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DI CARLO BERTANI

carlobertani.blogspot.it

L’abbattimento dell’aereo di linea della Malaysian Air Line è uno di quei casi che terranno banco per molto tempo, e così scivoleranno nella Storia con le pantofole di velluto, senza disturbare nessuno: a differenza dell’altro incidente dell’8 Marzo – quando un aereo scompare, pare riapparire per poi scomparire del tutto (a ben vedere, un nuovo copione) – l’aereo caduto in Ucraina ha un illustre precedente, ossia Ustica.

Di tutta la tragedia restano tre vagoni refrigerati carichi di morti, di pezzi di morti, di bambini dilaniati: tutta gente che – almeno – non dovrebbe aver sofferto giacché l’improvvisa depressurizzazione dovrebbe aver almeno fatto perdere loro i sensi. Speriamolo, per quella gente innocente.

Visto che, attualmente, siamo preda della disinformazione più bieca, mentre saltano fuori sistemi missilistici, alquanto vecchiotti, che pare – e sottolineo pare – non abbiano agganciato il missile al radar d’inseguimento, basandosi solo – per il lancio – sul radar di scoperta (come abbia fatto, allora, a colpire rimane un mistero) oppure pochi fotogrammi di un sistema SA-11 che rientra in Russia con un missile mancante (io, confesso, dalle immagini non l’ho notato) o ancora una bella chiacchierata fra miliziani ed ufficiali russi dove confessano in diretta planetaria d’aver abbattuto un aereo civile.

Come se i servizi russi ed ucraini non parlassero la stessa lingua, non conoscessero come il proprio palmo la disposizione delle forze avversarie, gli ucraini non avessero anch’essi in dotazione l’SA-11…qualche fotogramma d’archivio ce l’hanno tutti…la giustificazione per il missile che non ha rilevato l’IFF del Boeing (If Friend or Foe, ma nei modelli civili è chiamato transponder) perché non ha agganciato il missile al bersaglio. Va beh, tutto fa brodo: un missile viene lanciato alla cieca nel cielo e, 10 km più in alto, colpisce un aereo civile. Mah.

Nelle primissime ore, qualcuno aveva menzionato anche la contemporanea caduta di un aereo militare, poi sparito nel tritatutto dell’informazione usata come arma: per subissarti di input e non darti il tempo di ricostruire nessun puzzle.

Forse, quel caccia scomparso – del resto, nel silenzio più assoluto dei media, gli ucraini bombardano ogni giorno i separatisti con i loro velivoli – racconterebbe più cose di tante notizie frullate alla svelta e presentate nei Tg all’ora di cena. Se esiste per davvero, ovvio.

Dobbiamo, però, prima fare un salto all’indietro, al momento della “separazione”.

Che la Crimea prendesse la via della Russia non era un mistero per nessuno: le basi della Flotta sono tutte lì, la popolazione è in gran parte d’etnia russa (sempre per la stessa ragione, sono marinai e tecnici di manutenzione della grande flotta del Mar Nero) che si spinge, talvolta, nel Mediterraneo facendo base a Tartus, in Siria.

A dire il vero, i russi avrebbero l’alternativa di Nikolaev – sulla costa est del Mar Nero – ma, da sempre, Nikolaev è un enorme cantiere di costruzioni navali: sarebbe difficile farci stare anche la base per una flotta.

Se qualcuno riteneva che la questione fosse conclusa con la Crimea (tacitamente accettata dalle diplomazie internazionali) c’era un altro “bubbone” che sarebbe scoppiato: l’ho sempre sostenuto e (forse) anche scritto tempi addietro, il Donbass.

Il Donbass è un’area ricchissima di carbone (e, pare, anche di gas e petrolio), abitato da etnie prevalentemente russe, che mal hanno accettato la “nuova” Ucraina, ritenendo la “fratellanza” con la Russia di primaria importanza.

Del resto, sono popolazioni di confine – alcuni con doppio passaporto – oppure russi trasferitisi lì al tempo dell’URSS: insomma, questi hanno tutto da guadagnare a stare dalla parte del più forte (oltre che a sentirsi parte della nazione più forte) ed abbandonare il Paese che si regge sul lavoro all’estero degli emigranti.

Da qui, la guerra: prima strisciante, poi guerreggiata.

E torniamo agli strani parallelismi con Ustica.

Sul cielo di Varsavia, mezzora prima della tragedia, s’incrociano l’aereo presidenziale di Putin ed il Boeing della Malaysia Air Line: questo è un dato di fatto, certificato dai controllori di volo polacchi. Ovviamente, le rotte sono diverse: l’IL-96 torna dai Carabi ed è diretto a Mosca, l’altro è partito da Amsterdam e va in Malesia.

