DI VICTOR KOTSEV
Asia Times
Alcuni mesi fa gli USA erano sul piede di guerra a causa dell’utilizzo di armi chimiche in Siria; ma poi, apparentemente influenzati dall’iniziativa russa che prevedeva la spedizione dell’armamento chimico da parte del governo siriano e la sua successiva distruzione, hanno fatto marcia indietro. Coloro i quali per tutto il tempo hanno sostenuto che la versione dei fatti fornita dalla Casa Bianca era alquanto problematica hanno appena ricevuto un enorme supporto da Seymour Hersh, giornalista investigativo vincitore del premio Pulitzer.
Domenica scorsa la London Review of Books ha pubblicato un lungo reportage [1] a cura di Hersh, il quale in passato aveva rivelato le atrocità commesse dagli Americani a My Lai durante la guerra del Vietnam e nel carcere iracheno di Abu Ghraib. Nel reportage Hersh accusa il Presidente degli USA Barack Obama e i suoi alti funzionari di aver ingannato il mondo con le loro affermazioni, in particolare in due occasioni: la prima, quando Obama e i suoi funzionari affermarono di essere in possesso di prove inequivocabili che dimostravano il coinvolgimento del regime del presidente siriano Bashar al-Assad in un attacco con armi chimiche avvenuto il 21 agosto nelle vicinanze della capitale Damasco, attacco che causò la morte di centinaia di civili; la seconda, quando sostennero che non esistevano prove riguardo il possesso di armi chimiche da parte di gruppi di ribelli nel paese e della loro capacità a usare tali armi.
Parte delle informazioni in possesso di Hersh provengono da “recenti interviste con funzionari e consulenti dei servizi segreti e dell’esercito del presente e del passato”. Egli descrive come, dopo l’attacco di agosto, l’amministrazione Obama “abbia arbitrariamente scelto l’intelligence per giustificare un attacco contro Assad”. Hersh sostiene che la Casa Bianca foraggiò una storia attentamente manipolata per il pubblico e i media, paragonando questo procedimento all’inizio della guerra in Vietnam e in Iraq.
Inoltre, egli riporta che, malgrado ciò che fu detto dai funzionari americani in diverse occasioni, gli USA non ricevettero preavviso dell’attacco.
Svariate fonti importanti dei servizi segreti, le quali in precedenza avevano fornito informazioni sensibili su siti siriani di armi chimiche, tra cui un sofisticato network di sensori che operava congiuntamente con Israele, erano state ingannate dagli stessi siriani o semplicemente non avevano rilevato nessuna attività sospetta.
Tuttavia, l’intelligence americana iniziò freneticamente a passare al setaccio un’immensa quantità d’intercettazioni, effettuate dopo l’attacco, cercando sempre un modo per implicare il regime di Assad.
“Ciò non conduce a una valutazione molto affidabile, a meno che non si parta dal presupposto che Bashar Assad l’abbia ordinato [l’attacco ndt] e dunque si inizi a cercare qualsiasi cosa a favore di questa supposizione” scrive Hersh, citando un ex ufficiale di alto livello dei servizi segreti. Giudizio con il quale risulta difficile essere in disaccordo.
Parti di queste informazioni sono apparse in modo frammentario su altri media – per esempio, in un reportage del Wall Street Journal si affermava che le informazioni dei servizi segreti fossero state tradotte in inglese solo dopo l’attacco, e suggerivano che Assad fosse all’oscuro, mentre i suoi comandanti in quel campo “fossero stati semplicemente negligenti”. Tuttavia, similmente ad altri media mainstream, il Wall Street Journal ha presentato come impeccabile il fatto che l’intelligence americana abbia collegato il regime siriano con l’attacco di agosto. [2]
Hersh, però, mette in dubbio questo collegamento facendo notare, tra le altre cose, che la relazione dell’ONU sull’attacco ha illustrato chiaramente come le prove esaminate dal proprio team avrebbero potute essere state manipolate dai ribelli, affermando inoltre che l’amministrazione Obama avrebbe costruito le informazioni riguardanti la distribuzione di maschere anti gas alle truppe effettuata dal regime di Assad prima dell’attacco.
L’affermazione di gran lunga più incriminante fatta da Hersh è quella che i funzionari americani avrebbero tenuto all’oscuro il pubblico delle prove che dimostravano che gli affiliati di al-Quaeda in Siria ebbero accesso al materiale per fabbricare armi chimiche e al know-how necessario per mescolarle e usarle in battaglia.
Un rinomato consulente dell’intelligence americana riferì a Hersh che un esperto iracheno di armi chimiche, affiliato di al-Quaeda, si trasferì proprio nell’area dove avvenne l’attacco poco prima che esso venisse realizzato. Hersh scrive: “un documento dei servizi segreti, pubblicato a metà estate, si occupa approfonditamente di Ziyaad Tariq Ahmed, un esperto di armi chimiche precedentemente annoverato nelle schiere dell’esercito iracheno, che si dice si sia trasferito in Siria e che stia operando nel Ghuta orientale”.
Hersh afferma che, nonostante alti funzionari americani avessero a loro disposizione numerose relazioni dei servizi segreti americani nei quali si affermava che gli jjhadisti sarebbero stati in grado di compiere tale attacco, essi esclusero in diverse occasioni che l’attacco fosse stato compiuto dai ribelli.
Hersh scrive: “nei mesi precedenti l’attacco, le agenzie di intelligence degli USA produssero una serie di relazioni altamente confidenziali culminate in un formale Operations order – documento atto a pianificare un’invasione militare da terra– facendo riferimento all’evidenza che il fronte al-Nusra, gruppo affiliato ad al-Quaeda, padroneggiasse i meccanismi per poter creare il sarin, il gas nervino, e che fossero in grado di produrne in quantità”.
Ad essere onesti, l’informazione relativa al possesso di armi chimiche da parte dei ribelli non è totalmente nuova, sebbene non sia stata diffusa dai principali mezzi di comunicazione occidentali. Un gruppo di militanti di Nusra (uno dei principali gruppi affiliati ad al-Qaeda in Siria) fu catturato a maggio in Turchia con del sarin e dei suoi precursori. Stando a quel che si dice i militanti hanno tutti sostenuto, in modo abbastanza bislacco, di non aver idea che le sostanze chimiche che avevano mischiato potessero produrre un’arma chimica mortale. [3]
Perfino la famosa investigatrice dell’ONU, Carla del Ponte, ammise a maggio, tre mesi prima dell’attacco di agosto, l’esistenza di forti indizi riguardanti l’utilizzo del sarin da parte dei ribelli in quel campo. [4]
Ma sebbene ciò non esoneri direttamente le forze di Assad dalla responsabilità dell’attacco, il reportage di Hersh distrugge il racconto fatto circolare dalla Casa Bianca e riproposto da molti dei principali “outlet” di notizie. Il reportage fa intendere che rivelazioni molto più importanti debbano ancora essere fatte, sia riguardo le circostanze in cui è avvenuto l’incidente del 21 agosto, sia riguardo l’intensa attività diplomatica che ci fu a seguire.
Victor Kostev è giornalista e analista politico.
Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MID-01-101213.html
10.12.2013
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di IRINA
Note:
1. Whose sarin?, London Review of Books, 8 dicembre 2013.
2. As Syrian Chemical Attack Loomed, Missteps Doomed Civilians, Wall Street Journal, 22 novembre 2013.
3. Detained al-Nusra members say chemicals not for making sarin gas, Zaman, 13 settembre 2013.
4. UN’s Del Ponte says evidence Syria rebels ‘used sarin’, BBC, 6 maggio 2013.