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Il dopo tsunami in Aceh

DI SYLVIA TIWON E BEN TERRALL

Migliaia di persone mancanti all’appello, i campi per i rifugiati senza cibo e
acqua, le fosse comuni: fra gli effetti del terremoto di grandezza 9.0 e di uno
tsunami che il 26 Dicembre 2004 hanno colpito il bacino dell’Oceano Indiano,
queste immagini sono venute ad identificare Aceh agli occhi del mondo.
Al
momento in cui viene scritto tutto questo, è stato riportato che più di 80.000
Acehnesi sono stati uccisi dal disastro; che centinaia di migliaia sono stati
resi profughi, impegnati a fronteggiare la malattia e la carestia. I dati che
provengono dalla costa sud-ovest di Aceh, il punto più vicino all’epicentro,
stanno cominciando ad emergere soltanto adesso a causa della distruzione di una
infrastruttura già povera in quelle comunità isolate.Essendo la zona che ha sofferto il colpo più diretto dalla grande scossa e dalle
onde colossali, Aceh mancava stranamente dai rapporti iniziali sulla catastrofe,
anche se abbiamo rapidamente appreso che gli stabilimenti per il gas naturale
liquefatto della Exxon (LNG) si sono salvati. Soltanto parte di questo può
essere incolpata sulla inclinazione dei media internazionali a zoomare sui
turisti anglofoni e sulle celebrità che si trovavano in località esclusive,
dato che la provincia di Aceh è stata virtualmente chiusa alla stampa
internazionale e alle agenzie umanitarie da quando è cominciata l’occupazione
militare indonesiana della regione.

La scoperta nel 1971 di LNG in Aceh era stata capace di far fruttare grandi
profitti, tutti finiti virtualmente nelle mani dell’amministrazione centrale a
Jakarta e delle multinazionali. La gente che viveva vicino agli stabilimenti
per il LNG dovette subire l’espropriazione della propria terra, una seria
devastazione ambientale e atrocità per mano dei militari indonesiani (TNI).

Il rancore verso la eccessiva brutalità da parte del TNI e la scarsa
compensazione locale per l’estrazione delle risorse contribuirono alla
formazione nell’ottobre del 1976 di una organizzazione armata, il Movimento
Libero di Aceh (GAM), conosciuto formalmente come il Fronte di Liberazione
Nazionale di Aceh / Sumatra. Il GAM, la cui piattaforma era principalmente
secolare, dichiarò l’indipendenza di Aceh e dal 1989 al 1998, Aceh venne
proclamata zona di operazioni militari, e la polizia e i militari presero di
mira la popolazione civile allo scopo di distruggere il GAM.

Dopo che il movimento pro-democrazia riuscì a rimuovere dal potere il dittatore
Suharto nel 1998, spazio politico si era andato aprendo in tutto l’arcipelago.
Questo permise che un movimento politico nonviolento si sviluppasse in Aceh e
nel 1999 più di un milione di persone (quasi un quarto della popolazione della
provincia) dimostrò pacificamente a Banda Aceh, la capitale, per richiedere un
referendum sul futuro politico della regione. A seguito di tutto questo il TNI
ancora una volta prese a bersaglio gli attivisti politici, gli operatori per i
diritti dell’uomo, gli insegnanti e altri civili, imprigionandoli, rapendoli e
assassinandoli.

Uno stato ufficiale di “emergenza militare” è stato sostituito da uno “stato di
emergenza civile” (darurat sipil) il 18 maggio 2004. Il cambiamento principale
che questo doveva significare era un apparente spostamento dalla autorità
militare a quella della polizia. Purtroppo per la gente di Aceh, l’indipendenza
della polizia dal TNI si è rivelata essere minima, con una delle unità della
polizia più note, la Brigata Mobile (Brimob), che è rimasta altamente
militarizzata. A questo punto, rimane poco chiaro se la “emergenza civile” sia
stata rimossa per permettere il libero movimento nella zona degli operatori
umanitari, dei rifornimenti di emergenza e dei fondi monetari.

