DI EUGENIO BENETAZZO
Dai corridoi delle sale di negoziazione si sussurra che una prestigiosa banca francese per recuperare le perdite non ancora definitivamente capitalizzate, prodotte con sconsiderate speculazioni in obbligazioni strutturate, abbia investito ingenti quantitativi di denaro (attraverso delle apposite società veicolo) in contratti future al rialzo sul crude oil (leggasi petrolio). A Parigi, perchè è lì che risiede la sede operativa della banca, questa decisione è stata implementata in seguito al contango del petrolio. Con questo termine, negli ambienti borsistici legati alla compravendita delle merci, si suole identificare una singolare condizione di mercato in cui i prezzi a pronti sono inferiori di quelli a termine. In buona sostanza questo significa che acquistare petrolio attraverso un contratto future che abbia consegna fisica a 3 mesi costa meno rispetto ad una medesima fornitura che invece abbia consegna a 12 mesi.Questa condizione di mercato è piuttosto insolita, infatti nella prassi mercantile avviene il contrario, almeno avveniva il contrario fino a qualche settimana fa: per fare un esempio, immaginate un uragano che colpisce la costa atlantica negli States, questo evento atmosferico inatteso compromette le potenzialità estrattive di alcune piattaforme offshore e perciò causa una impennata nel breve termine delle quotazioni in seguito ad una momentanea contrazione dell’offerta che tuttavia nel medio/lungo termine tende successivamente a stabilizzarsi e ad assorbire questo evento occasionale. In questa eventualità, quindi, i prezzi a pronti sono più elevati di quelli a termine (con scadenze molto distanti). Invece quanto sta avvenendo recentemente è piuttosto inquietante in quanto, man mano che si allontana la data di consegna (e quindi l’orizzonte temporale), più il prezzo del greggio aumenta. Questa dinamica dei prezzi evidenzia una sorprendente evoluzione dei mercati di approvvigionamento petrolifero, non tanto sorprendente per chi da alcuni anni ha iniziato ad occuparsi di informazione finanziaria (come il sottoscritto) paventando l’imminente crisi deflativa che colpirà il sistema delle economie globali a causa del peak oil.
Si aggiunga inoltre l’impossibilità tecnica nell’aumentare le scorte strategiche, semplicemente acquistando e ricevendo in consegna il greggio ai prezzi attuali per consumarlo più avanti nel tempo: immaginate infatti, per semplice analogia, di non poter fare scorte di generi alimentari in vista di una carestia perchè il vostro frigorifero è già stracolmo di altri beni alimentari e non avrebbe senso acquistare altro cibo perchè non si saprebbe dove immagazzinarlo. L’incapacità di poter stoccare ai prezzi odierni il fluido nero, per contingenze strutturali dovute ad una piena saturazione, obbligano chi necessita di petrolio a tutelarsi sul prezzo nel futuro stabilendo con largo anticipo i prezzi di consegna, e quindi di fatto ricorrendo ad una ingannevole speculazione finanziaria.
Il peak oil è il peggior incubo per la civiltà industriale del nuovo millennio, un incubo che si sta trasformando in una drammatica realtà: il greggio si sta esaurendo. Ora non per lanciare facili catastrofismi o iettature mediatiche ma sappiate che il petrolio, così detto convenzionale, ovvero con basso contenuto di zolfo e dalla elevata fluidità, sta terminando. Il peak oil (detto anche il picco di produzione del petrolio) è un momento storico in cui la capacità estrattiva (quindi l’offerta) non è più in grado di soddisfare pienamente la domanda, vista in continuo aumento a causa della voracità di due players globali affamati di qualsiasi genere di risorsa, Cina ed India. Tanto per dare qualche cifra, solo la Cina necessita di un quantitativo di greggio pari ad un decimo di quanto richiesto dagli USA: e non dimentichiamo che entro il 2025 il dragone rosso dovrebbe superare abbondantemente il PIL americano ! Il petrolio convenzionale si sta esaurendo, ma il greggio nelle sue rimanenti varianti (greggio pesante e bituminoso) sarà ancora copiosamente abbondante.
