TUTTO SULLA GERMANIA, DA MINSK A BRUXELLES

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DI PEPE ESCOBAR

rt.com

La Germania possiede le chiavi del luogo verso il quale l’Europa si sta dirigendo. Un qualche seppur fragile accordo potrebbe essere stato raggiunto sull’Ucraina, ma niente è stato raggiunto riguardo la Grecia. In entrambi i casi c’è in ballo molto di più di quanto possa sembrare.

Cominciamo con l’estenuante trattativa dell’Eurogruppo, tenuta a Bruxelles sul debito greco.

I funzionari greci giurano di non aver mai ricevuto la bozza del possibile accordo che è stata fatta trapelare al Financial Times dai burocrati dell’Eurogruppo. Quel progetto si riferiva, essenzialmente, ad un accordo “che modifica, proroga e conclude con pieno successo” l’attuale piano di salvataggio basato sulla nota pesante austerità. Il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble avrebbe poi tagliato il termine “che modifica”.

Ma poi il Ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, ha chiamato il Primo Ministro Tsipras e la bozza dell’accordo, non ancora firmata, è stata respinta. Si è trattato, quindi, di un’importante decisione presa direttamente da Tsipras, che non poteva recedere dalle promesse che aveva fatto di aumentare il salario minimo e fermare le privatizzazioni. Non dopo aver alzato così tanto la posta in gioco.

Tsipras sta ancora “scommettendo la casa” sul fatto che la troika mai permetterebbe un “Grexit” [fuoriuscita della Grecia dall’Eurozona]. Ma potrebbe sbagliarsi. Questa possibilità si aggira fra il 35 ed il 40% e crescerà molto di più se nessun accordo sarà raggiunto nella prossima riunione-di-crisi, che si terrà Lunedì prossimo [16 Febbraio].

Tsipras e il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, hanno convenuto che i funzionari greci e la Troika [CE, BCE, FMI] dovrebbero quanto meno dar inizio a dei colloqui “a livello tecnico”. Traduzione: dovranno confrontare l’attuale angosciante austerità con le nuove proposte greche.

Atene ha essenzialmente due sole possibilità. O la Troika aderisce ad una qualche forma di ripudio del debito – reale o sotto forma di un gioco di prestigio [che è poi la proposta di Syriza, un accordo che possa favorire la crescita] – oppure si darà il via al “Grexit”, con Atene che crea una propria Banca Centrale e una propria valuta, come qualsiasi altra nazione indipendente. Non c’è una terza scelta. Il suo debito, pari al 175% del PIL, è in effetti totalmente impagabile.

Per quanto la Troika ed i suoi “derivati istituzionali” possano credere che il “Grexit” non sia un grosso problema, un default del debito greco potrebbe avere, al contrario, un effetto ancor più devastante di quello della Lehman Brothers. Non sono stati i fondamentali della Lehman a causare il panico, quando quest’Istituto è crollato, ma il timore che la sua esposizione sui derivati avrebbe potuto far collassare il sistema.

Tagliando i giri di parole tutto ciò che resta, nella sostanza, è quello che il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato a “Le Figaro” alcuni giorni fa: la soppressione del debito greco è fuori questione e, soprattutto, “non può esserci alcuna opzione democratica che possa andare contro i trattati europei”. Eccolo qui il concetto … chiaro e cristallino: le Istituzioni dell’UE lavorano contro la democrazia.

Il “Piano B” resta quindi una possibilità concreta. Mosca ha già invitato Tsipras ad un incontro con Putin. Anche Pechino lo ha chiamato per un incontro con il Primo Ministro Li Keqiang … la “R” e la “C” dei BRICS sono decisamente entrate in azione!

Val la pena ricordare il Ministro della Difesa greco Panos Kammenos, quando ha dichiarato che – seppur non a livello di maggioranza, ma quanto meno al livello di una sostanziale percezione dell’opinione pubblica greca – “… vogliamo un accordo. Ma se questo non viene raggiunto, con la Germania che resta rigida [sulle proprie opinioni] facendo saltare in aria l’Europa, allora dovremo passare di necessità al Piano B … Abbiamo altri modi per trovare i soldi. Potrebbero essere gli Stati Uniti, potrebbe essere la Russia, ma anche la Cina oppure altri paesi”.

Alea iacta est [il dado è tratto]. La Troika o R + C?

Senza dimenticare che tutto questo riguarda anche la NATO.