Se osservate una cartina dell’area, potrete notare che l’aereo di Putin non sorvolerà mai l’Ucraina, avendo come rotta quasi una retta che lo conduce verso Minsk, nel Belarus, e poi direttamente a Mosca. I velivoli, spesso, sono obbligati a volare all’interno delle aerovie e, quindi, non possono sfruttare a pieno i vantaggi di una rotta ortodromica. Al più, lo fanno sugli oceani o sulle rotte polari.

Il Boeing, invece, riceve l’assenso a volare per “waypoint diretti” e – diretto a Kuala Lumpur – scende verso Sud-Est allontanandosi dall’aereo di Putin, che continua su una rotta grosso modo ENE.

Chi scorta gli aerei dei Capi di Stato?

Dentro lo spazio aereo nazionale, i velivoli militari: e fuori?

Sono trattative complesse, delle quali quasi nulla viene a galla: normalmente, in ogni spazio aereo nazionale sono i caccia della nazione a doverlo scortare, ma ci sono tutta una serie di “se” e di “ma” ed il lavoro di preparazione di una missione all’estero richiede settimane di lavoro e di contatti per i servizi addetti alla sicurezza.

Torniamo indietro qualche secondo ad Ustica.

L’aereo di Gheddafi – che si recava a Varsavia per una riunione ad alto livello – decollò da Tripoli (o da Misurata) scortato dai caccia libici e fu preso in consegna, al limite delle acque territoriali italiane, da due F-104 per la scorta. I caccia libici tornarono indietro ma furono sostituiti da altri velivoli che decollarono da Misurata: Gheddafi aveva probabilmente ricevuto qualche avvisaglia di ciò che stava per accadere, e non si fidava.

Il compito dei due F-104 era di scortare l’aereo presidenziale fino allo spazio aereo austriaco, dove sarebbe stato preso in consegna dagli austriaci. Ma successe il patatrac.

Aerei francesi decollarono dalla base presso Bonifacio (in Corsica) e ci sono testimonianze dei decolli ravvicinati di quel pomeriggio, quasi si trattasse di una guerra. Degli americani non si hanno notizie certe, ma durante il “ripescaggio” del relitto del DC-9 vennero a galla anche pezzi di Phantom mai meglio identificati. I Phantom erano in dotazione alle portaerei della VI Flotta.

L’aereo di Gheddafi fece dietro front e tornò in Libia a tutto gas (questa è una delle ricostruzioni) ma la seconda scorta rimase: così prese inizio la famosa battaglia aerea di quel giorno: non si sa se il DC-9 Itavia fu abbattuto volontariamente da qualcuno che lo ritenne l’aereo presidenziale, oppure se il disgraziato aereo “agganciò” per sua sfortuna un missile all’infrarosso destinato ad altri.

Questa non è una ricostruzione di fantasia, ma nemmeno pretende d’essere verità distillata: dopo 34 anni di “muro di gomma” si è addirittura perso memoria del giorno in cui cadde il Mig libico sulla Sila!

Torniamo all’oggi.

L’aereo di Putin può essere scortato sopra il Belarus da caccia russi: ma prima? C’è da fidarsi (dopo l’incidente di Katyn) di una scorta polacca?

In ogni modo, nella fase finale del volo la rotta dell’IL-96 rasenta il confine ucraino ad una distanza di circa 50 miglia nautiche: cosa può essere successo in uno spazio così ristretto per velivoli che volano a Mach 2? Anche nulla.

Nella confusione generale, però, qualcuno può aver inserito un’informazione errata nel sistema (per errore o di proposito, non lo sapremo mai) – il Boeing malese, oramai, si trova a centinaia di miglia dall’IL-96 – però qualcuno può averlo ritenuto l’aereo di Putin proprio a causa di un input sbagliato.

E c’è una verità tangibile e verificabile: qualcuno ha agganciato l’aereo al suo radar di tiro (a terra od in volo) ed ha premuto il pulsante, questo è innegabile.

Pazienza: fra cinquant’anni ci diranno che fu un’esplosione in volo, oppure una bomba, anche da quelle parti hanno ottimi produttori di gomma per costruire muri. Persino migliori dei nostri.

Carlo Bertani

Fonte: http://carlobertani.blogspot.it/

Link: http://carlobertani.blogspot.it/2014/07/un-copione-gia-visto.html

21.07.2014

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