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La Redazione

 

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UN DONO DI MORTE

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A cura di Truman
Il 13 Dicembre 2012
316 Views
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DI GEORGE MONBIOT

The Guardian

Ogni anno sprechiamo soldi in prodotti inutili che inquinano il pianeta, la maggior parte dei quali non sono voluti. Perché non gli prepariamo un dolce?

Non c’è niente di cui hanno bisogno, niente che non abbiano già, niente che vogliano. Quindi gli compri una statuetta della Regina alimentata ad energia solare; una spazzola per l’ombelico; un cestello da gelato placcato in argento; un “divertente” deambulatore gonfiabile; un affare di plastica e ingranaggi chiamato “Terry – la tartaruga che bestemmia”; oppure – ed in qualche modo lo trovo sensato – un planisfero “gratta e vinci”.

Sembrano divertenti il primo giorno di Natale, stupidi il secondo giorno, imbarazzanti il terzo. Entro il dodicesimo, finiranno in una discarica. Per 30 secondi di dubbio intrattenimento o di stimolo edonista che non dura più di un tiro di sigaretta, attiviamo l’uso di materiali il cui impatto durerà per generazioni.

Come documentato nel suo film, The Story of Stuff, Annie Leonard ha scoperto che, dei materiali che circolano nell’economia di consumo, solo l’1% viene ancora utilizzato sei mesi dopo la vendita (1). Anche gli oggetti ai quali pensavamo di affezionarci, sono presto condannati alla distruzione o per la loro obsolescenza innata (si consumano o rompono presto) o per la loro obsolescenza percepita (vanno fuori moda).

Tuttavia, molti dei prodotti che acquistiamo, specialmente a Natale, non diventano obsolescenti. Il termine implica una perdita di utilità, ma questi non sono mai stati utili dal principio. Una maglietta con batteria elettronica; un salvadanaio parlante di Darth Vader; un custodia per iPhone a forma di orecchio; un frigo per una sola lattina di birra; un decanter da vino elettronico; un telecomando a forma di cacciavite supersonico; dentifricio al bacon; un cane che balla. Nessuno pensa di usarli, o anche dargli un’occhiata, dopo il giorno di Natale. Vengono usati per strappare ringraziamenti, magari un paio di risate, e poi buttati via.

L’inutilità dei prodotti è proporzionale alla profondità degli impatti. Materiali rari, parti elettroniche complesse, l’energia necessaria per produrli e trasportarli vengono estratti, rifiniti e combinati in aggregati di assoluta stupidità. Prendendo in considerazione l’uso dei carburanti fossili che commissioniamo agli altri Paesi, la produzione ed il consumo sono responsabili di oltre metà della nostra produzione di biossido di carbonio (2). Stiamo mandando in malora il pianeta per fabbricare termometri da bagno ad energia solare e mini-golf da scrivania.

La gente del Congo orientale viene massacrata per agevolare aggiornamenti per smartphone sempre meno utili (3). Le foreste vengono abbattute per produrre “set di taglieri da formaggio a forma di cuore”. I fiumi vengono avvelenati per produrre pesci parlanti. Questo è consumo patologico: un’epidemia globale di folle consumismo collettivo, reso così normale dalla pubblicità e dai media che a malapena ci rendiamo conto di cosa ci è successo.

Nel 2007, secondo il giornalista Adam Welz,i bracconieri hanno ucciso 13 rinoceronti in Sud Africa. Quest’anno, finora, ne sono stati abbattuti 585 (4). Nessuno sa esattamente perché, ma una risposta è che gente molto ricca in Vietnam ora spruzza corno di rinoceronte tritato sul cibo o lo sniffano come cocaina per ostentare la loro ricchezza. È grottesco, ma non è molto diverso da ciò che fanno quasi tutti quelli che vivono in Paesi industrializzati: buttare via il mondo vivente attraverso il consumo inutile.

Questo boom non è accaduto per caso. Le nostre vite sono state dirottate e plasmate per poterlo incoraggiare. Le regole del commercio mondiale costringono i Paesi a partecipare al festival della spazzatura. I governi tagliano le tasse, deregolamentano l’economia, manipolano i tassi di interesse per stimolare la spesa. Ma di rado chi architetta queste politiche si ferma a chiedersi: “spendere per cosa?”. Quando ogni desiderio o bisogno è stato soddisfatto (tra quelli che hanno i soldi a disposizione), la crescita dipende dalla vendita dell’inutile assoluto. La solennità dello Stato, la sua potenza e maestà, sono consacrate al compito di distribuire all’estero “Terry la tartaruga che bestemmia”.

Uomini e donne dedicano la loro vita alla produzione e alla vendita di questa spazzatura e condannano l’idea di poter vivere senza. “Regalo sempre lavori a maglia”, dice una donna in una pubblicità per un negozio di elettronica. “Beh, non dovresti”, replica la voce narrante (5). Una pubblicità per un tablet di Google fa vedere padre e figlio che fanno campeggio nel bosco. Il loro divertimento dipende dalle caratteristiche speciali del Nexus 7 (6). Le cose migliori nella vita sono gratuite, ma troviamo un modo per vendervele.
La crescita della diseguaglianza che ha accompagnato il boom del consumismo assicura che la marea dell’economia in aumento non solleva più tutte le barche. Nel 2010 negli Stati Uniti, un significativo 93% dell’aumento dei profitti ha beneficiato l’1% del vertice della popolazione (7). La vecchia scusa, per cui dobbiamo inquinare il pianeta per aiutare i poveri, non se ne va e basta. Per qualche decennio di arricchimento extra per coloro che già possiedono più soldi di quanto possano spendere, le prospettive di tutti gli abitanti della Terra restanti sono ridotte.

I governi, i media e la pubblicità hanno associato così efficacemente il consumo con la prosperità e la felicità che dire certe cose significa esporsi all’obbrobrio ed al ridicolo. Ne è testimone l’edizione della scorsa settimana del programma di Radio 4 The Moral Maze, in cui la maggior parte dei partecipanti erano di comune accordo nel criticare l’idea di consumare meno e nell’associarla in qualche modo con l’autoritarismo (8). Quando il mondo impazzisce, quelli che resistono vengono etichettati come folli.

Fategli una torta, scrivetegli una poesia, dategli un bacio, raccontategli una barzelletta, ma per l’amor di Dio smettetela di inquinare il pianeta per dire a qualcuno che gli volete bene, perché dimostra solo il contrario.

George Monbiot
Fonte: www.guardian.co.uk
Link: http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2012/dec/10/on-12th-day-christmas-present-junk

Link: http://www.monbiot.com/2012/12/10/the-gift-of-death/

10.12.2012

Traduzione per Comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO

NOTE:

1. http://www.storyofstuff.org/movies-all/story-of-stuff/

2. E’ il 57%. Vedi http://www.monbiot.com/2010/05/05/carbon-graveyard/

3. Vedi il film Blood in the Mobile. http://bloodinthemobile.org/

4. http://e360.yale.edu/feature/the_dirty_war_against_africas_remaining_rhinos/2595/

5. http://www.youtube.com/watch?v=i7VE2wlDkr8&list=UU25QbTq58EYBGf2_PDTqzFQ&index=9

6. http://www.ubergizmo.com/2012/07/commercial-for-googles-nexus-7-tablet-revealed/

7. Emmanuel Saez, 2nd March 2012. Striking it Richer: the Evolution of Top Incomes in the United States (Updated with 2009 and 2010 estimates). http://elsa.berkeley.edu/~saez/saez-UStopincomes-2010.pdf

8. http://www.bbc.co.uk/programmes/b01p424r

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