Ed infine c’è Minsk. Ciò che è stato raggiunto in Ucraina, dopo una maratona estenuante di quasi 17 ore, non è esattamente un accordo globale, per usare le parole del Presidente francese Francois Hollande, o finanche un semplice “cessate-il-fuoco globale”.

Ci sono tutte le possibilità perché questo cessate-il-fuoco venga annullato poco dopo il suo inizio, a mezzanotte di questo Sabato [14 Febbraio] – ironia delle ironie, il giorno di San Valentino. Significativamente, la dichiarazione finale non è stata firmata da personaggi importanti: quali ad esempio Putin, Merkel, Hollande e Poroshenko.

Il Ministro degli Esteri tedesco Steinmeier è stato cauto, avvertendo che Minsk 2.0 non è esattamente una svolta, ma solo una forma di de-escalation. Merkel ha preferito far girare l’opinione che Putin ha dovuto esercitare una forte pressione sui federalisti dell’Ucraina Orientale, ovvero il DNR e la LNR, per far loro accettare il cessate il fuoco.

Puntuale come un orologio – anticipando finanche il cessate-il-fuoco – il Fondo Monetario Internazionale, come sempre agli ordini di Washington, ha annunciato che continuerà a “stuprare”, ehm!, “aiutare”, il salvataggio del fallito Stato dell’Ucraina, concedendo una tranche di 17,5 miliardi dollari, facente parte del [già concesso] pacchetto “di salvataggio” quadriennale, pari ad un totale di 40 miliardi di dollari. Traduzione: i sicari di Kiev hanno ora del denaro fresco da gettare in una guerra alla quale non vogliono rinunciare.

Poroshenko, per quanto lo riguarda, non ha silurato il cessate-il-fuoco – prendendo atto che non veniva concessa alcuna autonomia alle zone controllate dai federalisti e rifiutando di confermare l’affermazione di Putin, secondo la quale Kiev avrebbe deciso di porre fine al blocco economico del Donbass.

I contorni precisi della zona smilitarizzata – compresa grosso modo fra la linea-del-fronte dello scorso Settembre e quella, diversissima, di cinque mesi dopo – restano un mistero. Washington ha subito trasformato la clausola del “ritiro delle forze straniere” in una specie di scherzo. Il Pentagono, in effetti, ha già annunciato che il prossimo mese darà inizio alla formazione della Guardia Nazionale Ucraina.

Ma Minsk 2.0 sta dimostrando di non essere altro che un cerotto. L’Ucraina è irredimibile. Potrebbe tornare dalla morte [risorgere] solo come conseguenza di uno tsunami di denaro, quasi equivalente a quello speso per la riunificazione tedesca. Senza aggiungere, peraltro, che nessuno in Europa ha la benché minima intenzione di dispensare finanche un solo svalutatissimo euro.

Tutto ciò costituisce, nella sostanza, il passato, il presente ed il futuro dell’espansione NATO in Europa Orientale. Washington e le marionette di Kiev non consentiranno mai una qualsivoglia riforma costituzionale che permetta al Donbass di bloccare la NATO [che nel frattempo si è incorporata in Ucraina], per permettere che l’”Impero del Caos” possa continuare a minacciare la Russia. Il business dell’”Impero del Caos” non è propriamente quello di “costruire una nazione” – ma esattamente il contrario.

ATTRAVERSANDO IL PONTE TEDESCO

E questo ci porta al ruolo cruciale svolto dalla Germania – con la Francia a farle da spalla.

La Cancelliera Merkel ha dovuto letteralmente precipitarsi a Mosca per poter negoziare con Putin, considerando la direzione verso cui il vento stava soffiando: le sanzioni sono controproducenti; l’economia ucraina è in caduta libera; i sicari di Kiev vengono sconfitti sul campo di battaglia. Porre un termine all’ossessiva espansione della NATO era un imperativo, assolutamente cruciale.

Come ha osservato Immanuel Wallerstein, Mosca sta perseguendo “una politica di attenzione. Pur non controllando integralmente gli autonomisti di Donetsk-Lugansk, la Russia sta comunque facendo in modo che questi non possano essere eliminati militarmente. La condizione russa per una pace vera si basa sull’impegno della NATO a che l’Ucraina non venga mai considerata un suo potenziale membro”.

Così facendo la Merkel potrebbe aver disinnescato l’impulso dell’Amministrazione Obama alla militarizzazione di Kiev – ma solo per un attimo. Non ci sono prove, almeno fino ad ora, che l’Amministrazione Obama e le “cellule neo-con” ad essa incorporate abbiano finalmente ammesso che le autoproclamate “Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk” [DPR e LPR] siano essenzialmente “perse” per l’influenza di Kiev.

