TSIPRAS, L'UE E LE NUOVE SANZIONI ALLA RUSSIA PROPOSTE DA TUSK (SCAVALCANDO MOGHERINI)

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DI MARIA GRAZIA BRUZZONE

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Aria spavalda ma toni rassicuranti, il duo greco continua il tour politico-finanziario in Europa in cerca di un accordo sul piano ellenico anti austerità e pro crescita. Dopo le tappe di Tsipras a Londra, Parigi, Roma, Bruxelles e dopo Varoufakis da Draghi a Francoforte, il ministro delle Finanze greco oggi è stato da solo a Berlino dove ha visto l’omologo tedesco Schauble, un osso duro (Merkel per ora non intende incontrare Tsipras) che infatti si è rivelato tale, nel ecsivo colloquio seguito alla “gelata” della BCE – come hanno aperto oggi i media.

“Showdown con la Germania”, titola a metà giornata il Financial Times, enfatizzando la distanza fra le posizione reciproche tedesche e greche.

La posta in gioco è alta. Lo dimostra la convocazione dell’Eurogruppo l’11 febbraio, alla vigilia del vertice europeo del 12, data come molto probabile. Probabile e indispensabile dopo il no di Draghi al finanziamento ponte chiesto da Varoufakis così da avere liquidità sufficiente per arrivare entro giugno a un nuovo accordo coi paesi creditori, senza estendere la vecchia linea di finanziamento della Troika, le cui condizioni capestro il duo greco rigetta e vuol superare.

(Dettagli e spiegazioni sulla trattativa qui e qui, quisul Sole24Ore e qui un commento dello stesso. E ancora, qui, in inglese, la Lettera aperta di Tsipras alla Germania in cui il leader greco spiega con molta chiarezza ai cittadini tedeschi come continuare a prestare denari a chi è insolvente, per di più a condizioni che uccidono il debitore, non porti da nessuna parte; qui – in italiano – il documento di Berlino, che viaggia su linee opposte).

Quanto alla risposta negativa della BCE, Atene minimizza. Per Varoufakis la BCE sta solo facendo pressioni sull’Eurogruppo per raggiungere un accordo che sia positivo per tutti, riferisce lastampa.it.

Per agire, insomma, ha bisogno di una copertura politica che spetta ai governi trovare. Quanto lui, il ministro delle Finanze tira dritto. “Il governo – si legge in una nota- resta deciso nell’obiettivo del suo programma di salvezza nazionale approvato dal voto del popolo greco”.

Già oggi intanto è previsto che si incontrino i ministri degli esteri europei per discutere delle nuove misure punitive contro la Russia decise dal presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, anche queste in agenda del vertice del 12. Un dossier non meno caldo dopo che le nuove sanzioni sono state stoppate clamorosamente proprio da Tsipras appena eletto, mentre sul suo colloquio con Tusk dell’altro ieri si sa solo che non è stato un gran che amichevole, come era da aspettarsi.

L’appoggio anglosassone. “Si suppone che la UE sia un’unione di democrazie, non un impero, dovrebbe negoziare in buona fede” è il sottotitolo di un commento di Martin Wolf sul FT – la bibbia degli operatori economici. Che anticipava la disponibilità della BCE al dialogo ma non alle mosse chieste dalla Grecia.

L’ establishmenteconomico–politico anglosassone è favorevole a che si trovi un’intesa col nuovo governo greco. A cominciare da Obama. “La Grecia ha bisogno di una strategia di crescita” dopo anni di tagli e salassi che hanno amputato del 25% il suo reddito nazionale, ha detto nei giorni scorsi il presidente Usa intervistato dalla CNN.

Un endorsement che ha forse motivazioni diverse: superare la politica dell’austerity, a cui gli Usa sono da sempre contrari come del resto la GB (il governatore della Bank of England Micheal Carney lo ha ribadito per primo, appena eletto Tsipras), in polemica coi tedeschi ( qui LK); il timore che un fallimento delle trattative con il nuovo governo greco possa complicare gli obiettivi europei in Ucraina, come segnalava il NYTimes; fino allo scenario più pericoloso di una “deriva putiniana della Grecia” fuori dall’euro e dall’Europa. Un rischio che i servizi NATO e UE avrebbero segnalato ai governi europei (qui ).

