UN FUTURO DI SANGUE E PETROLIO

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Quanto costa il petrolio

DI PAUL J. NYDEN

Il petrolio è di nuovo all’ordine del giorno sui titoli dei giornali, nelle tasche dei consumatori e nella storia dell’uomo. Forse nella fine della storia e dell’uomo.

I titoli principali dei periodici di questo mese sono: “After oil:powering the future” (Dopo il petrolio, come fornire energia al futuro) di National Geographic; “Crossroads for Placet Earth” (Il pianeta Terra si trova a un incrocio) che è un numero speciale di Scientific American; infine sul New York Times Sunday Magazine troviamo “The Beginning of the end of oil?” (L’inizio della fine del petrolio?).

Tutti gli articoli mettono in guardia contro i tremendi pericoli che corrono l’umanità e la stessa vita sulla se non si cambia nell’immediato futuro l’attuale politica energetica.

C’è gente che sta pagando molto più caro di noi il petrolio che siamo costretti ad acquistare alle pompe di benzina.

Si tratta dei soldati feriti o uccisi ogni giorno in Irak per proteggere, con uno sforzo sempre più irresponsabile, e alla fine futile, le “nostre” forniture di petrolio in Medio Oriente.

Michael T. Klare, sociologo ed esperto di affari esteri che insegna all’ Hampshire College di Amhherst, Mass., ha pubblicato un libro di piacevole lettura dal titolo “Blood and oil” (Sangue e petrolio) con il quale ci avvisa che dobbiamo cambiare la nostra politica energetica in modo sostanziale.

Come contribuenti stiamo già pagando le fatture che servono a mantenere le nostre basi militari attorno al globo. Ma sia i politici che i giornali raramente menzionano questi costi come spese nascoste per il petrolio.

Alcuni di questi costi servono per mantenere al potere i regimi corrotti, spesso brutali, che si trovano nei “potentati benedetti dal petrolio” sparsi nel Golfo Persico, nelle repubbliche centro asiatiche, dalla Russia all’Angola, dalla Nigeria alla Colombia.
“In ultima analisi il costo del petrolio sarà calcolato con il sangue.” Scrive Klare. E le cose peggioreranno sempre di più dal momento che nazioni nuove, come la Cina e l’India, si stanno industrializzando e richiedono sempre più petrolio.

“La forza militare americana è sempre più impegnata a proteggere i campi petroliferi e le linee di rifornimento che li collegano agli Stati Uniti e ai suoi alleati.” Prosegue Klares. “Lentamente ma decisamente l’esercito americano si sta convertendo in un servizio mondiale a protezione del petrolio.”

Ed è sempre più difficile, commenta Klare, “distinguere le operazioni militari americane che hanno come scopo combattere il terrorismo da quelle dirette a proteggere gli interessi petroliferi.”

La dipendenza nazionale dal petrolio e dagli altri combustibili fossili, compreso il carbone, è cresciuto dopo la seconda guerra mondiale. Però la nostra politica è peggiorata in modo disastroso dopo che Gorge Bush è entrato alla Casa Bianca nel 2001.

Alcune statistiche preoccupanti provengono proprio dalle stesse ricerche dell’amministrazione, come il rapporto del maggio 2001 della National Energy Policy.
Fra il 2000 e il 2020 si prevede che la produzione nazionale scenderà del 18 percento, e cioè da 8,5 milioni di barili al giorno a 7 milioni.

Però in questo periodo il consumo degli USA aumenterà del 31 per cento, salendo da 19,5 milioni di barili al giorno a 25,5 milioni.

Il generale Tommy Franks, or in pensione, ex comandante della Centcom ha testimoniato nel 2002 che il 68 per cento delle riserve mondiali accertate di petrolio si trova nelle regioni del Golfo Persico e che il 43 per cento delle esportazioni di petrolio passa attraverso lo stretto di Hormuz, che si trova fra l’Iran e gli Emirati Arabi Uniti.

Le riserve non infinite di petrolio rappresentano forse il più grande ma, certo, non il solo problema.
Il Medio oriente vive in un contesto sempre in fermento, ne sono esempio il conflitto Arabo-Israeliano che ha avuto inizio dopo la seconda guerra mondiale, governanti corrotti in nazioni come l’Arabia Saudita e i nuovi gruppi di terroristi.

Klares fa presente che molti di questi paesi cominciano a soffrire di nuovi problemi sociali e economici.

Per esempio la popolazione dell’Arabia Saudita è esplosa da 3,2 milioni di abitanti nel 1950 a 21,7 milioni nel 2002. Si pensa che arriverà a 40 milioni nel 2025.