Il 29 Dicembre, il Ministro per la Politica, la Legge e la Sicurezza, Widodo ha
spiegato che il governo si impegna a perseguire “gli sforzi necessari per
alleviare la catastrofe senza abbandonare lo stato di allerta e questo per
assicurare la sicurezza e l’ordine della società.” I rapporti dalle ONG e dagli
attivisti locali indicano che le barriere burocratiche continuano ad impedire
gli sforzi umanitari. Human Rights Watch / Asia nota che il governo Indonesiano
sta assegnando visti di sole due settimane agli operatori umanitari. Mentre
alcuni operatori nazionali e internazionali sono riusciti ad entrare, la
maggior parte dei rifornimenti di salvataggio e dei volontari rimangono
bloccati negli aeroporti che si trovano fuori dal territorio di Aceh.

Per i primi e cruciali due – tre giorni dopo il colpo inferto dallo tsunami, il
governo Indonesiano ha fatto assai poco a parte le necessarie apparizioni in
televisione per fornire supporto alla popolazione duramente colpita. Mentre
singoli attivisti volontari che erano stati precedentemente esclusi, si recano
in Aceh per prestare aiuto nella lotta contro la fame e la malattia, funzionari
ben pagati a Jakarta continuano a perdere tempo prezioso in riunioni di
alto-profilo ma tutt‚altro che produttive e in telegeniche conferenze stampa.
I campi per i rifugiati, i propri cari scomparsi e le fosse comuni sono
diventate parte di un modello terribile tuttavia famigliare per molti
Acehnesi.

Mentre la natura nel giro di poche ore dava sfogo ad una potenza distruttiva
quasi inimmaginabile, lo faceva su di una terra già sfregiata da atti di una
violenza che soltanto la mente umana può concepire e promulgare in nome della
sicurezza e dell’ordine ˆ e degli interessi degli affari. Quella che Amy
Goodman ha chiamato una “catastrofe artificiale” a Democracy Now (29 dicembre
2004), ha coinvolto il sistematico ricorso alla tortura, alla violenza e
all’abduzione di civili disarmati e di operatori dei diritti umani.

Se il terremoto è stato capace di distruggere molti edifici, la violenza
militare e quella paramilitare fu invece capace di scegliere i suoi luoghi e,
in una strategia particolarmente deformata, indicò le scuole come il bersaglio
da distruggere. L’effetto di tali attacchi sul futuro di Aceh non può essere
sottovalutato. Molti esperti degli aiuti umanitari che sono apparsi in
televisione questa settimana hanno parlato dell’importanza degli sforzi per far
ritornare i bambini ad una condizione di normalità affinché possano confrontarsi
con il trauma del disastro. Ma per innumerevoli bambini Acehnesi, il trauma del
terrore, la perdita dei genitori, la dislocazione e la privazione è stata la
loro condizione “normale” per oltre due decenni.

L’immensa forza distruttiva della natura ha anche smantellato alcuni elementi
strutturali della amministrazione del terrore di stato, compreso il sistema di
controllo delle carte di identità speciali che i militari avevano imposto agli
Acehnesi, seguendo tecniche classiche della contro-insorgenza di stampo
discriminatorio e intimidatorio. E l’amministrazione centrale a Jakarta è stata
pure costretta ad assumere responsabilità diretta della provincia di Aceh. La
società civile in tutta l’Indonesia ha risposto con una forte azione di
solidarietà, raccogliendo fondi monetari e volontari per Aceh. È stato
necessario il potere irresistibile della natura per aprire infine questa
regione esaurita dalla battaglia del Sumatra del Nord alla attenzione e alla
assistenza nazionale ed internazionale. Può benissimo essere l’apertura
richiesta per portare infine la gente di Aceh — e dell’Indonesia ˆ fuori dalla
stretta del gioco violento a somma zero del conflitto armato e della repressione
militare.

Sylvia Tiwon è una Professoressa Associata al Dipartimento di „South and
Southeast Asian Studie della UC Berkeley.
Ben Terrall è uno scrittore e un attivista di San Francisco.

Fonte:

traduzione a cura di Melektro

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