Hollande ha fornito alla Merkel una copertura perfetta. Era stato proprio Hollande ad aver pubblicamente sostenuto l’autonomia [federalizzazione] per il DPR e per la LPR. Ma sia la Merkel che Hollande ben sapevano che Kiev non l’avrebbe mai accettata [come del resto gran parte della popolazione del Donbass, che l’accetta alla sola condizione che possa essere un trampolino di lancio per una futura secessione, che consenta l’unione con la Russia].

La Merkel – almeno a livello di opinione pubblica tedesca – ha raggiunto il suo obiettivo, che era quello di emergere come l’autentica “vincitrice” di questa maratona [“La Cancelliera del mondo”, ha tuonato il tabloid Bild]. Anche Putin è emerso come una sorta di vincitore – visto che la Merkel ha sostanzialmente rimaneggiato le proposte che egli stesso aveva fatto alcuni mesi fa.

Quindi sì, da qualunque angolo la guardiamo, questa è stata nella realtà una questione fra Mosca e Berlino. E’ facile capire chi è che, invece, è rimasto estremamente scontento, e che farà di tutto per boicottare l’accordo: Washington, Kiev, Londra, Varsavia e gli isterici Stati Baltici – “Aiuto! La Russia ci sta invadendo”.

Da ultimo, ma non per questo meno importante, richiamiamo la vostra attenzione sul “monumentale convitato di pietra” di questa trattativa. Minsk 2.0 è stata condotta in assenza dell’”Impero del Caos” e dei suoi sempre più irrilevanti tirapiedi britannici.

Lentamente, ma inesorabilmente, l’opinione pubblica europea – e in particolare quella tedesca – si trova ad essere coinvolta in uno spostamento tettonico. L’ossessione dell’”Impero del Caos” per l’ulteriore militarizzazione di Kiev ha sconvolto milioni di persone, resuscitando lo spettro di una guerra ai confini orientali dell’Europa. Non solo in Germania, ma anche in Francia, Italia, Spagna etc. c’è una crescente contrarietà verso le politiche della NATO.

Anche al culmine della feroce campagna di demonizzazione della Russia, scatenata dalla quasi totalità dei corporate-media tedeschi, un sondaggio del “Deutschland Trend” ha rivelato che la maggior parte dei tedeschi sono contrari a che le truppe della Nato vengano dispiegate nell’Europa Orientale. E non meno del 49% preferirebbe, invece, che la Germania facesse da ponte tra Oriente e Occidente. La leadership di Pechino ne ha sicuramente preso atto.

E’ forte quindi la tentazione di salire sul treno della pace di Merkel/Hollande, con il cuore dell’Europa che finalmente esercita la sua sovranità, sfidando frontalmente l’”Impero del Caos”. Potrebbe anche essere l’embrione di una partnership franco-tedesca per la pace sia in Europa che nel resto del mondo, dal Medio Oriente all’Africa.

Tutto ciò si contrappone allo scenario che è stato concepito dalla NATO – con l’”Impero del Caos” che regna incontrastato su Europa, Medio Oriente ed Eurasia, con le potenze dell’Europa continentale, ed in particolare la Germania, la Francia e sì, anche la Russia, ridotte assolutamente ai margini.

Prima o poi i politici europei dovranno svegliarsi e prestare attenzione a quello che sta succedendo. L’idea di un partenariato paneuropeo tedesco-franco-russo, sia per la pace che per il commercio, è molto più popolare di quanto sostengano i fallimentari corporate-media.

Ora, però, tocca alla Germania darsi una regolata riguardo la Grecia. La scelta è dura. L’UE potrebbe imbarcarsi in una quadrupla recessione, con la BCE a distruggere ciò che resta della classe media europea.

Oppure la Germania, riflettendo il pensiero dei suoi capitani d’industria, potrebbe dire all’Unione Europea – inclusa la Troika – che la strada da percorrere è quella che porta le strategie commerciali e l’attenzione politica da Ovest verso Est.
Si potrebbe cominciare dal rigetto del Trattato TTIP, ideato dagli Stati Uniti, che poi non è che una specie di NATO commerciale. Questo sarà, dopo tutto, il secolo Eurasiatico, e il treno ha già lasciato la stazione.

Pepe Escobar

Fonte: http://rt.com/

Link: http://rt.com/op-edge/232087-merkel-germany-eu-greece-ukraine/

13.02.2015

Traduzione per www.comedonchisciotte.org avura di FRANCO

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