Nel 2002 il 75 per cento della popolazione saudita era al di sotto dei 30 anni, e il 50 per cento era al di sotto dei 18 anni. Una concentrazione così alta di giovani ha fatto crollare il reddito medio pro-capite da 28.600 dollari ad appena 6.800 dollari nel 2001.

Il prezzo del petrolio, in termini economici, militari, politici e morali, vale davvero la pena?

Alcuni americani dicono di si Secondo Klare “Questa, effettivamente è la politica energetica adottata dall’amministrazione Bush, diretta alla massimizzazione dei rifornimenti di petrolio ad ogni costo.”

Altri americani, che condividono altri valori fondamentali, dicono di no. I loro valori, che comprendono “la sicurezza dei nostri giovani in uniforme deve avere la precedenza sui vantaggi materiali… Una strategia che si fonda sull’uso della forza per soddisfare la nostra sete di petrolio a buon mercato è una strategia che non ci possiamo permettere.”

“Se continuiamo a dipendere dal petrolio,” – conclude Klare – “ l’unica cosa certa è che il suo prezzo in sangue continuerà ad aumentare..”

David Goodstein pone l’accento più sulla produzione che sulla politica estera. Nel libro “Out of gas.” (Niente più benzina.) rappresenta il dilemma che il mondo deve affrontare.

“Ovviamente abbiamo ci siamo creati, da soli senza volerlo, una trappola. Per dire così, presto avremo finito la benzina. Su questo non c’è dubbio. Nel serbatoio ce n’è solo una quantità limitata. Quando accadrà?”

Goodstein fa presente che prima degli anni 50 i geologi respingevano le opinioni di chiunque dicesse che le scoperte di petrolio non potevano durare per sempre.

Nel 1956 M. King Hubbert, un geofisico della Shell Oil Co,, aveva previsto che la quantità di petrolio prodotta dai 48 stati americani avrebbe raggiunto il massimo negli anni 70 per poi decadere rapidamente. Aveva visto giusto.

Oggi i geologi prevedono che il mondo raggiungerà il massimo della produzione di petrolio, fenomeno conosciuto col nome di Hubbert’s peak (Il picco di Hubbert), nei prossimi dieci anni.

Chi crede a Hubbert afferma che la vera crisi non si verificherà quando sarà finita l’ultima goccia di petrolio, ma quando sarà raggiunto il “picco di Hubbert” e la produzione comincerà a diminuire. Arrivato questo momento ci sarà una crisi enorme a causa della richiesta sempre maggiore per ogni anno che passa.

Goodstein non vede una soluzione netta alla crisi che incombe. Però secondo lui ci dovrebbe essere una combinazione di energia solare energia nucleare con poca partecipazione dell’energia idroelettrica e eolica.

Goodstein non mastica le sue parole. Prevede che il mondo si troverà di fronte a tempi molto difficili.

Egli scrive che “Noi americani siamo consumatori senza limiti di energia “ e che i loro leaders sono “perfino riluttanti a riconoscere che esiste il problema.”

I due autori, Klare e Goodstein, fanno presente anche i pericoli sempre maggiori che derivano dal riscaldamento globale, provocato dalla combustione dei carboni fossili.

Il disastro prossimo venturo a cui si fa riferimento viene trattato in un altro libro dal titolo “Boiling Point.” (Punto di ebollizione.)

L’autore, Ross Gelbspan scrive: “La crisi climatica è molto più di una crisi ambientale. E’ una crisi di civiltà.”

Per salvare la Terra dobbiamo ridurre l’uso dei carboni fossili del 70 per cento nell’immediato futuro. La Terra sta già cadendo a pezzi, uno per volta.

Le calotte polari si stanno spaccando, i ghiacciai in cima ai monti si stanno sciogliendo e gli oceani diventano sempre più caldi.

Gelbspan mette in guardia che “La soluzione della crisi climatica comporta una lotta dalla posta altissima contro gli interessi delle attività collegate al carbone, al petrolio e le immense risorse finanziarie e politiche a loro disposizione.”

La soluzione richiede misure drastiche e immediate. Forse è già troppo tardi per salvare la Terra.

Inoltre il petrolio, che rappresenta la spinta propulsiva del disastro imminente, sta per finire.

Klare scrive: “Forse non finirà fra 10, 15 o 20 anni, però finirà.”

Secondo Goodstein “La civiltà che conosciamo finirà entro questo secolo se non riusciamo a trovare un modo di vivere senza i combustibili fossili.

Molti di noi vivranno abbastanza da poter vedere le conseguenze, i nostri figli le vedranno di sicuro.

Fonte:www.commondreams.org
Link:http://www.commondreams.org/views05/0829-29.htm
29.09.05

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da VICHI

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