Quello di cui purtroppo pochi sono a conoscenza è la criticità nel differenziale tra greggio disponibile e greggio richiesto che comporterà un deficit petrolifero giornaliero crescente anno dopo anno. Già nei prossimi due anni l’offerta petrolifera è vista in discesa del 2/3 % contro un aumento della domanda del 3/4 % creando un vero e proprio gap energetico dalle conseguenze tutt’altro che immaginabili. Non da meno, delle circa 200 raffinerie sparse sul pianeta la quasi totalità è strutturata per la raffinazione del greggio convenzionale, o come viene definito al Nymex (la borsa petrolifera), il Light Sweet Crude Oil. Le recenti esternazioni dell’OPEC confermano questa tesi ovvero incapacità ad intervenire per aumentare la produzione: l’Arabia Saudita, lo swing producer ovvero il produttore elastico, ha dimostrato pienamente questa tesi. Anche i suoi grandi giacimenti sono in fase di esaurimento.
E proprio su questo sta puntando la nota banca francese di Parigi ovvero che il fenomeno contango consenta di realizzare ingenti profitti in conseguenza del continuo e progressivo rialzo del greggio per una situazione strutturale del mercato petrolifero. Certo questo istituto di credito non è l’unico ad aver intrapreso questa strada di pura speculazione, andando quindi a gonfiare le fila di tutti i grandi soggetti istituzionali che hanno preso posizione rialzista sul petrolio a lungo termine. Numerose proiezioni di borsa parlano ormai del prossimo target a 200 $ il barile, mentre contemporaneamente assistiamo a patetici tentativi dei mass media e di alcune farse politiche che sottolineano come il prezzo del petrolio sia ormai una variabile impazziata a causa di istanze puramente speculative. Forse. Ma dubito che l’intero scenario petrolifero mondiale si possa rappresentare solo per la presenza di questi avvoltoi finanziari.
In vero chi si sta posizionando al rialzo con le scadenze a termine molto lontane sono anche numerosi governi e corporations che necessitano del greggio per le loro produzioni e quindi cercano quanto prima una sorta di polizza di assicurazione sul prezzo del petrolio nel lungo periodo (i contratti future sono nati originariamente per soddisfare proprio questa esigenza e non per pura speculazione). Il picco di produzione del petrolio è l’argomento mediaticamente più censurato al mondo in quanto una sua diffusa propaganda provocherebbe preoccupanti ondate di sommosse o tumulti popolari una volta conosciuto il destino che aspetta la maggioranza delle persone nei prossimi decenni. Vi basti considerare i suoi effetti in campo agroindustriale: tutt’altro colpito da speculazione finanziaria per rincorrere le materie prime (commodity) con la tecnica dell’arraffa arraffa.
Oltre un secolo fa la popolazione mondiale si attestava ad oltre un miliardo di individui, contemporaneamente una vacca da latte produceva circa 6/7 litri di latte al giorno e la resa agricola di un ettaro coltivato a mais era di circa 20 quintali. Oggi la popolazione mondiale è sestuplicata, oltre i sei miliardi, e casualmente lo stesso è avvenuto anche per la resa di una montata lattea di una vacca e la resa agricola di un ettaro di terreno coltivato a mais. Questa esplosione demografica è stata resa possibile proprio grazie all’industria petrolifera, al greggio (abbondante ed a buon mercato) ed al loro prezioso contributo che ha consentito l’avvento e lo sviluppo su larga scala di attrezzature agricole (trattori, mietitrebbie, spargiletame, pompe di irrigazione), fertilizzanti e pesticidi che hanno assieme aumentato la fertilità dei terreni agricoli, variabile endogena per l’attuale catena alimentare del genere umano basata su quattro cereali (riso, mais, soia, frumento) e su tre allevamenti di carne (bovini, suini e pollame). Anche a Parigi, grandi amministratori di patrimoni bancari, pur non avendo esperienze di business agroindustriale, stanno investendo sull’ultima fase di contango delle quotazioni, ritenendo che questo processo di rialzo delle quotazioni del greggio sia fisiologico, quasi strutturale ed ancora ad uno stadio iniziale prima di arrivare a livelli di prezzo (forse 300 $ il barile) che innescheranno una lenta e progressiva sgretolazione delle principali attività economiche umane. No oil, no party.
Eugenio Benetazzo
Fonte: www.eugeniobenetazzo.com
Link: http://www.eugeniobenetazzo.com/ultimo_contango_a_parigi.html
28.06.08