La deriva putiniana. E’ un’alternativa reale? Probabilmente no, sebbene Tsipras e Varoufakis abbiano dato l’impressione di essere “disposti a rischiare molto mentre rifiutano una mera estensione tecnica del vecchio piano di salvataggio ( FT) Ma il rischo fa parte della sfida che Syriza si è proposta di lanciare all’Europa – a questaEuropa– vincendo le elezioni.

Tsipras non è mai stato un anti-europeo, per quanto tanti media lo abbiano accomunato agli euroscettici. Ma vuole un’Europa diversada quella attuale a guida tedesca. La sua alleanza con Abel, il partito indipendentista di destra col quale ha in comune l’anti-austerità, è stata una necessità. E il Grexit – l’uscita dall’euro – costerebbe caro alla Grecia.

A meno che ….. a salvare la Grecia non sia la Russia, che con Atene peraltro intrattiene storici rapporti. E le offerte da parte di Mosca sono state immediate.

L’ambasciatore russo Andrej Maslov, primo diplomatico a recarsi al palazzo del governo dopo le elezioni, ne ha subito discusso con Kammenos. Il ministro russo dell’agricoltura si è affrettato a ricordare che l’export agricolo greco bloccato dalle contro-sanzioni russe è pari a €430 milioni.. “Se uscite dall’euro, porte aperte”. Mosca è pronta ad aiutare economicamente Atene, ha dichiarato alla Cnbc il ministro delle Finanze russo Anton Siluanov.

Putin, vicino a Syriza quanto ai partiti euroscettici che si dice finanzi, offrirebbe una parziale copertura del debito greco. In cambio di un ammorbidimento delle sanzioni.

Che Syriza sia amica di Mosca, e non da oggi, è un fatto. Come pure che il nuovo governo abbia ministri assai vicini a Putin, dal ministro degli Esteri Nikos Kotzias, ex comunista a quello della Difesa Panos Kammenos, il leader degli indipendentisti, in buoni rapporti con l’ inner circle di Putin e di casa a Mosca, dove è appena stato re-invitato. Filo russo è anche il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis che si è subito detto contrario all’embargo imposto alla Russia.

Tsipras stesso non ha mai approvato le sanzioni alla Russia, giudicandole “un grave danno per Europa”, così come ha criticato l’appoggio unilaterale dato dall’Europa al governo di Kiev contro i separatisti filo-russi e il fatto di non aver riconosciuto il referendum della Crimea che ha deciso l’annessione alla Russia. E in un viaggio a Mosca ha perfino accusato Kiev di ospitare “elementi neo-Nazisti” nel suo governo. (FT: Alarm bells ring over Syriza’s Russian links, 28/1).

Tsipras blocca le nuove sanzioni. Era premier da 48 ore quando ha mandato in frantumi la fragile diplomazia europea, ha scritto un post di fanpage.it raccontando a caldo l’accaduto. La mattina del 27 una nota dell’ufficio del presidente de consiglio europeo, l’ex premier polacco Donald Tusk dichiara che i 28 paesi dell’Ue condannano il perpetrarsi delle violenze in Ucraina orientale, addebitando in modo particolare ai ribelli filo russi e quindi a Mosca le responsabilità per il massacro di civili avvenuto, pochi giorni prima, nella cittadina di Mariupol e in cui hanno perso la vita 30 persone (accusa non provata in alcun modo, e rigettata dai separatisti, ndr).

Pochi minuti dopo arrivava la smentita di Tsipras – senza il cui voto i 28 leader europei non possono varare alcunché, essendo necessaria l’unanimità. “Il suddetto comunicato è stato rilasciato senza il rispetto delle usuali procedure finalizzate ad ottenere il via libera degli stati membri. E in particolare senza il consenso della Grecia. In questo contesto, è necessario sottolineare che la Grecia non dà il proprio appoggio a questo tipo di dichiarazione”.

