DI PIERO VALERIO
tempesta-perfetta.blogspot.it
E voi direte, ma cosa c’è di nuovo sotto il sole? E’ dall’inizio della crisi dell’eurozona che governi e contribuenti pagano per il salvataggio delle banche e attraverso la manipolazione mediatica la cosa ormai è diventata una prassi comunemente accettata. La novità però questa volta è che i
tecnocrati di Bruxelles, in vista del prossimo Consiglio europeo di fine mese,
hanno messo nero su bianco su un documento ufficiale regole, metodi, cifre, vincoli per descrivere come si deve svolgere l’intero processo, lasciando poco spazio all’improvvisazione e all’immaginazione. In pratica i criminali hanno finalmente confessato la loro colpa, sperando negli effetti terapeutici dell’outing e spiegando chiaramente agli europei quanto ancora devono pagare (e si tratta di cifre da capogiro) per tenere in piedi l’idiozia dell’euro.
Qualcuno diceva che il miglior modo per nascondere la verità, è renderla palese e visibile a tutti. Ecco, confidando nella nostra incapacità di interpretare gli eventi e capire la realtà che ci gira intorno, pare che i tecnocrati e i politicanti europei abbiano decisamente intrapreso questa strada.
Ma vediamo come funzionerà l’ennesimo meccanismo infernale messo a punto da tecnocrati e banchieri per distruggere la democrazia, l’economia reale, la coesione sociale. Già sapevamo
che gli accordi del MES, Meccanismo Europeo di Stabilità, prevedevano al loro interno, oltre al sostegno
diretto agli stati (che serviva poi a finanziare le banche in difficoltà, vedi
il caso Irlanda, Spagna e Cipro, o a
pagare i creditori francesi e tedeschi, vedi il caso Grecia e Portogallo), anche la possibilità di ricapitalizzare le banche “zombie” dell’eurozona. Ora
conosciamo i termini in cui avverranno queste operazioni di ricapitalizzazione,
e vi anticipo già che saranno ancora dolori,
lacrime e sangue per tutti i contribuenti, che già hanno dovuto una prima volta pagare e stanno ancora pagando per mettere in piedi la trappola
del MES. Insomma nell’eurozona, fra mille indecisioni e tentennamenti, di una cosa possiamo sempre essere certi: la socializzazione delle perdite bancarie e la privatizzazione dei profitti non è più una raccapricciante anomalia
dovuta all’emergenza ma la prassi,
la normalità, la forma principale di “buon governo” dell’economia e della finanza. E siccome, come
abbiamo anticipato, i capitali necessari per salvare l’intero settore bancario fallito raggiungono a spanne numeri ciclopici, non sappiamo quanto saranno ancora bravi gli europei a reggere l’urto e capaci di bere l’amaro calice. E’ davvero così difficile capire che ciò che sta accadendo in Europa corrisponde alla più grande espropriazione
collettiva di ricchezza mai avvenuta nella storia dell’umanità?
Prima però di analizzare nei dettagli il piano micidiale, vediamo da cosa nasce tutto l’affanno e la fretta con cui i tecnocrati sono arrivati a concepire il documento e le procedure incriminate. In Europa, per usare una metafora, c’è un vero e proprio iceberg
gigantesco che giace nella profondità degli abissi, nel più assoluto
riserbo e silenzio degli addetti ai lavori, e solo sporadicamente emerge in
superficie: il credito in sofferenza
delle banche (in inglese bad loan o NPL, Non Performing Loan).
In pratica una parte sempre più ingente e in continuo aumento degli attivi di bilancio delle banche è ormai inesigibile o incagliato, perché il debitore (che sarebbero poi i privati
mutuatari, le aziende, i governi e le stesse banche) è fallito o è tecnicamente
insolvente. Questo processo vizioso, simile ad un enorme cane che si morde la
coda, come sappiamo è stato innescato dalle misure di austerità imposte a tutta l’Europa per salvare proprio le banche: i governi tassano i cittadini e le aziende, tagliano le spese
pubbliche, rastrellano capitali da destinare al settore bancario, ma così
facendo deprimono l’economia, costringono al fallimento i debitori privati e le
banche alla fine hanno più danni che benefici dalle politiche rigoriste, perché
se da una parte ricevono capitali freschi dai governi, dall’altra perdono
sempre di più la possibilità di recuperare i crediti pregressi contratti con il
settore privato. L’immagine del colapasta è forse quella più efficace per
descrivere il fenomeno: la liquidità arriva abbondante dall’alto ma se ne va
subito attraverso i buchi (di bilancio) che intanto si aprono in basso. Ma di quali cifre stiamo parlando?
Arrivati a questo punto la faccenda diventa sempre più nebulosa e confusa, perché grazie alla complicità che esiste fra gli organismi di vigilanza europei (BCE, banche centrali, EBA) e le stesse banche, è molto difficile e complicato se non impossibile capire quanto ci sia di vero e di falso nei bilanci bancari. Secondo alcune stime, il totale del credito in
sofferenza nell’eurozona ammonta a circa €720 miliardi, di cui €500 miliardi
relativi alle banche della periferia. Il calcolo però è molto approssimativo perché
si riferisce soltanto a ciò che viene riportato pubblicamente sui bilanci bancari e
all’andamento aggiornato periodicamente dell’indice NPL delle banche, che come
si può notare dal grafico sotto, soprattutto nelle periferia più colpita dalle
misure di austerità, ha avuto una progressione
esponenziale in questi ultimi anni, con una media di incremento del 2,5%
l’anno. A causa del meccanismo perverso descritto in precedenza, per l’Italia attualmente
l’indice NPL è arrivato a sfiorare punte del 13,4% sul totale degli attivi
bancari, raggiungendo così in questa particolare classifica Spagna e
Portogallo, ma rimanendo sempre dietro alle due prime della classe: Grecia con il 25%
e Irlanda con il 19%.