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DI JEROME DUVAL

cadtm.org

In un periodo in cui la Spagna vive una crisi umanitaria senza precedenti, il movimento sociale subisce una repressione costante da parte di un regime che ha paura del cambiamento e che protegge i suoi interessi. Il bipartitismo che si alterna al potere dalla fine della dittatura è indebolito da una serie di vittoriose lotte sociali e dall’irruzione di nuovi movimenti popolari artefici di nuovi modi di fare politica. Senza dubbio, la Spagna sta entrando in una nuova fase di mobilitazione che lascia presagire importanti cambiamenti politici.

«Una situazione prerivoluzionaria scoppia – diceva Lenin – quando quelli che stanno in alto non possono più, quelli che stanno in basso non vogliono più, e quelli che stanno in mezzo tendono a stare con quelli che stanno in basso».

In Spagna, sotto un governo del Partito Popolare (PP) tentato da un’estrema destra monarchica e legata all’Opus Dei, il debito prosegue la sua corsa al rialzo sfiorando il 100% del PIL. L’austerità continua a colpire duro, mentre ogni anno l’evasione fiscale da parte dei ceti più abbienti sottrae 80 miliardi di euro agli introiti statali. Le misure antisociali imposte dai creditori, misure le cui conseguenze sono incalcolabili, impediscono alla gente una vita minimamente degna e condannano la popolazione alla miseria, in un paese nel quale si parla già di malnutrizione infantile e dove capita che i bambini a scuola, rimasti digiuni, svengano sui banchi di scuola; in un paese dove si contano circa 6 milioni di disoccupati, la maggior parte dei quali non riceve alcun sussidio; e dove in cinque anni il numero di nuclei domestici in cui tutti gli adulti in età lavorativa sono disoccupati è moltiplicato per quattro, passando dai 380.000 del 2006 (2,6%) ai più di 1.900.000 del 2013 (11%); in un paese in cui una persona su quattro vive in povertà e dove tre milioni sopravvivono con meno di 307 euro al mese per vivere, in condizioni di estrema miseria, vale a dire il doppio di quelli che all’inizio della crisi, nel 2008, si trovavano nella medesima condizione; in un paese infine dove centinaia di migliaia di famiglie subiscono lo sfratto perché non riescono più a pagare un debito cui non riescono a far fronte e che, tuttavia, continueranno a portarsi dietro anche una volta finite per strada.

Stordito dal suo pensiero unico, il potere in carica cerca di venderci un futuro radioso nel quale beneficeremo di una crescita energivora e distruttrice, a tutto profitto delle grandi industrie. I media ci declamano l’uscita di scena della Troika, come in Irlanda e Portogallo, mentre in realtà i suoi «uomini in nero», come sono soprannominati in Spagna, continuano la loro missione dagli uffici dei ministeri o dai loro Hotel di lusso, allo scopo di controllare i conti pubblici e giustificare le loro politiche di regressione sociale. Nella grande e sfaccettata crisi che stiamo attraversando, solo un’azione popolare e rivoluzionaria sarebbe d’uopo per rovesciare la casta oligarchica in carica e per rimettere le redini del potere al popolo. Senza di essa gli effetti del capitalismo mortifero continueranno, a spese dell’uomo e dell’ambiente.

Una «ripresa» invisibile per il 99% della popolazione

«La Spagna è l’unico paese della zona euro per il quale abbiamo rivisto al rialzo le previsioni di crescita, un paese dove le riforme, il duro lavoro fatto, i sacrifici fatti dalla gente stanno portando i loro frutti». Così dichiarava, entusiasta, Christine Lagarde in occasione degli incontri annuali del FMI, all’inizio di ottobre del 2014.

Dopo nove trimestri di contrazione, la Spagna è uscita dalla seconda recessione che ha vissuto a partire dall’inizio della crisi. In effetti, da un punto di vista macroeconomico, il 1° gennaio 2014 segna un cambiamento di tendenza dopo due trimestri consecutivi di crescita: 0,1% nel terzo trimestre 2013 e 0,3% nel quarto trimestre. Tuttavia la tanto declamata «ripresa» supposta dal governo resta un miraggio per la stragrande maggioranza della popolazione. La povertà e la disoccupazione toccano livelli scandalosi: nel secondo trimestre del 2014 5,6 milioni di persone – vale a dire il 24,5% della popolazione attiva – sono senza lavoro. Le spese per i sussidi di disoccupazione diminuiscono drasticamente, e dall’arrivo di Mariano Rajoy al governo, alla fine del 2011, il numero di disoccupati condannati alla miseria – perché privati di un sussidio – è passato da 1,5 milioni di persone a 1,9 milioni lo scorso giugno, con una crescita pari al 26%. In un contesto di rialzo delle tariffe dei servizi basilari (elettricità, trasporti pubblici, acqua, …) e di ribasso generalizzato degli aiuti sociali, questi disoccupati senza più reddito sopravvivono grazie alla solidarietà e al lavoro di associazioni caritative, ormai sovraccariche di lavoro. I giovani diplomati cercano lavoro altrove. Il saldo migratorio (la differenza fra immigrazione ed emigrazione) è diventato negativo a partire dal 2010, e per la prima volta si registra una decrescita demografica causata dal doppio effetto di un saldo migratorio negativo e di una diminuzione della natalità.

– continua

Jerome Duval

Fonte: http://cadtm.org

Link: http://cadtm.org/Un-contexte-propice-a-l

12.10.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARTINO LAURENTI

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