Una bomba politico-diplomatica che ha creato grande imbarazzo e preoccupazione a Bruxelles e secondo alcuni osservatori anche a Washington, scriveva il post, raccontando le diverse versioni dei fatti: gli uffici dei 28 erano stati contattati, sosteneva Tusk, nessun contatto, ribadiva Atene.

Un bell’esordio, aggiungiamo, per il neo leader che invece di metterci una toppa e cercare una mediazione, sceglieva di rendere pubblica la vicenda. Un modo per mettere le mani avanti: se mai l’imminente trattativa economica con l’UE dovesse andar male, c’è un’arma di riserva assai sensibile.

“Usa e Ue auspicavano di coordinare la loro risposta alla Russia, col segretario al Tesoro americano Jack Lew pronto a tirar fuori ‘nuovi strumenti’ contro Mosca – scriveva FT (Ukraine crisis; EU leaders warn of more sanctions against Russia, 27/1). Precisando che è stata l’Ucraina a preparare il dossier che accusa Mosca di essere dietro all’attacco coi missili a Mariupol (a che pro? viene da chiedersi, sottolineando la scarsa obiettività del dossier). E confermando indirettamente che Tusk stava puramente e semplicemente “eseguendo” delle “indicazioni” americane.

Salvate la Mogherini. Tusk era passato tranquillamente sopra l’alto rappresentante della politica estera europea Federica Mogherini, finita in mezzo alla bufera senza alcuna colpa, raccontava nei dettagli un altro post, questo del il sito alternativo belga Dedefensa. Con un retroscena che punta il dito sul ‘ colpo di stato burocratico’ compiuto dal polacco, con la complicità della presidenza di turno della UE in mano alla Lettonia, non meno aprioristicamente anti-Russa e filo-americana della Polonia.

‘Sotto la presidenza Van Rompuy – scrive Dedefensa citando una fonte europea bruxellese – il presidente stava molto attento a lasciare tutto lo spazio nel processo e nell’agenda, [appoggiando] l’orientamento della politica estera proposto all’UE da Lady Ashton. Van Rompuy detestava la Ashton ma rispettava le regole non scritte che danno all’Alto Rappresentante queste prerogative. Tusk ha completamente modificato questo processo. E’ lui che si accolla il ruolo devoluto finora all’Alto Rappresentante. Mogherini propone, lui dispone ed è la squadra di Tusk che impone il processo, l’agenda, l’ordine del giorno, e dunque orienta a suo piacimento la politica estera dell’UE’ nel senso antirusso e quasi isterico che si può immaginare “.

Una versione che FT conferma quando scrive che “Tusk si è preso una grande vantaggio mettendo a punto una dura risposta nei giorni scorsi. Paesi falchi come GB, Svezia, Polonia e Paesi Baltici sono stati delusi da come il dossier Russia veniva gestito da Federica Mogherini, il capo della politica estera europea, un modo troppo conciliante verso Mosca”.

Quei paesitemono anche che Francia e Italia siano inclini ad attenuare le sanzioni (che andranno rinnovate nei prossimi mesi, ndr) così da riannodare i legami commerciali”, aggiungeva FT, preoccupato che le nuove sanzioni ora siano a rischio.

Vedremo nei prossimi giorni come volgeranno i rapporti economici e politici fra UE e Grecia, che rischiano di mettere a repentaglio ben diu più che le sanzioni contro la Russia.

Ma chi difenderà il ruolo di Mogherini, tanto voluta dal nostro Renzi in quel posto?

Forse nessuno, ora che la Nato è pronta a inviare una forza rapida di 5000 militari in Ucraina. E’ stato annunciato oggi mentre i ministri degli esteri UE erano riuniti a Bruxelles e il segretario di Stato Usa John Kerry era a Kiev (dove si sono precipitati Hollande e Merkel, che poi voleranno a Mosca in cerca di una soluzione alla crisi ucraina). L’Italia è dispoibile a partecipare alla forza rapida.

Maria Grazia Bruzzone

Fonte: www.lastampa.it

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5.02.2015

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