolenza e continuare a vivere con il nostro “Peccato di omissione”, senza prendere decisioni e senza affrontare le nostre responsabilità sociali.

Un programma fatto di pochi punti, da realizzare in tutti i paesi e affidato a governanti scelti direttamente dal popolo, non necessariamente menti eccelse, con attestati dei più celebrati istituti universitari, ma solo persone di cultura e buonsenso normali, dotate però di una specchiata, indiscutibile e riconosciuta onestà intellettuale riuscirebbe a mettere in atto la  più  radicale  e incruenta delle rivoluzioni:

Quella che prevede il rispetto dei diritti dell’uomo e della natura e non tollera abusi fatti in malafede e perpetrati in nome di principi che troppo spesso vengono nominati da persone che non hanno nessun requisito morale, e che non hanno titolo per essere presenti su quelle rassegne stampa e su quei telegiornali che fortunatamente ancora suscitano in molti di noi, forti dubbi sulla loro attendibilità e sulla veridicità delle loro fonti.

Fonte : http://www.peacelink.it/sociale/a/36637.html – 21/07/2012

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