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La Redazione

 

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UN PAESE CHE VA SCOMPARENDO
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A cura di Vichi genio
Il 18 Giugno 2005
43 Views

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Il paese che non c’è più

DI PAUL KRUGMAN

I figli del miracolo economico, come me, sono cresciuti in una società relativamente egualitaria. Negli anni ’60 l’America era un posto dove gli estremamente ricchi erano pochi, i lavoratori guadagnavano abbastanza da appartenere agevolmente alla classe media, e gli operai potevano sperare ragionevolmente sia in un miglioramento continuo del proprio standard di vita che in una certa sicurezza economica.

Ma, come ci ricorda una recente serie di articoli del The Times, questo paese non c’è più. La classe media, nella quale sono cresciuto, non esiste più.

Negli ultimi trenta anni la classe operaia ha fatto, quando lo ha fatto, solo pochi progressi. Il reddito medio delle famiglie, fra il 1947 e il 1973, tenuto conto dell’inflazione, si è raddoppiato. Fra il 1973 e il 2003 invece è aumentato solo del 22 per cento, un incremento dovuto più all’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, o all’aumento delle ore lavorative, che non all’aumento dei salari.

Anche la sicurezza economica è diventata una cosa del passato: oggi le fluttuazioni da un anno all’altro delle entrate delle famiglie sono molto più ampie di una generazione fa. Basta un piccolo evento sfortunato di lavoro o di salute e una famiglia, che sembrava appartenere saldamente alla classe media, cade nella povertà.
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Però i ricchi si sono comportati molto meglio. Dal 1973 il reddito medio dell’1 per cento superiore della popolazione si è raddoppiato, e il reddito del’ulteriore 0,1 per cento si è triplicato.
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Come è potuto accadere? Ci sarebbe molto da dire, come farò in futuro, ma per adesso basti sapere che la classe media americana non è nata per caso. E’ stata il prodotto di quella che è stata chiamata la Grande Compressione dei redditi, avvenuta durante la seconda guerra mondiale, sostenuta per una generazione da norme sociali che favorivano l’uguaglianza, forti sindacati e una tassazione progressiva. Dal 1970 tutte queste forze hanno perso via via vigore.
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In particolare, dagli anni ’80 in poi, il governo ha applicato, a spese delle classi lavoratrici, leggi sempre più favorevoli alle classi benestanti. Attualmente, con questa amministrazione, il favoritismo è continuato in modo estremo e senza soste. Tutti i provvedimenti di politica interna, dal taglio delle tasse per i ricchi alla riforma del ‘fallimento’ per i più sfortunati, sembrano fatti apposta per accelerare la nostra marcia all’indietro verso l’epoca dei ‘padroni del vapore’.
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Non è una bella situazione. Ecco perché i partigiani di estrema destra tentano con ogni mezzo di discreditare tutti quelli che cercano di spiegare al pubblico come stanno effettivamente le cose.
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Questi partigiani si affidano in parte all’inganno: i dati che presentano vengono scelti parzialmente, selezionati e rimodellati in modo da poter sviare gli osservatori. Per esempio, ormai è pacifico che il taglio delle tasse favorisce in gran misura solo i ricchi, specialmente coloro che vivono di rendite ereditate. Però il Rapporto Economico del Presidente di quest’anno, con un’abile dimostrazione di bravura di come si possa mentire con le statistiche, ha affermato che la riduzione delle tasse “ha aumentato la progressività generale del sistema fiscale federale.”
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Vengono scelte tecniche intimidatorie, si vuol far credere che i tentativi di limitare le ineguaglianze metterebbero in pericolo le spinte economiche e ridurrebbero tutti a dividersi la miseria. Queste pretese ignorano completamente il motivo del successo economico degli USA dopo la seconda guerra mondiale. Vengono passate sotto silenzio anche le lezioni che avremmo dovuto imparare dai recenti scandali finanziari: qualche volta la prospettiva di un grande guadagno per gli uomini di successo fornisce motivazione non per grandi imprese ma per grandi frodi.
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Ma soprattutto questi partigiani si affidano alla guerra di parole. Chiamano “guerriglia di classe” la priorità di programmi come quello della Sicurezza Sociale, che dovrebbe garantire i lavoratori americani dai rischi economici, sul taglio delle tasse a favore dei ricchi. Se ci si preoccupa dell’aumento delle disuguaglianze economiche allora si sta praticando “la politica dell’invidia.”
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Però il vero motivo di preoccupazione dell’aumento delle ineguaglianze sociali a partire dagli anni ’70 non ha niente a che fare con l’invidia. Il fatto è che le classi lavoratrici non stanno beneficiando del progresso economico e si trovano a fronteggiare una situazione economica sempre più insicura. Ci sono buone ragioni per ritenere che una società nella quale la maggior parte della gente appartiene alla classe media sia una società migliore, anche sotto il profilo di democrazia funzionante, di una società polarizzata dove esistono gli estremi di povertà e ricchezza.
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Rovesciare la tendenza alla disuguaglianza e all’insicurezza economica non è un compito facile, l’ormai scomparsa classe media è nata solo dopo una grande depressione e una guerra. Però si può cominciare facendo attenzione a tutti quei politici che peggiorano le cose in modo sistematico facendo i servi dei loro finanziatori. Lasciate perdere il falso scopo dell’invidia. Piuttosto cerchiamo di fare qualcosa a proposito della politica dell’avidità. .

Pual Krugman
Fonte:www.commondreams.org
Link:http://www.commondreams.org/views05/0610-24.htm
10.06.05

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte .org a cura di VICHI

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