DI MARION SOLLETY
lemonde.fr
In Tunisia, il termine è stato a lungo un tabù. In un paese che aveva investito molto in educazione, parlare di “disoccupazione dei laureati” suonava come un’ammissione di fallimento. Ma la realtà è in arrivo per le autorità: il suicidio di un giovane venditore ambulante ha innescato una rivolta inedita e da metà dicembre i tunisini sono in strada. Soprattutto i giovani, spinti alla disperazione dalla disoccupazione e dall’ingiustizia sociale. Mohamed Bouazizi, scapolo di 26 anni, si era dato fuoco dopo che le autorità avevano confiscato la frutta e la verdura che vendeva per sopravvivere.
Il 5% di crescita media annuale dell’economia tunisina nasconde, negli ultimi anni, una situazione economica molto difficile per i giovani del paese: secondo uno studio ufficiale effettuato dal Ministero tunisino del Lavoro in collaborazione con la Banca Mondiale, se il tasso di disoccupazione complessivo è pari al 14% nel 2008, quello dei giovani tra i 18 e 29 anni è quasi tre volte quello degli adulti.
Una generazione diplomata ma disoccupata
Per ironia di un sistema che non ha respiro, sono particolarmente colpiti i diplomati con istruzione superiore: se le cifre esatte sono difficili da ottenere, alcuni dati dicono che della classe che ha finito le superiori nel 2004, a tre anni e mezzo dal diploma il 37% è senza lavoro.
“La Tunisia ha prodotto un sacco di diplomati grazie al ruolo prioritario dato all’istruzione, a partire dall’indipendenza – spiega Vincent Guessier, sociologo presso l’Istituto di ricerca sul mondo arabo e musulmano, e autore di numerose opere sulla Tunisia – in trent’anni il paese ha conosciuto uno sviluppo universitario unico rispetto ad altri paesi con lo stesso grado di sviluppo e si è trovato in una situazione di “sovrapproduzione” di laureati, anche se non amo usare questo termine.
In un’economia fortemente sostenuta dallo Stato, il diploma di istruzione superiore era una volta garanzia di un’occupazione stabile, spesso nel settore statale o para-statale, ma le cose sono cambiate con le riforme strutturali del post Bourguiba.
Dalla fine del 1990, il mercato del lavoro non è stato più in grado di assorbire questi giovani, e la situazione è peggiorata negli ultimi anni. “La verità è che nel nostro paese se non si dispone di una spinta non si può fare nulla – afferma un giovane ingegnere tunisino emigrato in Canada – anche se hai le qualifiche, non è garantito un posto di lavoro, se non si dà una bustarella o una tangente o se non si conosce qualcuno in alto”.
Declassamento e miseria sociale
Molti diplomati, in particolare di corsi universitari nel settore terziario, si sono trovati retrocessi una volta nel mercato del lavoro. “Qui, non è raro essere servito alla pompa di benzina da un giovane in possesso di una laurea in sociologia – racconta un commerciante francese che vive a Sousse dal 2009, la cameriera in casa ha il diploma di inglese, il venditore di frutta e verdura ha un dottorato in matematica e così via … “
Un declassamento diffuso particolarmente pesante per la nuova generazione che è stata la prima ad accedere all’istruzione superiore: questo è particolarmente vero per Centro del paese, dove si trova Sidi Bouzid. “Spesso le famiglie della regione hanno fatto dei debiti per permettere l’istruzione dei giovani con l’idea che poi avrebbero loro stessi aiutato la famiglia – dice Vincent Geisser – ma oggi, i giovani ritornano a casa, al contrario, come carico aggiuntivo. Sono costretti a fare lavoretti non qualificati per sopravvivere (…) Tornare alla famiglia è quindi visto come una umiliazione, un fallimento personale. Quasi una morte sociale “.
Una situazione disperata che alla fine ha innescato la rivolta e a tre settimane dalla morte di Mohamed Bouazizi, il movimento continua e si è diffuso nelle città più importanti.
Le richieste politiche hanno cominciato a fiorire sul web e per strada, dove si parla di affari “di famiglia” accusando una delle first lady, Leila Ben Ali, di aver orchestrato una corruzione diffusa. Tutte cose che una volta erano tabù.
Spinti alla disperazione per la situazione che vivono, i manifestanti denunciano a gran voce la morsa del governo sull’economia.
“Non bisogna sbagliarsi – dice una giovane studentessa tunisina a Parigi- i manifestanti non chiedono allo Stato di trovare lavoro, ma si lamentano che, sul mercato del lavoro, le cose non sono mai trattate in modo trasparente ed equo”.
“Se noi abbiamo delle richieste sociali oggi – dice la giovane donna – è perché la corruzione, l’insicurezza e uno stato non democratico hanno portato il nostro paese a questa mediocrità generale”. Per Vincent Geisser, la frustrazione politica accumulata in anni di dittatura è uno dei fattori alla base dello scoppio improvviso del movimento.
“Lo stato in sostanza diceva ‘non hai la libertà, né democrazia, ma vi assicuriamo un benessere sociale’. Questa equazione è andata in frantumi.”
Versione originale:
Marion Solletty
Fonte: www.lemonde.fr
Link: http://www.lemonde.fr/afrique/article/2011/01/07/le-chomage-des-diplomes-moteur-de-la-revolte-tunisienne_1462244_3212.html#ens_id=1245377
7.01.2011
Versione italiana:
Fonte: www.globalproject.info
Link: http://www.globalproject.info/it/mondi/Tunisia-La-disoccupazione-dei-diplomati-motore-della-rivolta/7020
8.01.2011